Caro Marco, stai tranquillo. Non me la prendo.
Come potrei? So stare agli scherzi.
Tra l’altro la Fiorentina aveva perso e capisco che non ci siano molti modi di sfogare la propria rabbia, a voi che credete di avere la furia giustificata di minotauri quando succede qualche “tragedia”, e so che pensate anche di avere quello charme da virile e dannato alla Alain Delon. In due secondi ti sarà venuto in mente di farlo (pensando che tanto la giornata dell’eliminazione della violenza contro le donne è roba vecchia, di circa quattro giorni fa) e in due secondi lo avrai dimenticato andando avanti. Nemmeno ti sei voltato a guardare il mio sguardo spiazzato e imbarazzato, perché probabilmente è stata una cosa così da poco che avrai pensato: “Figurati se si arrabbia”. Se hai pensato qualcosa.
Ma che sciocca che sono stata a imbarazzarmi. Non era nulla, un gesto innocente che, tra l’altro, ti ha rovinato la vita ora che se ne parla come hai detto tu, no? Lascia che ti aiuti a superare questo momento di sconforto: passerà. Lo dico perché so come funzionano queste cose. Tra pochi giorni non se ne parlerà più e tu potrai pure far finta di aver imparato qualcosa da questa storiella del cavolo che non sia quanto faccia male che la gente si appropri di qualcosa che è tuo, come il tuo modo di prendere la sconfitta della tua squadra o un banalissimo sedere, e che ti giudichi in base a quello.
Posso solo immaginare come ti senta tu ora, incompreso e solo. Ora che molte persone sanno cosa ti è successo e ora che, soprattutto, per un po’ di tempo dovrai guardarti le partite da lontano, e non allo stadio con i tuoi amici (d’altronde, se l’esito della partita è stato quello, lo spicchio superstizioso della Fiorentina potrebbe pure non strapparsi i capelli dalla disperazione per le tue prossime assenze alle partite).
Ma stai tranquillo, tutto questo finirà. So che finirà, perché è dall’era dei tempi che la minuscola parte di persone che a voi dà tanto fastidio perché vi crea scocciature come questa ha un problema così. Senza consenso veniamo toccate, veniamo penetrate, veniamo sfottute – sì, questo termine rende l’idea – e veniamo anche rincuorate. Per due o tre giorni. Poi tutto torna come prima.
Mi dispiace davvero per te, però, dico sul serio. Perché so che anche tu, come tra l’altro hai detto, hai una figlia. Posso solo immaginare quanto ti dia fastidio pensare che venga fatta una cosa del genere a lei, nonostante esistano tante persone brave e di buon cuore (una cosa che questa faccenda non ci ha permesso di vedere) come te.
Una cosa non mi torna però. Cosa significa giustificarsi dicendo che hai una figlia anche tu, come se fossi stato nell’arena degli Hunger Games e avessi fatto vedere a Katniss il tuo bracciale d’oro per sancire un’alleanza inaspettata? Cosa vuoi che ti dica? Oh, cavolo, per fortuna hai una figlia! Allora la tua era solo una pacca amichevole, rappresentava una stretta di mano, un abbraccio, una richiesta di spostarsi dalla strada che stavi percorrendo o un commento en passant sulla partita?
Hai una figlia, complimenti. Non sono qui per chiederti – perché proprio non mi interessa – cosa penseresti se lo facessero a lei, perché frasi giuste ma usate tanto perdono la loro importanza in questa società. Ma forse vorrei sapere quale pensi sia la lezione che lei ricaverà da tutto questo. “Cavolo, stanno prendendo di mira mio papà solo per uno schiaffo sul sedere di una sconosciuta”. È questo quello che le insegnerai?
O le insegnerai che uno schiaffo sul sedere dato da un ragazzo che ride con altri è una cosa da niente?
Insegnamenti a parte (perché è chiaro che, nonostante il trambusto di questi giorni, nessuno ha imparato nulla di nuovo e nessuno imparerà mai niente fino a che quello violato non sarà lui stesso) state tranquilli tutti.
Non è stata una cosa importante, perché se lo fosse stata, qualcuna tra le mille persone presenti alla diretta quel giorno sarebbe intervenuta. Qualcuno mi avrebbe difesa. Qualcuno avrebbe detto qualcosa. Qualcuno sarebbe rimasto spiazzato, in piazza. Non me la sono presa, come mi hanno saggiamente consigliato. Pensate un po’ se non avessi senso dell’umorismo.
Elettra Dòmini
(In copertina Greta Beccaglia da imgpress.it)
Stai tranquillo, non me la prendo – Il caso Beccaglia è un articolo di Voci, una rubrica a cura di Elettra Dòmini.
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