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A cosa serve il complottismo

Complottismo


Caccia al complottista

Quando i politici più influenti e i grandi giornali parlano ossessivamente di un tema, vuol dire che parlarne torna utile a qualcuno. Se basta questa semplice constatazione a farvi sentire puzza di complottismo, è molto probabile che siate tra i partecipanti della caccia al complottista, una particolare forma di caccia alle streghe tipica dell’ultimo decennio. Come per ogni caccia alle streghe della storia, il suo scopo è quello di assolvere i governanti da ogni accusa per concentrare l’attenzione del popolo su un capro espiatorio: in questo caso gli indifendibili complottisti. Ma andiamo con ordine.

Non tutti se lo ricordano, eppure negli anni d’oro di Renzi c’era già un virologo discretamente famoso e che poteva anche vantare legami con la politica. Fieramente classista, elitario e assertore della superiorità occidentale sul resto del mondo, Roberto Burioni non poteva non trovare sponda nell’allora segretario del PD, che giunse perfino a offrirgli una candidatura (rifiutata) nel suo “partito della scienza“. Prima di lui, altri due volti noti di questi mesi avevano tentato senza grandi successi l’avventura politica: Ilaria Capua e Walter Ricciardi, entrambi con il tecnocrate Mario Monti.

Scienza e politica: due mondi separati

Contro ogni aspettativa, una risposta a questo fenomeno giunse, nel 2018, proprio da un candidato alla segreteria del PD: “Abbiamo umiliato l’elettorato, come un Burioni qualsiasi che si diverte e bulleggiare chi invece ha semplicemente espresso un dubbio. Abbiamo elevato a scienza assoluta quelle che sono scelte politiche, di solito di destra”. La bestemmia in chiesa del giovane e coraggioso Dario Corallo ha l’importante merito di sottolineare l’incompatibilità (peraltro già riscontrata da Platone) tra il discorso politico e quello scientifico.

Semplificando al massimo possiamo dire che politica è parzialità allo stato puro, è un conflitto continuo tra interessi e visioni contrapposte. La scienza, invece, prevede sì un confronto, ma su basi di partenza comuni e solo finché non si raggiunge la soluzione, la verità. Di conseguenza, mentre l’applicazione del discorso politico alla scienza degenera nel complottismo, facendo l’opposto si genera un altro mostro ugualmente pericoloso, la tecnocrazia.

Con la cosiddetta fine delle ideologie, cioé la convergenza delle forze politiche su una sola ideologia, si è cercato a lungo un terreno in cui tenere in piedi, almeno all’apparenza, lo scontro politico ormai tramutato in scontro per le poltrone (il potere si stava trasferendo altrove). Per circa vent’anni il giudizio sulla persona di Silvio Berlusconi è stato il principale discrimine tra le due coalizioni. Poi, quando ciò non è più stato possibile, ci si è spostati sulla tecnica, ovvero, come disse bene Corallo, l’elevazione a scienza assoluta di scelte politiche solitamente di destra.

Infine, complice la tragica impreparazione di alcuni dei 5 Stelle (diventati intanto la minaccia numero uno), anche gli scienziati sono scesi in campo. Donde la retorica della competenza e i paragoni sconclusionati tra il politico e il chirurgo o tra il bilancio dello Stato e quello familiare.

L’indagine del Censis

Ma è solo con l’avvento del Covid che la degenerazione tecnocratica della politica italiana ha raggiunto lo stadio attuale. Mentre un governo per cui nessuno avrebbe mai votato realizza le sue controriforme senza alcuna opposizione, i media ridicolizzano le bufale dell’esigua minoranza complottista. I politici, così, hanno gioco facile nel far passare il messaggio che i novax e i critici del sistema economico-sociale in cui viviamo sono in realtà la stessa cosa.

Un esempio di ciò è il clamore suscitato dall’ultima indagine statistica del Censis, in particolare la pagina dedicata al cospirazionismo. Sotto la sezione Gli italiani e l’irrazionale sono raggruppate affermazioni molto differenti, con l’ovvio intento di metterle tutte sullo stesso piano. “Il vero potere in Italia è concentrato nelle mani di un gruppo di potenti [sic]: alti burocrati, politici e uomini d’affari” (vero per il 67%). Tautologia a parte, se anche non la ritenessimo una semplice constatazione dell’ovvio, si tratterebbe comunque di una legittima opinione politica. “Le grandi multinazionali sono responsabili di ciò che ci accade” (64%). Di nuovo, la scelta delle parole non è delle migliori ma il complotto dove sta?

Dove sta il complottismo

Il complotto sta alla fine: “il 5G serve a controllare le persone” (20%), “l’uomo non è mai sbarcato sulla luna” (10%) e “la terra è piatta” (5,8%). Numeri, questi ultimi, parecchio opinabili ma perfetti per i giornali e soprattutto per far presa sui giovani, più istruiti ma anche più manipolabili.

In conclusione, i complottisti dovrebbero rendersi conto di essere i maggiori alleati di coloro che istintivamente riconoscono come nemici. Anche noi però, se non ricominciamo a pensare, rischiamo di diventare una generazione di soldatini del potere. Sempre pronti a discutere di tutto tranne che delle questioni fondamentali della nostra epoca. Chi sarebbero allora i creduloni?

Federico Speme

(In copertina Damien Checoury da Unsplash)


A cosa serve il complottismo è il nono articolo di Caffè Scorretto, una rubrica di Federico Speme.

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