CinemaPersonale

Quello che mi ha insegnato “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare

Strappare lungo i bordi 6

Strappare lungo i bordi” è la nuova serie TV Netflix firmata da Zerocalcare. Federica Marullo ci racconta la sua esperienza personale con questa serie.


Quando si tratta di serie TV, sono quasi sempre la persona più lenta del mondo. Per fare un esempio, non ho ancora visto quel fenomeno mediatico farcito di critiche che è Squid Game. Le serie, se mi piacciono, voglio assaporarle, guardarle tanto lentamente da stabilire un rapporto quasi platonico con i personaggi. E spesso sono anche una di quelle persone che rimanda continuamente la visione dei finali, perché non ha mai fatto pace con l’idea che le storie debbano, prima o poi, finire. D’altra parte, quando una serie proprio non la sopporto, non riesco fisicamente a costringermi a premere il tasto play. Così il mio account Netflix è un cimitero di primi episodi, buttati lì in compagnia di finali di serie che non ho ancora avuto il coraggio di aprire.

Questa volta, però, è andata diversamente: ho combattuto la mia lentezza e, non appena mi è arrivata la notifica da Netflix che annunciava l’uscita della serie, non ho esitato un attimo a immergermi nella visione.

Prime impressioni

La prima cosa che mi ha davvero colpito di Strappare lungo i bordi è che dal primo momento cerca di insegnarti una lezione, senza che tu possa capire quale sia fino all’ultimo episodio. Il concetto che sta alla base della storia si intuisce subito: stiamo facendo un viaggio nella mente e nei ricordi di Zero, da troppo tempo in balia dell’autocommiserazione e di circoli viziosi paranoici.

Zero è un ragazzo come me e come te, con pochi amici (ma buoni) che lo sostengono sin dall’infanzia. Anche le personalità dei due amici di Zero sono veramente d’impatto: sono gli estremi di uno spettro in cui il protagonista si trova proprio al centro, allo zero; da una parte c’è Sara, l’amica ottimista, fiduciosa verso la vita e intelligente, in grado di riportare tutti alla realtà; dall’altra Secco, a mani basse il mio personaggio preferito: non sa nemmeno dove si trovi, è menefreghista come pochi, ma insegna allo spettatore, nonché al protagonista, la più grande lezione di sempre:

A questo mondo, forse dovremmo essere tutti quanti un po’ più come Secco.

Un po’ di leggerezza

Strappare lungo i bordi è a parer mio la metafora perfetta per definire ognuno di noi, specialmente chi non ha ben chiaro cosa fare della propria vita, all’interno della società di oggi: abbiamo sì una linea tratteggiata da seguire, qualcosa a cui aggrapparci; ma, come succede con i cracker, lo Scottex e la carta igienica, alla fine strappiamo un po’ come capita.

In un certo senso, è anche particolarmente confortante sapere che nessuno abbia idea di come fare a seguire in maniera pedissequa la strada che ha di fronte. Sin da piccolo, Zero ha sempre sofferto un peso immenso sopra alle spalle: la consapevolezza che ogni sua piccola azione, movimento o frase possa sconvolgere da qualche altra parte del mondo la vita di qualcuno – il cosiddetto “effetto farfalla“.

Per fortuna c’è Sara a fargli capire che in realtà siamo tutti fili d’erba in un gigantesco prato, un numero qualsiasi in un’infinità di numeri; pensiero che per un momento pone fine alle incertezze del giovane protagonista e gli fa provare un immediato senso di leggerezza.

Le critiche

Veniamo alla parte più criticata della serie: la scelta stilistica di articolare tutta la storia in dialetto romanesco. Personalmente ritengo che, in quanto scelta stilistica, di qualunque cosa si tratti, questa vada per forza accettata: sono i dettagli e i particolari a dare vita alla visione di chi ha creato la storia.

La cosa che fa sicuramente più ridere è come la maggior parte delle critiche su questo aspetto provengano dalla fascia di età di chi vive guardando cinepanettoni, dove il dialetto romano il più delle volte è presente – e non di certo per precise scelte mimetiche. A parer mio, la scelta del romano rende il monologo interiore del protagonista più “vero” e scorrevole e, da non romana, posso dire di aver compreso ogni singola parola.

Anzi, mi sento di gioire per un prodotto che sprizza italianità da tutti i pori, innovativo e che non cade nella banalità. Un elemento che il più delle volte viene dato per scontato ma che tengo a ribadire è che l’intera serie intrattiene, anche parecchio: trascina in un intreccio di trama generale, flashback, ricordi, pensieri e divagazioni in cui tutto converge senza pietà – e senza che tu te lo possa aspettare – verso il finale.

Verso il finale…

Ecco, con gli ultimi due episodi le cose cominciano a farsi più complicate: la narrazione caotica sembra rallentare e il tempo si dilata, quando l’allegra combriccola arriva nella modesta cittadina di Biella. I tre amici soggiornano nella casa di Alice, personaggio che spunta numerose volte nella serie e con cui, si capisce sin da subito, Zero ha un’amicizia fuori dal normale.

Alice rappresenta la persona giusta perennemente nel momento sbagliato, un chiodo fisso, un punto fermo a cui fare sempre ritorno: una persona che in passato si ha amato, ma con cui alla fine non c’è mai stato nulla di concreto. Magari per colpa del destino; o forse non c’è mai stato il momento giusto. Cosa succede se un punto fermo manca? Tutte le certezze crollano. E chi resta si rende finalmente conto di quante occasioni ha perduto a causa della timidezza, della mancanza di tempo, della paura di vedere la propria vita cambiare sotto il proprio naso. E fa male.

Siamo (soltanto) fili d’erba

Fa male. È esattamente così che si sente Zero al funerale di Alice.

Mi sembra inutile aggiungere che, arrivata a quel punto dell’ultima puntata, avevo abbondantemente superato il limite massimo di lacrime giornaliere. Zero, dopo aver finalmente capito che sì, lei lo amava e lui amava lei, è in preda all’angoscia più totale: teme di aver sbagliato tutto nella vita, di aver involontariamente spinto una persona così cara a compiere un gesto così drammatico, finché… “Oh ma la smetti?”

Non c’è niente di meglio di un amico che, con poche parole sincere, ti riporta alla realtà: niente più narrazione interna, il tempo sembra ricominciare a girare nel verso giusto.

Non è che potevi determinà se viveva o moriva! È stata ‘na scelta sua, gliela vuoi lascià almeno quella? Semo fili d’erba, ricordi?

Sara, in una scena di Strappare lungo i bordi

Federica Marullo

(In copertina e nell’articolo immagini tratte dalla serie Strappare lungo i bordi, disponibile su Netflix)


Per approfondire: Strappare lungo i bordi (un articolo di Alessandro Leo) e Guida a Zerocalcare scritta da una fan (gelosa) (un articolo di Maddalena Ansaloni).


Ti potrebbero interessare
Cinema

“Parthenope” e il mito classico: Eco e Narciso nel film di Sorrentino

Cinema

“The Substance” e la linea sottile fra bellezza e orrore

PersonaleViaggi

On the Road – Esplorare la Provenza in dieci giorni

Cinema

“Berlinguer – La grande ambizione” – La storia del leader che rese possibile il sogno socialista