Il Mondiale in Qatar
La Coppa del Mondo, il trofeo più ambito dello sport, si disputerà tra il 21 novembre ed il 18 dicembre 2022. Le spese complessive per l’architettura del torneo si aggirano intorno ai 200 miliardi di dollari. Questo almeno quanto dichiarato da Ahmed Bin Nasser Bin Jassim Al-Thani, ambasciatore e portavoce in Russia della famiglia Al-Thani, la dinastia che regna sovrana e incontrastata nel Paese. Impianti sportivi costruiti in tempi rapidissimi, nuove strade, metropolitane e ancora alberghi e strutture turistiche. Questo è il Mondiale in Qatar, uno dei Paesi più ricchi al mondo.
Tuttavia, dietro questi grandi traguardi si cela un dato scioccante: sono oltre 6.500 le persone morte per la messa in opera degli stadi di calcio. Dovremmo giungere alla conclusione che calcio, spettacolo e tanto denaro sono più importanti di migliaia di vite umane?
Perché si giocherà in Qatar?
È stato rivoluzionato tutto: periodo dell’anno, clima, ambiente, scenario, pur di disputare il torneo in Qatar. Ma cos’ha di speciale questo Paese?
Il Qatar è uno dei Paesi con il PIL pro capite più alto al mondo e deve la sua fortuna alla scoperta del petrolio, avvenuta nel 1935. Quando negli anni ottanta il prezzo del petrolio crollò, si decise di investire anche nel gas naturale, di cui oggi il Paese è il terzo detentore al mondo, dopo Russia ed Iran. Inoltre, a partire dagli anni duemila le più grandi imprese qatariote si sono dedicate all’acquisizione di banche d’investimento, case automobilistiche e società sportive, il Paris Saint-Germain davanti a tutte. Insomma: è la ricchezza ad aver permesso al Qatar di aggiudicarsi il titolo di Paese ospitante il prossimo mondiale.
Schiavitù 2.0
La popolazione è in larga parte composta da uomini (72%) e il dato è incrementato dalla presenza di lavoratori migranti. I diritti dei lavoratori sono pochi e il confine con condizioni di para-schiavismo è labile. Già nel 2014 l’Internation Trade Union aveva denunciato con forza le condizioni lavorative nel Paese: salari estremamente bassi, scarsa sicurezza e conseguenti infortuni e morti sul lavoro.
Oltre alla situazione lavorativa, terribile a regime ordinario, si aggiungono i danni causati dall’edificazione delle infrastrutture per la Coppa del Mondo. Oltre 6.500 persone morte dal 2011 – anno di assegnazione del Mondiale. I dati, aggiornati nel febbraio del 2021, sono del quotidiano britannico The Guardian. Mai era successo che per la preparazione di un importante evento sportivo fossero morte così tante persone. Il motivo è da ricercare nelle estreme condizioni lavorative: la temperatura, gli alloggi e la kafala.
Il sistema della kafala, che più generalmente nel diritto islamico individua il comportamento che si adotta con un soggetto non autonomo, in questo caso indica che un lavoratore migrante è legato indissolubilmente al suo datore di lavoro. Secondo l’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), “la kafala è una delega da parte dello Stato nei confronti di un datore di lavoro della responsabilità di vigilare sull’immigrazione e sullo status occupazionale del lavoratore migrante”.
Come si può immaginare, questo sistema crea uno squilibrio nel rapporto lavorativo che si estende fino alla libertà individuale. Vi sono infatti azioni che il migrante non può fare senza il consenso del suo datore, come per esempio la cessazione del rapporto lavorativo e l’uscita dal Paese. Per farla breve, se il lavoratore volesse tornare a casa, non potrebbe farlo senza il consenso del suo datore. In questo scenario, ben chiaro e noto alle grandi associazioni (Fifa su tutte), è stata comunque portata avanti la preparazione al prossimo Mondiale.
Costi quel che costi
“Siamo profondamente dispiaciuti per le tragedie accadute”, questa la posizione della Fifa, che non sembra però nemmeno sfiorata dall’idea di cambiare locazione alla Coppa del Mondo. Interessi politici, economici e chissà cos’altro legano fortemente il Qatar a questo Mondiale, anche se da più parti si sta promuovendo un tentativo di boicottaggio: alcune Nazionali come Germania, Olanda e Norvegia hanno fatto indossare ai propri calciatori magliette con la scritta “Human Rights“. Al momento però, nessuna Federazione calcistica ha negato la sua partecipazione al Mondiale.
Alessandro Sorrenti
(In copertina rivistacontrasti.it)
Hot Topic! è una rubrica curata da Alessandro Bitondo, Camilla Galeri, Jon Mucogllava e Alessandro Sorrenti.