Tutte le famiglie e le imprese italiane sono alle prese con forti rincari di luce e gas. A cosa è dovuto questo aumento delle bollette? E quanto pesa il quadro internazionale sempre più critico in tutto questo?
Un amaro regalo
Il nuovo anno ha portato agli italiani un amaro regalo: una stangata in bolletta. Nulla di nuovo, si potrebbe dire: ogni tre mesi siamo abituati a sentire dai telegiornali che aumenterà il costo delle utenze. Ma questa volta l’aumento delle bollette è da capogiro: rispetto al trimestre ottobre-dicembre 2021 le famiglie dovranno pagare mediamente il 55% in più per la corrente elettrica e il 41,8% per il gas. Non va meglio per le imprese: secondo la CGIA di Mestre, i costi per luce e gas aumenteranno complessivamente fino a 13 miliardi di euro, tenuto conto degli interventi del governo. La stessa associazione avverte: “Salviamo le aziende, recuperando le risorse attraverso un nuovo scostamento di bilancio, altrimenti molte saranno destinate a chiudere o, nella migliore delle ipotesi, a ridurre drasticamente gli organici”.
Questo trend al rialzo non è in realtà improvviso: già a ottobre scorso la famiglia media aveva assistito a rincari per il 29,8% nella bolletta della luce e del 14,4% in quella del gas. Ma cosa si cela dietro a tutto questo?
Tra Unione Europea e Cina
Uno dei motivi principali dietro all’aumento delle bollette è legato al sistema degli ETS. Dal 2005, infatti, l’Unione Europea assegna a ciascuna azienda una quota massima di emissioni di anidride carbonica annue; le imprese che sforano tale tetto dovranno acquistare nuove quote dallo Stato o dalle aziende rimaste sotto il limite. Il prezzo di queste quote è però aumentato a seguito nelle nuove direttive europee sulla transizione ecologica. Lo scorso settembre il commissario europeo al clima Frans Timmermans ha affermato che il sistema degli ETS incide per il 20% nel rincaro delle forniture.
Pesa molto anche l’aumento del fabbisogno energetico della Cina. Il paese del Dragone è ancora fortemente ancorato al carbone, da cui deriva il 57% dei consumi. La chiusura di alcune centrali e miniere di carbone, in ottica di transizione energetica, unita alla ripresa economica post-pandemia, ha portato ad una carenza diffusa di elettricità, con annessi black-out in tutta la Nazione. Altre motivazioni vanno ricercate nella diminuzione dell’energia eolica prodotta in nord Europa e nel protrarsi delle basse temperature durante lo scorso inverno.
Il ruolo della Russia
Il fattore principale di questa congiuntura, però, è senza dubbio, l’aumento del costo del gas importato. Secondo i dati Eurostat, tutti i paesi dell’UE sono importatori netti di energia, soprattutto di petrolio e gas. In particolare, nel 2020, l’Italia ha soddisfatto il 73,4% del proprio fabbisogno grazie alle importazioni dall’estero. Il maggior fornitore di gas all’Europa (43%) è la Russia, e proprio Mosca negli ultimi mesi ha tagliato fortemente le forniture.
Secondo diversi osservatori, le ragioni sono prettamente politiche: l’obiettivo di Vladimir Putin sarebbe quello di spingere i paesi europei ad attivare il North Stream 2, il gasdotto che collega Russia e Germania attraverso il mar Baltico, evitando gli stati dell’est Europa. Chiaramente tali nazioni si stano opponendo con forza al progetto, ma anche gli USA sono molto scettici, volendo infatti evitare un’eccessiva dipendenza del Vecchio Continente da Mosca. A tutto questo si somma la questione ucraina: le sanzioni internazionali che seguirebbero ad un’eventuale invasione, tra cui la sospensione del North Stream 2, aggraverebbero ulteriormente la situazione.
Soluzioni tampone
Il quadro venutosi a creare ha richiesto chiaramente interventi tempestivi. Già con la scorsa legge di bilancio il governo aveva stanziato 3,8 miliardi di euro per far fronte all’aumento delle bollette: una cifra chiaramente insufficiente. Proprio per questo è allo studio un nuovo intervento, stavolta stimato fra i 5 e i 7 miliardi di euro: parte di questi fondi proverrebbero dalla tassazione degli extra-profitti degli impianti rinnovabili.
Inoltre, il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha proposto di incrementare l’estrazione interna di gas, con lo scopo di diminuire la dipendenza dalle importazioni russe. È stata aumentata inoltre la produzione di energia dal carbone: a tal fine a dicembre sono state riattivate per alcuni giorni le centrali di La Spezia e Monfalcone (Friuli-Venezia Giulia).
Pensare a lungo termine
Questa vicenda pone il problema del mix energetico italiano: nel 2020 il 45% dell’energia immessa nel sistema elettrico italiano deriva da fonti rinnovabili, ma il 42% è ancora legato al gas. È chiaro che si debba diversificare tale quadro, consci anche del fatto che oggi lo sviluppo delle fonti rinnovabili non è sufficiente a coprire tutto il fabbisogno.
Ad esempio, si può aumentare la produzione interna di gas: secondo alcune stime, nel mar Adriatico sarebbero presenti giacimenti per 150 miliardi di dollari. Urge inoltre una riflessione sul ritorno al nucleare: una fonte di energia forse costosa, ma indubbiamente molto più pulita di gas e carbone.
Purtroppo, queste ipotesi si scontrano con le troppe opposizioni ideologiche a cui abbiamo assistito negli scorsi anni: basti pensare al TAP, il condotto che trasporta gas dalla frontiera greco-turca alla Puglia, senza il quale i rincari sarebbero maggiori. Come abbiamo visto, una via d’uscita a tale trambusto c’è; serve solo la volontà di percorrerla.
Riccardo Minichella