Alle Olimpiadi di Pechino l’Italia ha chiuso tredicesima nel medagliere internazionale, con alcuni traguardi storici come l’incredibile argento di Sofia Goggia nella discesa libera. Tra gli eroi sportivi e le loro storie incredibili, però, c’è un’altra faccia della medaglia che non dobbiamo permetterci di ignorare.
L’Italia a Pechino
Le Olimpiadi invernali di Pechino 2022 si sono concluse lo scorso 20 febbraio e l’Italia ha avuto un ottimo successo, portando a casa ben 17 medaglie (2 ori, 7 argenti e 8 bronzi). Gli atleti che spiccano sono diversi e, mentre alcuni successi sono attesi, altri sono stati delle sorprese ritenute a priori decisamente improbabili se non impossibili.
Brilla Federica Brignone col suo argento nello slalom gigante (nel 2018 aveva conquistato il bronzo) e il bronzo nella combinata alpina; fa sognare Arianna Fontana con l’oro nei 500m short track, l’argento nei 1500m e l’argento nella staffetta a squadre miste; ci hanno sorpresi Francesca Lollobrigida, con un bronzo in partenza in linea e un argento nella 3.000m di pattinaggio di velocità, e l’incredibile duo Constantini-Mosaner che hanno strappato alla Norvegia l’oro nel doppio misto curling, disciplina che in Italia conta 333 tesserati alla federazione nazionale (in Canada i tesserati sono 16.000, in Norvegia più di 2.000).
Ma la sorpresa più grande, la più incredibile, è stata la bergamasca Sofia Goggia.
Il miracolo della Regina delle Nevi
Il 23 gennaio, durante una tappa di superG a Cortina, Sofia Goggia cade. Cade male: se ne accorge subito il suo allenatore, se ne accorge subito il pubblico. Se ne accorge subito anche la sua compagna di squadra Elena Curtoni che, dalla postazione d’onore da cui la detentrice del miglior tempo segue il resto della gara, si copre gli occhi. La diagnosi fa disperare il Paese: “lesione parziale del legamento crociato e microfrattura al perone”.
La sua partecipazione ai Giochi Olimpici è in dubbio e il suo ruolo di portabandiera, tanto ambito, viene ceduto all’amica Michela Moioli (poi argento nello snowboard cross a squadre miste). Ma Goggia non molla: si fa operare e si allena, condividendo sui social la sua corsa contro il tempo. Vola a Pechino ed effettua due discese di prova, piazzandosi prima dodicesima, poi quarta. Arriva il giorno della gara di discesa libera; a 23 giorni dall’infortunio, Sofia Goggia è argento olimpico. Un miracolo, un prodigioso miscuglio di determinazione, coraggio e passione che sbalordisce il mondo intero. Un’impresa titanica che ha dell’incredibile, una di quelle storie da raccontare ai bambini per dimostrare loro che l’impossibile è a un pensiero di distanza.
“La copertina di una carriera piena di delusioni”
Durante le Olimpiadi, tra medaglie e conquiste storiche, diventa però virale un breve video. Si tratta dell’estratto di un’intervista di una radio svizzera allo sciatore freestyle Marco Tadé. Quando la giornalista chiede all’atleta come lascia le Olimpiadi, Tadé risponde “deluso“. Ma non si ferma: “d’altronde, è un po’ la copertina di una carriera lunga quindici anni piena di delusioni, con una qualche lucina qui e là”. In effetti, la storia agonistica di Tadé è stata parecchio burrascosa: nel 2017 si lesiona il crociato, ma rifiuta di operarsi per poter avere la possibilità di qualificarsi ai Giochi Olimpici di Pyeongchang.
La federazione svizzera pubblica i nomi dei qualificati: Marco Tadé c’è ma, il giorno prima di partire, il crociato cede durante un allenamento. Stavolta deve operarsi, e addio Olimpiadi. Aveva già dovuto guardare da casa le Olimpiadi di Sochi perché, per poco, non era riuscito a qualificarsi. Per altri quattro anni, ogni lacrima, ogni sforzo, ogni respiro, li ha fatti sognando Pechino. A Pechino Tadé ci arriva, ma chiude la gara di sci freestyle al diciottesimo posto. L’intervista con la radio svizzera la conclude con una certa ironia:
Vediamo che gadget riusciamo a rubare nei prossimi giorni da portarci a casa.
Marco Tadé
La pornografia dei vincenti
La vicenda di Marco Tadé ha fatto riflettere molti. Di certo è facile inchinarsi di fronte a Sofia Goggia che conquista un argento olimpico venti giorni dopo un infortunio che terrebbe debilitati per mesi la maggior parte di noi; sicuramente è semplice ammirare Gianmarco Tamberi che, dopo aver mancato le Olimpiadi di Rio per un brutto infortunio, vince l’oro nel salto in alto con la sua miglior misura dell’anno ai Giochi di Tokyo. Nessuno dubita che sia naturale lasciarsi abbagliare dalla luce di incredibile che emanano queste esperienze, le storie di chi ha dato tutto e ha avuto tutto indietro.
La verità, però, ce la ricorda Marco Tadé: a volte puoi dare tutto, ogni respiro, e non ricevere niente; è così che va lo sport, così che va la vita. Ci siamo abituati a bearci dell’illusione che l’impossibile non esiste, a questa pornografia del successo che prende i vincenti come modello di vita, che ci convince che basta un po’ di coraggio per avere tutto quello che più bramiamo. Dovremmo anche ricordarci, però, che il coraggio di fatto non basta e non c’è niente di male in questo. Serve anche tanta fortuna e, spesso, anche tanta ironia e bella capacità di ammettere, in fondo, di essere fragili.
Chiara Parma