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L’abbandono scolastico in Italia e in Europa

Abbandono scolastico

In Italia più del 13% dei giovani abbandona gli studi tra i 18 e i 24 anni. Questo dato preoccupante rispetto alla media europea sollecita una riflessione sui reali obiettivi del nostro sistema di istruzione.


La scuola è il luogo dove germoglia il futuro del nostro mondo. Senza un sistema scolastico efficiente non si potrà sperare in un’avvenire migliore. I ragazzi devono studiare, prima che lavorare: lo studio deve insegnare loro a meditare e ragionare, anche controcorrente se necessario. La scuola deve restare luogo di rivoluzione giovanile, d’incontro e confronto, di studio e di cultura.

Dovremmo sempre tenere a mente le parole di Ulisse intento a spronare i suoi compagni “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza“. E se i giovani scelgono il lavoro al posto della scuola, la classe politica deve interrogarsi sulle ragioni di questo fallimento, e avanzare proposte di rinnovamento. Diversamente, siamo destinati a un futuro ben poco radioso.

Studiare: un lusso non per tutti

Come mai i giovani scelgono di entrare nel mondo del lavoro e di non proseguire gli studi? La risposta è molto semplice: studiare costa. Da sempre, potersi istruire è sinonimo di ricchezza. Nel corso del tempo questo lusso ha investito una fetta sempre più larga della popolazione mondiale; ma sempre di lusso si tratta. Istruirsi, permettersi libri, matite e penne nuove significa essere molto più che benestanti. L’accesso allo studio è una fortuna.

 Il dato è confermato e ribadito dall’attuale situazione pandemica, durante la quale, per poter restare al passo con le lezioni, molte famiglie hanno dovuto comprare computer e apparecchi tecnologici nuovi per i loro figli. La scuola “gratuita” immortalata nell’articolo 34 della Costituzione è l’ennesima conferma del distacco tra norma teorica e realtà dei fatti.

A questo va aggiunto il fatto che, in molti Paesi, il mercato del lavoro è ormai diventato una giungla dove il primo che arriva vince, mentre agli altri non rimangono che le briciole. Il capitalismo sfrenato perpetuato in alcune parti del mondo è un vilipendio alla gioventù: quanti giovani sono stati sacrificati sull’altare degli interessi economici, privati di ogni strumento di crescita e delle nozioni indispensabili per la propria realizzazione umana?

Una situazione preoccupante

Veniamo adesso alle aride cifre, che illustrano con eloquenza la drammaticità del presente. Nel 2020, in Italia è il 13,1% dei giovani tra 18 e 24 anni ad abbandonare prematuramente gli studi. Questo significa che circa 543mila ragazzi hanno scelto di percorrere altre strade, lontane dai libri. Esiste poi una crisi nella crisi: il divario significativo esistente tra Nord e Mezzogiorno. In alcuni comuni di Sicilia, Campania e Calabria si raggiungono vette di abbandono del 35-40%.

In Europa soltanto Malta (16,7%), Spagna (16%) e Romania (15,6%) hanno registrato percentuali più elevate. Le grandi potenze economiche dell’Unione, come Francia e Germania, si attestano, rispettivamente, intorno all’8% e 10%. In Portogallo circa 9 ragazzi su 100 abbandonano anzitempo gli studi; in Bulgaria il dato oscilla tra 13 e 14%, mentre in Ungheria si parla 12%; Austria, Belgio e Finlandia registrano un dato relativamente basso: 8%. Seguono quindi paesi come Grecia (4%), Polonia (5%), Croazia (2%) (dati Eurostat).

I numeri italiani sono alti, soprattutto se messi in relazione con il fenomeno della fuga dei cervelli: coloro che perseverano negli studi, ma si spostano in altri Paesi, dove maggiori sono le offerte per lavori qualificati e le opportunità. L’Italia sta cercando – lentamente – di mettersi in gioco a livello internazionale, ma l’obiettivo fissato dall’Europa di portare l’abbandono giovanile sotto il 10% è ancora lontano.

Per un’Italia che non lascia indietro nessuno

Cosa fare per cambiare la rotta? Innanzitutto, investire sugli incentivi di merito: In Italia, ad esempio, quasi non esistono borse di studio o sussidi economici che permettano di avanzare negli studi, se non si viene da famiglie benestanti. In secondo luogo, sarebbe necessario offrire scenari lavorativi compatibili con la propria preparazione e non essere costretti a svolgere mansioni che non si apprezzano, ma che si assolvono solamente per arrivare a fine mese. Bisognerebbe poi modernizzare l’impianto stesso dell’assetto scolastico italiano, che ha accumulato decenni di ritardo sul resto d’Europa.

Il PNRR, in questo senso, rappresenta un’irrinunciabile opportunità,per il nostro Paese, di colmare il gap culturale che lo separa dagli altri Stati membri. L’augurio – e insieme il monito – è che si attui un serio programma di riforme e potenziamento dell’apparato scolastico: in gioco non c’è solo l’allineamento con gli altri Paesi dell’Unione Europea, ma l’avvenire stesso dell’Italia, che rischia di non fornire ai giovani gli strumenti culturali indispensabili per interagire nella società di domani.

Alessandro Sorrenti

(In copertina Devin Avery da Unsplash)


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Sull'autore

Nato a Firenze il 12 febbraio del 2000. Studio giurisprudenza italo-tedesca all'Università di Firenze. Sono appassionato di film e musica anni '80. Nel mio tempo libero leggo libri e mi aggiorno sugli scenari politici attuali e passati dell'Italia e non solo.
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