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Diario del mio primo viaggio da solo a Lisbona e Sintra

Lisbona -Sintra-6

L’apPunto

Certe volte è necessario partire e prendere le distanze per qualche giorno da tutto e da tutti. Salire su un aereo, una nave, un treno e iniziare il viaggio. Senza per forza sapere bene dove ti porterà. Perdersi e ogni tanto non ritrovarsi proprio del tutto, giusto per capire un po’ di più chi siamo e cosa cerchiamo in questo mondo.

Punto di (non) ritorno

Ogni nuovo viaggio inizia con un distacco dal mondo di tutti i giorni. Per usare le parole di Joseph Campbell assunte poi a teoria universale della narrativa, ogni viaggio inizia con il varco della prima soglia. E in questo caso il varco, a livello reale e simbolico, è l’ingresso dell’aeroporto di Bologna. È la prima volta che viaggio da solo. Solo nel senso che non ho nessuno con me e nessuno che mi accolga all’arrivo, solo che ho pianificato tutto io, solo che viaggio giorni e momenti saranno solo miei. Direzione Portogallo, per la precisione due città: Lisbona e Sintra.

Chiudi gli occhi per un momento, svuoti la mente da tutti i problemi le preoccupazioni le incognite della vita quotidiana, e quando li riapri sei sulla pista di decollo. Il cellulare in modalità aereo, un libro aperto tra le mani, gli occhiali che si appannano e si spannano al ritmo del tuo respiro.

Punto 1: Lisbona

Il primo luogo che ho visitato è quello dove ho preso anche la camera, Lisbona, la capitale del Portogallo. È una città enorme, piena di suoni, colori e profumi, con i piedi a bagno nell’Atlantico e la testa tra le nuvole delle colline. Un luogo in cui ti perdi, tra stretti vicoli deserti e larghi viali affollati, dove un vento freddo e continuo soffia senza sosta tra le grandi piazze aperte sul mare e le vie sferraglianti di tram.

Ho passato tre giorni a camminare per la città, senza navigatore o meta precisi, facendomi ispirare soltanto dalla strada e dal colore delle case e di volta involta fuggendo dal freddo di novembre o dalle gocce di pioggia. I posti migliori che ho trovato, per riflettere e per scrivere, sono gli scogli di Praça do Comércio, non molto lontano dal molo di Cais da Colunas, la zona della Cattedrale centrale, gli ampi parchi pieni di gabbiani e di verde, e i vicoli intorno al Castello di São Jorge, che dall’alto osserva e protegge Lisbona intera.

Ma il mio luogo preferito, scoperto assolutamente per caso in uno di questi momenti, è l’angolo di una strada senza nome che scende dal Miradouro de Santa Luzia, a pochi passi da Calçadinha da Figueira, vicino ad un negozio di ceramiche artigianali. Non è nulla, letteralmente: c’è una stradina stretta e sconosciuta ferma da almeno vent’anni, una panchina verde scuro appoggiata al muro bianco e una cascata di piante che le fa da tetto e da custode, dall’acqua e dagli sguardi delle persone. Intorno case dai colori variopinti, con le porticine che si aprono direttamente sulla via e lunghi fili da bucato appesi alle finestre. Se mi chiedessero cosa sia Lisbona, risponderei questo.

Punto 2: Sintra

Da Lisbona a Sintra è poco meno di un’ora di treno. La mattina del viaggio mi sono svegliato presto e appena ho guardato fuori dalla finestra ho visto le nuvole grigie che annunciavano tempesta e che scendevano basse a confondersi con i banchi di nebbia. Esattamente l’atmosfera che mi serviva. Non mi si fraintenda: ho imparato ad amare subito il caldo del sole di Lisbona e il freddo del suo vento, e il profumo della salsedine che si incaglia tra le barche del porto; ma l’autunno è pur sempre l’autunno. E poi sono andato non troppo tempo dopo Halloween: mi aspettavo quell’atmosfera.

Quindi, per questo, non appena sono sceso alla stazione di Sintra ho visto subito la nebbia. E subito ho sentito la musica portoghese anni ’80 diffusa dagli altoparlanti sulle strade principali. E il profumo delle caldarroste. Credo che ci sia un che di poetico in tutto questo. O forse sono solo io che mi faccio suggestionare molto facilmente.

Non era il giorno più adatto per visitare Sintra, e il primo a farmelo notare è stato il proprietario di un bar deserto a cui ho chiesto informazioni. Aveva ragione, certo, ma il mio obiettivo era vedere con quel tempo Quinta da Regaleira e il Palácio Nacional da Pena, dei luoghi che sarebbero perfetti come ambientazione per un qualche libro. Magari una storia di avventura, con fughe amori e inseguimenti, tra le sale di palazzi risalenti all’Ottocento, sentieri persi nel cuore del bosco nero e pozzi iniziatici che affondano nei meandri della terra. Chissà.

Punto per Punto

Questi sono gli (s)punti sparsi di idee che mi sono venute durante questo viaggio. Sono tutti (ap)punti presi di corsa sul taccuino che avevo con me, tra una fermata della metro e un tram da inseguire, mezze frasi scritte con una grafia stentata e vagamente incomprensibile. Non hanno la pretesa di essere ordinati.

  • Nel corso di un volo, mi ha sempre un po’ spaventato il momento dell’atterraggio, molto di più di quello del decollo. Sarà per l’endemica e irrisolta paura dell’ignoto che ci attanaglia fin da quando siamo piccoli e non ci molla più. O forse perché non c’è un pilota che riesca a far scendere dolcemente l’aereo sulla pista. E poi in genere le partenze sono facili, gli arrivi un po’ meno. E il resto del percorso è la parte più difficile.
  • Prepararsi all’ignoto è il modo peggiore che abbiamo inventato per affrontarlo. E di questi tempi, da quando la pandemia ci ha chiusi in casa con le nostre famiglie e i nostri dèmoni, sembra che pianificare ogni cosa sia diventato il nostro sport preferito. L’obiettivo alla fine è vecchio come il mondo: cancellare dalla mente la possibilità che il meteorite possa arrivare e vivere nell’illusione che non ci sia. Ce lo hanno insegnato i dinosauri.
  • Il respiro del mare d’inverno, con il vento freddo dell’Atlantico e il sole bellissimo e lontano di novembre, è un ottimo modo per riappacificarsi con una stagione che in genere non riserva che incognite. Forse dovremmo ricordarcelo più spesso.
  • Anche in Portogallo sanno fare bene il caffè. E svegliarsi presto, affrontare la metro con il sonno nelle ossa e poi prendersi un momento di pausa prima che inizi tutto per fare colazione, magari con una Pastel de Belém, fa partire in positivo la giornata e il mondo in generale. E non è così scontato.
  • Certe volte proviamo a stare fermi e guardare il mondo che passa accanto a te. Frenetico, continuo, senza tregua. Uomini, donne, bambini camminano gli uni di fianco agli altri, un passo avanti o un passo indietro, in direzioni comuni e opposte, contromano o controvento.

Davide Lamandini

(In copertina la splendida Praça do Comércio, foto di Louis Droege da Unsplash)


Per approfondire: Dove porti la mia vita? (un articolo di Davide Lamandini).


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Sull'autore

Classe 2000. Mi piacciono le storie, qualsiasi sia il mezzo che le fa circolare o la persona che le racconta. Credo nella letteratura, nel tempo che passa e nelle torte al cioccolato per le giornate più tristi. Aspetto con impazienza domani e, nel frattempo, leggo, scrivo e traduco qualche lingua morta persa in un passato lontanissimo.
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