Il nome di Angèle non è noto in Italia, ma nei paesi francofoni la cantautrice belga è sempre più famosa, tanto da battere il numero di ascolti di Stromae. La collaborazione con Dua Lipa in “Fever” la porta sulla strada giusta per diventare una star internazionale. Ma chi è Angèle?
Un inizio tra successi e crisi
In un documentario Netflix, Angèle si racconta in prima persona e parla della sua storia personale e professionale con trasparenza. Strenua sostenitrice del femminismo e figlia d’arte (suo fratello è Romèo Elvis), il suo percorso musicale parte da Instagram, dove trova la sua futura manager che la convince a esibirsi in alcuni bar. La strada, però, si presenta sin da subito in salita: ha l’opportunità di aprire i concerti della tournée di Damso ma verrà fischiata dai fan, conquistandoli solo al secondo tentativo.
All’uscita del singolo “La loi de Murphy”, Angèle diventa un personaggio pubblico tanto da essere contattata per un’intervistata su Playboy. La redazione le promette un’edizione femminista, dando spazio ai suoi valori e al suo punto di vista su temi oggetto di molti dibattiti, ma si macchia della pubblicazione di una foto della giovane cantante senza aver ricevuto il suo consenso. “La figlia di Laurence Bibot e Marka posa nuda per Playboy”: ecco cosa si legge su alcuni giornali. Angèle viene sessualizzata e descritta come “la figlia di” e le sue paure e insicurezze di giovane appena affacciata sul mondo dello spettacolo si concretizzano. Indipendente e brillante, viene umiliata e cade in una profonda crisi.
Giovani insicurezze alla ricerca di risposte
Nel documentario, Angèle legge estratti di vecchi diari che la ritraggono come alla ricerca di se stessa, piena di dubbi e incertezze. “Chi è Angèle?”, “Sono felice? – domande all’apparenza banali, ma che denotano un’essenziale capacità introspettiva. La cantante parla della sua costante necessità di scrivere che la porta a comporre i primi testi. Angèle comunica messaggi precisi anche con i video delle sue canzoni, studiati e ben curati: gioca con associazioni di immagini e simboli e crea delle vere e proprie opere d’arte.
In copertina del suo primo album uscito nel 2018, “Brol”, troviamo una piccola Angèle senza qualche dente intenta a sorridere: la cantante – giovane e spavalda – mostra se stessa al mondo per quello che è, senza paura di essere giudicata per le sue imperfezioni. Inoltre, la parola brol in belga significa “disordine”. Ha cercato forse di dare forma alla confusione che sentiva irrompere nella sua vita al momento del successo?
Ciò che mi rende felice è questo: il fake, io e la mia immagine. Il resto mi sembra inutile, me ne vergogno. Prima ero viva: piena di dubbi, domande, complessi, desideri. Ora il successo è il mio unico desiderio. Scappo dal resto, non mi appartiene più. Prima ero libera.
Da Angèle, film documentario Netflix
Una cantante specchio di una generazione
Con le sue canzoni dalle sonorità fluide e magmatiche, non inquadrabili in un genere ben definito, Angèle si presenta al pubblico come un personaggio in cui moltissimi giovani riconoscono un modello. Inoltre, toccando temi come il femminismo, in “Balance ton quoi” – che diventa in pochi mesi l’inno di una generazione –, e la tematica LGBT (seppur in modo velato), in “Ta reine” e “Tu me regardes”, fortifica le sue melodie all’apparenza leggere e orecchiabili con contenuti di matrice etica e civile del tutto rispettabili. Angèle si accorge di avere una voce nella quale le persone si riconoscono e decide di usarla.
2018 non so di cosa hai bisogno, ma sono più di un animale.
Da Balance ton quoi
Ma vorresti che fosse la tua regina stanotte, anche se due regine non sono troppo accettate.
Da Ta reine
O forse vorrei solo che mi guardi come mi hai guardato ieri, senza che loro ci guardino di traverso.
Da Tu me regardes
Gli “album” della sua vita e il coming out
Il mese scorso è uscito il secondo album di Angèle, “Nonante-cinq”, più personale e prodotto della pandemia: il traguardo dei suoi 25 anni. Allo stesso tempo, però, intitolandolo come l’anno della sua nascita – il 1995 –, Angèle connette il suo presente alle sue origini e lo rende esplicito in “Bruxelles je t’aime”. Inoltre, in “On s’habitue” fa quasi un racconto delle varie tappe della sua vita. Altri titoli personali sono “Libre”, “Solo” e “Démons”.
Nello stesso anno della scrittura di “Nonante-cinq” – il 2020 – Angèle decide di fare coming out come bisessuale su Instagram. La cantante ufficializza la sua relazione con Marie Papillon, consapevole che la notizia era stata già resa pubblica tempo prima in TV. Angèle dichiara di aver dovuto far fronte, sul piano personale ed emotivo, a commenti omofobi e insulti causati dall’outing, considerando il suo coming out come “rubato”. Angèle diventa in via ufficiale un modello LGBT per una generazione che trova conforto nei suoi testi. La cantautrice, però, si trova a dover affrontare l’incomprensione della nonna, figura fondamentale nella sua vita, e alla domanda “ma perché una donna?”, Angèle risponde “e perché un uomo?”.
L’orientamento sessuale di una celebrità non dovrebbe fare notizia, ma essere un fatto normale.
Da Angèle, film documentario Netflix
Perché ascoltare Angèle?
“Ma perché – in Italia – si dovrebbe ascoltare un’artista che canta unicamente in francese?” Sicuramente per la voce di Angèle, delicata ma decisa, che con spontaneità e freschezza trasmette serenità. Inoltre, parla completamente di sé nella maggior parte dei suoi testi, esterna se stessa ed entra nella testa di chi la ascolta. La sua voce è magnetica e le sue canzoni orecchiabili al punto da diventare quasi ipnotiche. Non è quindi vero che le star musicali sono solo anglofone, Angèle parla di temi universali e attuali, cercando di trasmettere a tutti qualcosa. “Ma cosa la rende davvero speciale?” La sua personalità fresca, coinvolgente e spontanea. Forse Angèle è ancora la bimba sorridente di “Brol” e mai smetterà di esserlo.
Francesca Ferrari
(In copertina una foto di Angèle presa da newsic.it)
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