Cinema

“Spider Man: No Way Home” e il ritorno della poetica dell’assoluzione

Spider Man

È ancora al cinema “Spider Man: No Way Home“, l’ultimo film dei Marvel Studios con protagonista Peter Parker (Tom Holland). Il film, come tante pellicole recenti, è un ottimo esempio di ricerca dell’assoluzione dell’antagonista, in una cooperazione tra buoni e cattivi. Il commento, ovviamente con spoiler, di Veronica Orciari.


Se è vero che il nuovo film Marvel campione di incassi (e ancora in sala) ha sconvolto il mondo per la magica reunion fra Tobey Maguire, Andrew Garfield e Tom Holland e per il finale dolceamaro e un po’ confuso, la verità è che Spiderman: No Way Home racchiude in se stesso un elemento che in realtà in maniera più o meno esplicita ha segnato diverse produzioni Disney degli ultimi anni. La “ricerca dell’assoluzione“, del perdono e, per dirla con la Bibbia, la ricerca dell’altra guancia. La riscoperta del cattivo come personaggio multiforme, tridimensionale.

Il ruolo dell’antagonista

Se si pensa al cinema di non troppo tempo fa si trovano antagonisti memorabili, quasi ad un livello superiore rispetto al protagonista stesso. Basti pensare ai cattivi storici della Disney, da Scar a Jafar, da Ursula ad Ade, personaggi che hanno segnato l’esperienza cinematografica di intere generazioni. Personaggi che però erano relegati ad una presenza importante, ma comunque subordinata a quella dell’eroe, dell’eroina o della principessa che dava il titolo al film.

Eppure, da qualche anno a questa parte siamo di fronte ad una svolta in positivo, sia in termini economici che puramente concettuali. Sembrerebbe essere arrivato il turno dei cattivi, alla ricerca di un’espiazione, di una giustificazione. Questo è senza dubbio dovuto a questioni di necessità (certi film, anche se discutibilmente realizzati, vivono al box office solo grazie al loro protagonista), ma porta avanti anche un interessante discorso metaforico.

Due esempi di questa nuova poetica sono Maleficent (2014) e il relativo sequel e Joker (2019) [approfondimento a cura di Caterina Tenisci]. Protagonisti interpretati da grandi star di Hollywood, buona se non ottima accoglienza della critica (si pensi al Leone d’oro e all’Oscar per il migliore attore protagonista assegnati a Joker), risultati straordinari al botteghino. Senza dubbio è stato il Joker di Heath Ledger ad aprire le porte al film in solitaria di Joaquin Phoenix. Ancor più recente è Crudelia (2021), con Emma Stone nei panni della perfida feticista di pellicce.

Eroi e anti-eroi

In Spider Man: No Way Home questa ricerca di perdono viene sublimata, perché non risiede più soltanto nella narrazione della vera storia dietro il personaggio (volto appunto a giustificarne le azioni), ma addirittura nella cooperazione stessa fra buoni e cattivi. È una scommessa a perdere, quella di Peter Parker, testardo e volubile come solo un giovane può essere.

Il film sembrerebbe avere come perno principale una ed una sola questione: si possono o non si possono riportare gli anti-eroi ai blocchi di partenza, prima che tutto accada? E se la risposta è sì, a quale prezzo? Si tratta soltanto di un capriccio di un ragazzino ribelle allo status quo (rappresentato da Doctor Strange) oppure davvero “da grandi poteri derivano grandi possibilità”, compreso il mettersi in gioco per quella che agli occhi di tutti sembrerebbe un’utopia?

La risposta non è chiara nella finzione come non lo è nella realtà. Perché, se è vero che la missione in parte riesce, in mezzo al trionfo del bene, dell’amicizia e dei buoni sentimenti, in Spider Man: No Way Home è altrettanto grande la dose di dolore. C’è una crescita in Peter Parker, un’accettazione. E l’accettazione è proprio che l’utopia possa esistere, ma ad un alto, altissimo, prezzo da pagare. Proprio per questo motivo il film a volte inciampa su se stesso ed è un po’ ingenuo come lo stesso Peter. Tutto assume senso in quanto il messaggio ultimo deve essere rispettato.

Tre volte Spider Man

All’inizio del film Peter è troppo self-less, bellissima espressione inglese che esprime quasi un’uscita da sé a favore della cura degli altri. Anche la sofferta decisione finale di rinunciare alla sua identità è parte di questo suo tratto. Ma nel suo essere self-less è pienamente se stesso e, nonostante le circostanze intacchino il suo self nel profondo, arrivando a coinvolgere una delle persone a lui più vicine, il suo carattere non sembra vacillare.

Eppure, fondamentale per questo svuotamento di se stesso è anche la sua nemesi, il suo opposto, il ritrovamento di sé attraverso il lato oscuro, quello dei villain che grazie a lui ritrovano la loro identità “positiva”. E, da ultimo, la tripartizione di Peter/Spider Man nella presenza sulla scena di tre identità scisse ma unite. Uno e trino, verrebbe da dire, sempre per tornare alla Bibbia.

L’identità del Peter di Tom Holland resta self-less, ma proprio grazie alla sofferenza e allo scontro con le sue alternative versioni, ritrova, nel marasma e nella perdita, la sua essenza.

Veronica Orciari (articoli)

(In copertina immagine tratta dal film Spider Man: No Way Home, disponibile al cinema e presto su Netflix)

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