CronacaParole chiave

10 parole per capire la guerra in Ucraina

Ucraina 9

Per capire cosa succede in Ucraina occorre avere una nozione precisa delle parole che narrano l’invasione che minaccia l’Europa. 10 parole chiave spiegate in modo semplice ed efficace, a portata di tutti.


Fonte: Wikipedia.
1. Chernobyl (centrale nucleare)

Nella giornata di giovedì, l’esercito russo ha conquistato Chernobyl e l’area circostante in un attacco che a primo impatto ha destato sgomento. Il sito, ancora pericoloso per l’alto grado di radioattività derivata dal disastro del 1986, oltre ad esserne il triste simbolo, rappresenta uno dei passaggi più diretti verso la capitale, Kyiv. Come era prevedibile, il Parlamento ucraino ha dichiarato l’aumento di radiazioni gamma in seguito al conflitto sul territorio. Il luogo d’assalto rivela un’economicità di strada per l’esercito russo, per cui l’area corrisponde a uno dei quattro “assi” dell’invasione.

Attacco dalla Bielorussia a Kyiv, attraverso Chernobyl.
2. Crimea (penisola)

La penisola di Crimea è un territorio che si affaccia sul Mar Nero, collegata alla Russia dal ponte sullo stretto di Kerc (costruito nel 2018) e alle regioni meridionali dell’Ucraina dall’istmo di Perekop. Si tratta di un territorio ucraino occupato dalle forze armate russe dal 2014 quando, a seguito dell’insediamento di un governo filo-occidentale in Ucraina, la Russia inviò via terra delle milizie senza bandiera, “omini verdi”, e poi attaccò via mare. Il conflitto durò poco e dopo un mese l’annessione alla Russia si concretizzò.

Nel frattempo, il Cremlino aveva preso il controllo delle basi militari ucraine nella penisola, vi aveva insediato un governo filo-russo con cui legittimò l’invasione tramite un Referendum sulla volontà di annessione alla Russia: il 95% circa dei voti risultò favorevole. La Crimea non è riconosciuta dall’Unione Europea e dagli USA come parte della Federazione Russa.

In questo territorio si è tornati a combattere negli ultimi giorni e, in particolare, sabato 26 febbraio, le forze russe hanno fatto esplodere la diga di cemento che bloccava le forniture d’acqua dal Canale di Crimea. L’infrastruttura era stata costruita nel 2014 per mettere in difficoltà la Russia: la penisola dipendeva quasi esclusivamente dal canale per le forniture idriche e il governo ucraino avrebbe riaperto il canale solo in caso di rinuncia russa. La distruzione del canale è in quest’ottica, un forte messaggio da parte del Cremlino.

3. Donbass

Per capire il Donbass (approfondimento a cura di Iacopo Brini) serve un piccolo sforzo geografico: è una vasta regione che appartiene principalmente all’Ucraina e per una piccola porzione alla Russia. Letteralmente vuol dire “Bacino del Donec” un lungo fiume che attraversa i due paesi; dista circa 700km da Kiev ed è comprensibile che sia principalmente di lingua e cultura russa.

È economicamente importante per le vaste miniere di carbone e per l’industria siderurgica che vi prospera anche se la maggior parte degli abitanti vive in povertà, in un contesto in cui la fidelizzazione alla Russia è resa dai media che trasmettono in lingua e persino dalle scuole che sostengono l’insegnamento della versione sovietica della storia. Si divide in tre Oblast’, regioni o province: Donetsk, Lugansk e Dnipropetrovsk e proprio dal riconoscimento dell’indipendenza di due di queste regioni ha inizio l’escalation militare russa.

Il conflitto nel Donbass ha origini recenti e si collega alla Crimea: nel 2014, a seguito dell’annessione della penisola, ci furono insurrezioni da parte di ribelli filo-russi, foraggiati dal Cremlino, che chiedevano l’indipendenza. Attraverso scontri armati e al prezzo di 13mila morti, i ribelli riuscirono a conquistare alcuni territori e replicare il modello dell’invasione in Crimea: chiesero l’indipendenza attraverso un Referendum dalla dubbia validità, conclusosi a favore. Il conflitto si spense, almeno apparentemente, grazie agli accordi di Minsk.

  • Il conflitto del Donbass, tra Russia, Europa e Stati Uniti (un articolo di Iacopo Brini, 2022)
4. Donetsk

È uno degli Oblast’ del Donbass che prende il nome dalla sua capitale Donetsk, appunto. La città è una delle più importanti in Ucraina per le aziende operanti. Dal 2014 la Repubblica Popolare di Donetsk è parzialmente sotto il controllo delle forze separatiste che ne avevano proclamato, unilateralmente, l’indipendenza che è stata riconosciuta poco prima dell’invasione anche dalla Russia.

Come le altre regioni del Donbass, anche questa è ricca di giacimenti minerali e in più ha uno sbocco sul Mare di Azov e, come nelle altre regioni, la moneta è il rublo russo. Nelle ultime ore, secondo i media ucraini, c’è il rischio di attacco chimico da parte delle forze russe con l’intenzione di incolpare Kyiv: a destare il sospetto sono state le maschere antigas distribuite all’esercito russo e alla popolazione filo-russa.

5. Kyiv

È la traslitterazione ucraina della capitale del Paese: utilizzare questa scrittura e la sua pronuncia è di cruciale importanza. Nella retorica della propaganda russa lo Stato ucraino non esiste, come non esistono la sua tradizione e la lingua locale. La traslitterazione a cui siamo abituati (Kiev) è russa e in questo preciso momento storico è opportuno utilizzare quella ucraina, come segno di rispetto e riconoscimento della loro cultura. Sembra poco, una questione di poche lettere, ma bastano per lanciare un messaggio.

Kyiv Ucraina
6. Lugansk

La Repubblica di Lugansk è la seconda repubblica autoproclamata in seguito agli eventi del 2014 e, di fatto, la sua distinzione dalla Repubblica di Donetsk è un fattore puramente geopolitico perché non esistono differenze culturali o etniche marcate. Anche in questa regione il governo è retto da un leader ucraino filo-russo.

7. Minsk (accordi di)

Detto anche Protocollo di Minsk si tratta dell’accordo firmato, nel settembre 2014 nella capitale bielorussa, raggiunto da Ucraina, Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk e Russia per porre fine al conflitto. Il testo dell’accordo comprendeva dodici punti in cui si disponeva il cessate il fuoco immediato, lo scambio dei prigioniero e una maggiore autonomia per le repubbliche autoproclamate.

Dopo poche settimane però l’accordo raggiunto cominciò ad essere violato da entrambe le parti e fu necessario un memorandum per chiarire l’applicazione del concordato e tentare di placare la situazione. La triste verità è che gli accordi non sono mai stati del tutto rispettati né hanno garantito la pace nel territorio, favorendo la nascita di milizie anti-russe composte principalmente da volontari di estrema destra.

8. NATO

L’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (in inglese North Atlantic Treaty Organization) è un’alleanza militare nata nel 1949 con l’obiettivo di contrastare l’Unione Sovietica negli anni del dopoguerra. Effettivamente, però, non ha mai condotto azioni militari durante la Guerra Fredda, iniziando soltanto nel 1994 nelle guerre in ex-Jugoslavia. Altri impegni militari rilevanti furono nel 1999 col bombardamento in Serbia nella Guerra del Kosovo, le missioni di addestramento in Iraq, la presenza attiva in Afghanistan e in Libia contro il regime di Gheddafi.

Si è tornato a parlare di NATO in relazione all’Ucraina nel 2014 in relazione alle invasioni che rappresentavano la minaccia espansionistica della Russia. Concretamente è stato citato in questi giorni l’articolo 5 del Trattato, forse il più importante, che obbliga i Paesi alleati a soccorrere uno degli Stati membri se colpito militarmente. L’articolo è stato attivato una sola volta, a seguito dell’attacco alle Torri Gemelle del 2001, con una missione militare in Afghanistan durata tredici anni.

NATO e Russia avevano avuto un momento di distensione nel 2011 con un’esercitazione militare congiunta; ma, con gli eventi del 2014, ogni relazione è stata troncata. In queste ore è stata avanzata la possibilità di intervento NATO secondo l’articolo 5: purtroppo, però, ciò non è possibile perché l’Ucraina non fa parte degli Stati membri. Tuttavia, c’è la possibilità di agire tramite l’articolo 4, in base al quale i membri possono consultarsi qualora “l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata”, ed è il caso dei Paesi Baltici e della Polonia.

Quindi, la NATO interverrebbe non a difesa dell’Ucraina, ma dei Paesi membri minacciati dalla mira espansionistica russa. Per il momento, però, Jens Stoltenberg, ex primo ministro norvegese ora a capo dell’Organizzazione, esclude la possibilità del dispiego di truppe, mentre Joe Biden ha deciso di spostare contingenti militari sulla linea del Baltico.

9. SWIFT

Di SWIFT si sta parlando molto nelle ultime ore in relazione alle sanzioni da applicare alla Russia per fermare l’invasione. È un termine di natura tecnica e vale la pena comprendere cosa indica. SWIFT sta per Society for Worldwide Interbank Financial Intercommunication, una società – in forma di cooperativa – con sede in Belgio e attiva dal 1973.

Non è un sistema di pagamento ma una rete di comunicazione tra istituti bancari. In sostanza, trasporta istruzioni per il trasferimento dei fondi, verifica l’identità di mittente e destinatario e cerca intermediari quando i due istituti di credito non hanno accordi. Su questo sistema viaggiano i messaggi di oltre 11mila banche nel mondo (vuol dire che è il nucleo degli spostamenti di denaro) e la Russia ha effettuato l’1,5% delle transazioni totali su SWIFT del 2020. Va da sé che l’esclusione dal sistema porterebbe al totale isolamento la Russia che dipende finanziariamente dall’export e, quindi, da questo tipo di pagamenti. L’effetto collaterale sarebbe però quello di favorire i rapporti economici con la Cina che utilizza un altro sistema (CIPS); ciò comporterebbe un ulteriore danno all’Occidente.

10. Zelens’kyj

L’uomo del momento, Volodymyr Zelens’kyj, ricorda come la vita possa prendere pieghe imprevedibili. Nato 44 anni fa in una città della regione di Dnipropetrovsk, nel sud-est dell’Ucraina, da una famiglia ebrea russofona; i genitori sono accademici e lui studia giurisprudenza ma dopo la laurea decide di dedicarsi alla sua passione: la recitazione. La sua carriera nel mondo dello spettacolo gli dà ragione: sceneggiatore, regista, direttore artistico, attore. E sarà l’istinto che l’ha portato allo spettacolo a fargli interpretare il professore di storia che improvvisamente diventa presidente dell’Ucraina nella sit-com di successo “Servitore del Popolo“. Nel 2018, però, l’attore fa sul serio, creando il personaggio politico e dichiarando l’intenzione di candidarsi alle presidenziali.

Durante la campagna elettorale fu accusato più volte di essere filo-russo a causa delle sue origini, e ad oggi queste speculazioni sono indubbiamente false. La strategia adottata invece ricalcava quella che abbiamo conosciuto con il Movimento 5 Stelle: un’accusa ai poteri forti e la promessa di una maggiore partecipazione civile all’interno della vita e delle istituzioni politiche.

Ora, l’uomo che ha fatto ridere il Paese, ne è diventato il presidente, appare in tv per chiamare alle armi il suo popolo, non abbandona la capitale e si ritrova ad affrontare una minaccia che si estende ben oltre i confini ucraini. Anche questa volta però il suo carisma e il suo background professionale fanno la differenza: la presenza costante sui social, le situazioni in cui appare al pubblico e le parole misurate che utilizza lo rendono rispettabile e vicino alla comunità ucraina e internazionale.

Sofia Bettari

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