Cronaca

Criminalità organizzata, migrazione e prostituzione – Un legame nascosto o evidente?

Prostituzione

In genere, quando si parla di crimine organizzato e migrazione, la connessione nascosta e allo stesso tempo indissolubile tra i due è nota ma complessa da affrontare. Qual è il legame tra il fenomeno della migrazione e la criminalità organizzata? Quali sono le origini? E, soprattutto, che ruolo gioca la prostituzione?


Dalla migrazione alla prostituzione

Per il crimine organizzato l’immigrazione è una delle fonti di guadagno più redditizie, perché assicura un business persistente, fiorente e stabile, che coinvolge vari elementi ed attori. Poiché l’immigrazione verso l’Europa – e nello specifico verso l’Italia – è costante e non sembra destinata a diminuire in un futuro prossimo, la mafia è estremamente presente nella sua organizzazione e gestione.

Risulta facile, infatti, al crimine organizzato, instaurare connessioni e relazioni commerciali con le comunità del Nord Africa, da cui arriva la maggior parte degli immigrati, e questo perché la sua natura capillare le permette di avere il controllo su aree del mondo molto vaste e tra loro lontane. Questo le consente di giocare un ruolo fondamentale nell’immenso business del traffico umano.

Le Cerimonie Juju: in Nigeria

Nel campo dell’immigrazione lo sfruttamento della prostituzione è probabilmente una delle fonti più redditizie e allo stesso tempo difficili da controllare e limitare. Il Paese da cui proviene la maggior parte delle ragazze sfruttate in Italia è la Nigeria. È qui che, nell’ambito del flusso migratorio legato alla prostituzione, svolge un ruolo estremamente importante la cerimonia del Juju, con protagoniste le ragazze nigeriane tra i 12 e i 17 anni degli Stati di Edo e del Delta, appartenenti alla religione Juju.

Tale cerimonia, guidata dai sacerdoti delle città – che collaborano con i trafficanti attivi nella regione e con le “madame” (donne del posto che sono state a loro volta prostitute), – ha come obiettivo ottenere la totale fedeltà e il pieno supporto delle ragazze coinvolte, facendo leva sul potere della superstizione e della religione all’interno della comunità

La paura instillata nelle ragazze durante il rituale (paura che i morti le inseguano e uccidano, o le portino alla pazzia se mai tentassero di sfuggire ai loro protettori o si rifiutassero di pagare un possibile debito) le rende prigioniere dei trafficanti e delle madame. È in questo modo che tali ragazze entrano, a volte addirittura consenzienti e con la complicità delle famiglie, nel mondo della prostituzione europea.

Dalla Nigeria all’Italia

Una volta sotto la protezione dei trafficanti, che promettono loro un futuro migliore e un lavoro in quella che viene loro presentata come una “terra promessa“, queste ragazze hanno poche possibilità di migliorare la loro condizione o di riconquistare la libertà perduta.

Il viaggio verso questa terra sconosciuta è estenuante e spesso mortale, e culmina con la scoperta dell’impossibilità di tornare alla città natale o di chiedere aiuto. La maggior parte di loro si rende conto dell’inganno solo una volta arrivata in Italia o in qualche altro paese europeo: la terra promessa e le opportunità di successo si rivelano inesistenti, e la dura realtà che queste ragazze si trovano ad affrontare è di essere sole in un paese sconosciuto e spesso inospitale

Senza documenti né conoscenza della lingua locale, e con un debito nei confronti dei trafficanti di circa 30.000 euro, sono costrette a lavorare per i loro futuri “protettori”, coloro che hanno pagato il viaggio, e al contempo vedono il debito aumentare con il passare il tempo a causa del cibo e dell’alloggio che viene loro fornito dai trafficanti. Senza soldi né supporto della famiglia, e senza reali opportunità di risparmiare ciò che guadagnano attraverso la prostituzione, sono consapevoli che a causa della loro condizione di immigrate illegali non possono contare su aiuti esterni o sulla giustizia, e restano così imprigionate in questa situazione, complice anche la cerimonia Juju, che rende impensabile denunciare i propri protettori. 

In molti casi si trovano a passare da una situazione di libertà e fiducia verso un futuro migliore a una situazione di dipendenza e mancanza di libertà, a vivere per anni in edifici spesso di proprietà di associazioni criminali, senza possibilità di cambiare o migliorare la loro situazione.

Associazioni volontarie in Emilia-Romagna

Sono numerose le organizzazioni volontarie che hanno come obiettivo quello di prendersi cura delle donne vittime della prostituzione, in ogni regione e zona d’Italia. In Emilia-Romagna nello specifico il Gruppo C’EIS si impegna ad offrire aiuto alle ragazze vittime di violenze fisiche e psicologiche dovute allo sfruttamento a scopo sessuale. Questa associazione agisce tramite “l’unità di strada”, un pulmino che di notte si reca dalle ragazze che necessitano di sostegno, ma anche tramite la messa a disposizione di appartamenti dove potersi emancipare dai loro sfruttatori. In questo modo hanno una concreta possibilità di ricominciare la propria vita in modo differente. 

Altre organizzazioni sul territorio di Bologna sono l’Associazione Papa Giovanni XXIII, con oltre venti unità di strada in tutta Italia (ascolto e accoglienza in strutture alle donne vittime di tratta) e Albero di Cirene, tramite il progetto Non sei Sola. 

Il Comune di Bologna inoltre promuove numerosi progetti gestiti da associazioni volontarie, tra i quali Progetto Oltre la strada, gestito da Associazione comunità Papa Giovanni XXIII, Associazione casa delle donne per non subire violenza e Associazione Mondodonna. La Cooperativa sociale Società dolce segue invece un progetto che si dedica allo sfruttamento e alla tratta di minori, mentre il Progetto Via Luna ha come obiettivo la riduzione di danni causati dalla prostituzione di strada come rischi di salute e sicurezza. Si occupano di gestire questo progetto l’Associazione ViaLibera onlus e l’Associazione Mit. Quest’ultima cura anche il Progetto Prostituzione invisibile, che studia il fenomeno della prostituzione al chiuso

Organizzazioni non profit e legge

Un elemento interessante da focalizzare nell’ambito del supporto alle vittime di prostituzione, nonostante l’esistenza di progetti finanziati da alcuni Comuni italiani, è il fatto che spesso le organizzazioni non profit sianosono gestite da volontari, e non da autorità, dallo Stato o dallle forze di polizia. 

In Italia negli anni sono state redatte numerose normative con l’obiettivo di proteggere le vittime di sfruttamento e tratta e di integrarle nella comunità, che sono contenute nel “Testo unico sull’immigrazione” (articolo 18 sulla Protezione sociale di persone sfruttate), nella Legge 228/2003, riguardo le “Misure contro la tratta di persone” , nella Legge Regionale 5/2004, dal nome “Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati”, ed infine nella Direttiva europea 2011/36, sulla “Prevenzione e repressione della tratta di esseri umani e  protezione delle vittime”.

Nonostante ciò, il fenomeno della prostituzione è ancora da considerarsi irrisolto. Un problema nella gestione di immigrazione e prostituzione a livello di legislazione in Francia invece è rappresentato dal fatto che il sistema francese permetta alle donne immigrate di fare richiesta di cittadinanza solo se possono dimostrare di non aver fatto parte della rete della prostituzione – cosa che, anche se vera, risulta estremamente difficile da dimostrare. Per questo motivo alcune associazioni aiutano le donne in tale processo, testimoniando a loro favore, al momento della richiesta dei documenti. Nonostante ciò, tali organizzazioni sono rare e difficili da trovare, e questo tipo di soluzione non può essere applicata a tutti i casi di donne che ne avrebbero bisogno: questo dimostra quanto sia necessario un cambiamento nell’ambito delle politiche migratorie.

Il ruolo della criminalità organizzata

Il ruolo delle organizzazioni criminali, e nello specifico dalla mafia, nel campo dell’immigrazione è difficile da determinare, dato che sono molteplici i modi con i quali traggono profitto da questo fenomeno: dalla già menzionata prostituzione, allo spaccio di droga, allo sfruttamento della manodopera

Inoltre, gli immigrati non hanno motivo né incentivo a denunciare: se lo facessero, perderebbero la protezione fornita loro dai trafficanti o protettori, e allo stesso tempo lo Stato non fornirebbe loro alcun aiuto o sostegno. Infatti, a causa della loro condizione di immigrati illegali, e avendo collaborato con la mafia in affari illeciti, probabilmente riceverebbero la condanna e l’espulsione dal Paese. 

Un altro fattore che rende estremamente difficile per le ragazze uscire dalla rete della prostituzione e denunciare i protettori è infatti il senso di gratitudine che provano nei loro confronti. La consapevolezza che i protettori rappresentano la loro unica possibilità di sicurezza e stabilità, unita al fatto che, se si rivolgessero alle autorità, queste invece di andare in loro soccorso peggiorerebbero la loro condizione, le induce a contribuire al circolo vizioso di sottomissione e rassegnazione.

UE: una possibile soluzione?

La fluidità della migrazione è un elemento che rende difficile individuare la presenza della mafia sul territorio: soprattutto alla frontiera infatti, gli immigrati si spostano improvvisamente e spesso senza un tragitto predefinito, e persone che si trovano un giorno in un determinato luogo potrebbero essere, il giorno successivo, a centinaia di chilometri di distanza, complicando il processo di investigazione sulla modalità e sulle zone di azione della criminalità organizzata. 

Il problema relativo alla migrazione non dipende infatti dagli immigrati stessi – non è un loro desiderio o aspirazione diventare spacciatori di droga o entrare nella rete della prostituzione, ma è di natura più profonda e strutturale, e risiede nel sistema dell’Unione Europea e degli Stati membri, che gestiscono in modo inefficace e fallimentare la crisi relativa all’immigrazione. 

Se le nazioni decidessero di collaborare per trovare una soluzione comune, condivisa ed efficiente, sarebbe possibile iniziare a migliorare la situazione di crisi dell’immigrazione in Europa e situazioni estreme come quella delle ragazze rese prostituite dai trafficanti diventerebbero più rare. Attraverso la cooperazione, una soluzione potrebbe essere possibile.

Greta Murgia

(In copertina possibile.com)

Ti potrebbero interessare
Cronaca

Giustizia per l’eco guardiano di Sea Shepherd: Paul Watson è libero

CronacaPolitica

Gisèle Pelicot: “condividiamo la stessa lotta”

CronacaPolitica

Francia: cercasi governo – La Quinta repubblica non funziona più

CronacaPolitica

Ancora Acca Larenzia 2025: l’ennesimo ‘tana libera tutti’ per i gruppi neofascisti?