La pandemia non solo ha provocato numerosi cambiamenti in settori cruciali delle nostre vite, come quello del lavoro, ma ha anche esasperato gli aspetti critici di un sistema ormai obsoleto. Siamo davvero giunti a una rivoluzione?
Gli effetti della pandemia
Da marzo 2020 il mondo del lavoro è cambiato notevolmente. La maggior parte delle persone si è ritrovata a trascorrere intere giornate a casa, sperimentando nuove forme di lavoro (quanti insegnanti avevano svolto una lezione su Meet o Zoom prima del 2020?); altri, come i commessi dei supermercati, hanno continuato a svolgere la loro professione in presenza; mentre il commercio online e le aziende di spedizioni hanno registrato un improvviso aumento di richiesta.
Purtroppo, in un momento di grande incertezza e paura, c’è stato anche chi ha perso una delle poche sicurezze che aveva: il lavoro, appunto. Ma c’è stato anche chi si è licenziato volontariamente per trovare un’alternativa migliore: una cosa che il lockdown ci ha insegnato è stato proprio il valore del tempo. Che senso ha sprecare la cosa più sfuggente e preziosa che abbiamo con un impiego sottopagato, con orari massacranti, in un ambiente poco stimolante e che, in sintesi, ci rende infelici?
Verso un modello ibrido?
Molti dipendenti si sono dichiarati favorevoli ad un modello ibrido, che alterni lo smart working al lavoro in presenza. In alcuni casi questa scelta è motivata anche dalla paura del virus, per cui molti non sono sicuri di riprendere in presenza al 100%. Tuttavia, se da un lato lavorare da casa permette sicuramente di risparmiare tempo e denaro (pensiamo al costo di un abbonamento e al tempo trascorso sui mezzi per un pendolare), dall’altro presenta comunque degli svantaggi. Innanzitutto, verrebbe a mancare il contatto con le persone, essenziale per ogni uomo; inoltre, lavorando da casa non si percepisce il distacco fra l’orario di lavoro e il tempo libero.
Trattandosi di una novità, lo smart working va sicuramente regolamentato. Tuttavia, non è solo il lavoro da casa a presentare problemi: purtroppo, ancora oggi sussistono casi di vero e proprio sfruttamento in molti altri settori più tradizionali.
Lavoratori cercasi
Dagli Stati Uniti all’Italia, gli imprenditori ultimamente lamentano una mancanza di forza lavoro: un problema che, in realtà, ci portiamo dietro da diversi anni. La soluzione più semplice consiste nell’incolpare i giovani sfaticati, poco dediti al sacrificio, che preferiscono stare sul divano e percepire il reddito di cittadinanza anziché lavorare: e altri luoghi comuni triti e ritriti. Ma è veramente questione di pigrizia, o c’è dell’altro?
Spesso capita di leggere annunci vergognosi, che offrono pochi euro in cambio di molte ore di lavoro: come quello di un’azienda che cercava un ingegnere laureato a pieni voti, che avesse una buona conoscenza dell’inglese e del tedesco, per dargli 600€ al mese. A quanto pare, nessun settore è immune: un’altra azienda cercava dei copywriter la cui retribuzione corrispondeva a 1€ ad articolo. Allora, forse, si tratta di un problema strutturale: anziché incolpare chi è alla ricerca di un impiego, forse bisognerebbe capire cosa non va in alcune offerte.
Settimana lavorativa di quattro giorni e salario minimo
Per fortuna, c’è chi si sta attivando per creare un mercato del lavoro che risponda alle sfide e alle esigenze di una società che sta cambiando. In Spagna, Scozia e Stati Uniti diverse aziende stanno iniziando a sperimentare la settimana lavorativa di quattro giorni mantenendo lo stipendio invariato. Secondo alcuni studi porterebbe dei benefici sia alle aziende che ai lavoratori, i quali sono più produttivi e meno stressati, potendo dedicare più tempo a loro stessi. In Portogallo, inoltre, sarà vietato sia contattare i dipendenti fuori dall’orario di lavoro sia monitorarli durante lo smart working.
Qui in Italia, dove vige la contrattazione collettiva, si richiede il salario minimo, misura già presente in 21 Paesi UE. Anche in questo caso, sono presenti numerosi studi – come quello della University College London – che dimostrano come il salario minimo aumenti l’occupazione. Tutte le proposte che stanno emergendo sono il segnale di un cambiamento in atto.
Equilibrio e garanzie: le richieste dei lavoratori
Come tutti gli eventi di grande portata, anche la pandemia ha portato alla luce delle problematiche che ci portiamo dietro da decenni e che necessitano una soluzione. Come riassume bene lo chef Alessandro Borghese in una recente intervista, i giovani (e non solo) cercano garanzie.
Ormai sempre meno persone sono disposte a rinunciare alla propria serenità in nome del lavoro. Quello che si vuole è un equilibrio tra il lavoro e la vita privata, quello che gli inglesi definirebbero work-life balance. Si stanno compiendo dei piccoli passi in questa direzione: speriamo che possano dare vita a un mondo del lavoro più equo, che metta al centro la persona e non solo ed esclusivamente il profitto.
Beatrice Russo
(In copertina unsplash.com)
In collaborazione con:
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