La “storia siamo noi”
Se ti sei perso i recenti sviluppi della questione algerina non è colpa tua. In Italia, a quanto pare, l’interesse l’interesse nei confronti degli Stati vicini è davvero limitato. In questo periodo, poi, se c’è gelo dal punto di vista del dibattito politico a casa nostra, figuriamoci fuori dal nostro orticello. Ebbene, la storia che oggi voglio raccontare è ancora in via di sviluppo. Le protagoniste sono due Nazioni, legate a doppio filo dal loro passato e che ancora oggi portano i segni di quel passato.
La “storia siamo noi”, cantava Francesco De Gregori, ci passa accanto, a volte ci sfiora, altre volte ci spazza via. La storia è una, questo è vero. Però, il racconto della storia, quello sì, può essere modellato. La “questione memoriale” algerina è uno di quei casi in cui il racconto del passato non solo diventa motivo di orgoglio o di vergogna, ma influenza parimenti le decisioni politiche degli stati e il rapporto tra stati stessi.
La guerra d’Algeria
Nell’anno 1954 scoppiano i primi tumulti nelle città algerine, nel contesto di decolonizzazione dell’Africa settentrionale. La nazione più grande d’Africa, l’Algeria, chiedeva anch’essa l’indipendenza dalla Francia, che in quel luogo aveva stabilito una colonia di popolamento. In Francia c’era però l’idea, accettata da gran parte dell’opinione pubblica, che l’Algeria fosse una sorta di appendice della nation, dato che quei territori erano in mano dei colonizzatori dal lontano 1848.
I tumulti in terra algerina si affiancano fin dai primi anni di conflitto alle azioni terroristiche nella métropole parigina a carico dell’unico partito responsabile dell’indipendenza algerina: il FLN (Fronte di Liberazione Nazionale).
Gli anni che vanno dal 1954 al 1962 sono un periodo di disordine su entrambi i fronti e, in vista di una possibile concessione di indipendenza, la Francia comunque non rinuncia allo scontro militare. La situazione di stallo si rompe con il ritorno del generale De Gaulle, innalzato e osteggiato a più riprese dalla destra e dai capi militari per ristabilire l’ordine in Algeria.
Il generale con un abile virata politica decide però di schierarsi al fianco della causa indipendentista, promuovendo un referendum al popolo algerino per l’indipendenza, che sarà ratificata nel 1962.
La guerra d’Algeria è un momento fondamentale per la storia contemporanea francese. Politicamente, infatti, con il passaggio alla democrazia presidenziale, il 5 ottobre 1958, entra in vigore una nuova costituzione: è la nascita della quinta repubblica.
Le barbarie francesi
Le guerre di decolonizzazione sono spesso impari dal punto di vista tecnologico e militare. Le Nazioni occidentali hanno avuto sempre il vantaggio delle armi. Nonostante ciò, la conoscenza del territorio e l’attitudine all’assalto hanno fatto sì che molte nazioni sottosviluppate dessero del filo da torcere ad eserciti ben strutturati. Ciò avviene anche in Algeria.
Il sistema militare francese decide di non risparmiarsi in questa guerra, provocando un numero indefinito di morti in terra africana.
Questi atti provocano un terremoto mediatico in Francia. L’uso della tortura nei confronti dei membri del FLN, di cui abbiamo accennato sopra, ma anche sui simpatizzanti della causa algerina, fanno innalzare, allo scoppio del conflitto, voci di grande forza, tra cui quella di Jean Paul Sartre, per denunciare gli orrori di una democrazia europea, voci che trovano il muro della censura, negli anni più bui della Francia del dopoguerra.
Oggi, passi in avanti sono stati fatti in Francia nella ricerca della verità storica degli eventi. In primis con il riconoscimento della parola “guerra” per quelli che prima venivano chiamati “fatti d’Algeria”. Poi con la riapertura degli archivi sulle inchieste giudiziarie di quegli anni, nonché sul mea culpa del governo sulla questione della tortura, e in particolare sul caso Audin – un giovane comunista francese, insegnante di matematica in Algeria, torturato e ucciso per le sue credenze politiche. L’ultimo passo in questo senso è il rapporto commissionato dallo stesso Macron allo storico Benjamin Stora sulla questione memoriale franco-algerina.
Nonostante ciò, non sono mancati attriti politici tra le due Nazioni quando il capo del governo algerino Tebboune ha richiamato i suoi ambasciatori in terra di Francia per le proposizioni di Macron, che con queste parole – “Esisteva una nazione algerina prima della colonizzazione francese? “e “La nazione algerina post 1962 è stata costruita sulla rendita memoriale: all’origine di ogni problema ci sarebbe la Francia” – ha posto l’accento, sicuramente con poco garbo e con modi non consoni a un presidente della repubblica, su questioni storiche semplificate e imprecise.
Per approfondire: Crisi Francia-Algeria: storia di una retorica problematica (un articolo di Ghea Felici di Sistema Critico).
La dittatura della memoria, il FLN
Posto che, per rispondere alla prima domanda di Macron, sì, esisteva una nazione algerina prima dell’arrivo dei francesi, nella misura in cui esisteva un popolo, quello algerino, forte delle sue tradizioni e del suo senso di appartenenza anche dopo quasi un secolo di occupazione; la guerra d’Algeria, è vero, non è affatto raccontata nella sua completezza anche in territorio nord-africano.
Il motivo di tutto ciò sta nella classe dirigente della Nazione che, ancora figlia della nomenklatura del Fronte di Liberazione Nazionale, di quelli che la guerra l’hanno fatta, non è disposta a lasciare le redini dello Stato. In questo non ha tutti i torti Macron a dire che la Francia è stata additata come il principale problema dell’Algeria dopo la liberazione e tutto ciò è stato usato, in più di un contesto, come principale motivo di sostentamento della classe politica vigente.
Quindi, se è vero che molto lavoro c’è da fare in Francia nella ricerca storica di questo evento, tutto è da fare in Algeria. Qui, come si può capire, il contesto è tremendamente più difficile perché si andrebbe a trattare un materiale ideologicamente compromettente e soprattutto fondante della nazione stessa.
I risvolti del racconto algerino: il popolo
Nel contesto della primavera araba del 2011, anche il popolo algerino, al fianco degli Stati del Maghreb, si è mobilitato per far crollare il potere dittatoriale. Le ultime pagine di questa storia sono le più belle perché raccontano manifestazioni pacifiche di piazza nella città bianca di Algeri e non solo.
Dal 2011 ad oggi, però, un’altra disillusione colpisce gli algerini, ovvero le ennesime votazioni non pulite con scrutini che hanno portato al potere l’attuale presidente Tebboune, ancora una volta un fedelissimo del FLN.
I ragazzi del 2011, però, non hanno smesso di scendere in piazza e, anche in tempi di Covid-19, con una nazione piegata dalla pandemia, invocano la libertà, urlano a favore della democrazia: l’Algeria del popolo, quella sì, è pronta al cambiamento.
Alessandro Bitondo
(In copertina ispionline.it)
Hot Topic! è una rubrica curata da Alessandro Bitondo, Camilla Galeri, Jon Mucogllava e Alessandro Sorrenti.