In questi giorni il Governo è chiamato a decidere le modalità della maturità 2022, alla luce, di nuovo, della pandemia. L’occasione permette di riflettere sull’importanza sociale dell’esame, ma anche sulla sua reale attendibilità come strumento di valutazione.
Da generazioni, l’esame di maturità è, ormai da generazioni, considerato un vero e proprio rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Passano gli anni, cambiano le modalità di svolgimento, ma ogni volta, dalla seconda metà di giugno, l’Esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore (così ufficialmente si chiama) diventa lo spauracchio di oltre 500mila studenti. E proprio a tale prova sono dedicati film, canzoni, libri, proprio a testimoniare il grande valore sociale che riveste tutt’oggi.
Con l’avvento della pandemia tale rito è stato messo in seria discussione. I lunghi periodi in didattica a distanza, insieme ai problemi logistici nello svolgimento delle prove scritte, hanno portato il Ministero dell’Istruzione a rimodulare l’esame, che nel 2020 e nel 2021 si è ridotto alla sola prova orale, “rinforzata” da un elaborato originale e un’analisi del testo in luogo del tema La commissione era formata solo da docenti interni interni alla classe, ad eccezione del presidente esterno, e non più “mista” con 3 interni e 3 esterni.
Proprio in questi giorni, tra la legge di bilancio, la rapida diffusione della variante Omicron e l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, è accesa la discussione sull’esame del 2022, tra chi vorrebbe il ripristino di almeno uno scritto e chi invece preme per la conferma del solo orale. Tale confronto permette una riflessione su un rito che, almeno nelle modalità attuali, sembra avere più una valenza “simbolica” o “romantica” (il che non è necessariamente negativo) che didattica.
Di cosa parliamo
L’esame di maturità nasce durante il Ventennio, precisamente nel 1923, con la legge Gentile. Tale prova fu introdotta anche per ammettere nel sistema d’istruzione gli istituti privati (soprattutto cattolici), particolarmente diffusi nel nostro Paese. Il primo esame prevedeva 4 prove scritte e un orale su tutte le materie e commissioni esterne, presiedute simbolicamente dal Ministro. Tale esame però si rivelò particolarmente selettivo (nell’anno scolastico 1924/25 solo il 54,9% dei candidati conseguì la maturità scientifica!), e quindi negli anni subì diverse modifiche. La modalità (ordinaria) attuale è entrata in vigore nel 2019: l’esame si svolge davanti a una commissione mista e consiste di due compiti scritti, il primo di italiano e il secondo sulle materie di indirizzo, e del colloquio, che trae spunto da un documento sottoposto al candidato.
Pregi e criticità
A quasi cent’anni dall’istituzione, l’esame di Stato ha indubbiamente un importante valore pedagogico e formativo, legato alla crescita personale e all’ingresso nell’età adulta e nel mondo universitario o lavorativo.
Tuttavia, tale modalità di valutazione presenta comunque diverse criticità sia di principio che sostanziali. Anzitutto, appare discutibile l’idea che due compiti e un colloquio nell’arco di pochi giorni possano in larga parte determinare la valutazione complessiva di un percorso durato cinque anni; anche se lo scopo dell’esame è quello di valutare la capacità di fare collegamenti interdisciplinari; ma si sa, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: troppo spesso le volontà politiche si scontrano con la realtà delle scuole italiane, con i loro problemi quotidiani e col loro contesto. E spesso e volentieri l’esame finisce per ridursi a una mera formalità, dove i voti finali sono a grandi linee già noti ai professori.
Anche l’attendibilità dell’esame è soggetta a forti discussioni. La selettività dell’esame, al momento, è particolarmente bassa: nel 2019 solo lo 0.04% (!) dei candidati è stato bocciato. Come se non bastasse, ogni anno si verifica puntualmente il boom dei voti alti nelle regioni meridionali: nel 2019 le regioni col maggior tasso di 100 e lode erano Puglia (3,4%) e Calabria (2,6%), con alte percentuali anche in Campania e Sicilia (2%), a fronte di una media nazionale dell’1,6%.
Ciò stona però con i dati delle prove INVALSI per le classi quinte dello stesso anno, nelle quali gli studenti del Mezzogiorno hanno conseguito risultati mediamente peggiori rispetto ai colleghi delle altre regioni: spiccano le insufficienze gravi in italiano, che al Sud sfiorano il 20% del totale.
Una nuova idea di valutazione
Al di là delle comprensibili ragioni simboliche e sentimentali, è evidente come l’esame, almeno nelle modalità attuali, sia decisamente inadeguato per la sua finalità principale. Urgono quindi modifiche radicali, per ridare credibilità non solo alla maturità, ma a tutto il sistema di valutazione scolastica.
È ovvio che il divario nord/sud nei voti sia figlio di questioni più profonde di un semplice esame, ma un’idea per attenuare tale discrepanza può venire dalla Francia, dove le prove intermedie svolte durante l’anno, che contano per il 40% nel Bac, sono anonime e vengono corrette da insegnanti diversi da quelli dei candidati.
E, a parere di chi scrive, la valutazione non deve concentrarsi in pochi giorni alla fine dell’anno, bensì distribuirsi durante tutto il periodo scolastico. Tanti fattori possono incidere sull’esame, in primis l’ansia del candidato, in maniera da renderne poco attendibile l’esito come descrittore del percorso superiore. La riforma del 2019 ha ampliato il numero di crediti scolastici, aumentando il peso della carriera scolastica fino al 40% nel voto finale; ma tale intervento no coglie tutta l’essenza del problema.
L’esame finale dovrebbe invece valutare la capacità dello studente di approfondire argomenti esterni, o comunque non appartenenti del tutto, al programma di studio. In breve, dovrebbe valutare la creatività e l’originalità, un po’ quello che accade all’università con la tesi di laurea.
E proprio in una “tesi” di diploma potrebbe consistere l’intero esame, così da dare la giusta dignità ai candidati e alle loro storie. Ironia della sorte, una sorta di “tesi” sarebbe un’idea molto accreditata per la maturità 2022, che inesorabilmente risentirà ancora dell’emergenza sanitaria. Proprio tale occasione può essere propizia per un intervento coraggioso definitivo che superi sentimenti e preconcetti.
Riccardo Minichella
(La copertina di rielaborazione a tema “esame di maturità”, immagine di Nathan Dumlao da Unsplash)
Non è la prima volta che la maturità fa discutere: leggi anche questo articolo di Davide Lamandini sull’esame di Stato 2019, e questo di Jon Mucoglava per l’anno scorso.