L’ultima fatica di Marracash, Noi loro gli Altri, ci presenta una versione molto più introspettiva dell’artista rispetto al suo precedente lavoro Persona, a discapito di non essere stato definito “il suo disco più personale”. Purtroppo, molti problemi di Persona li ritroviamo anche in questo nuovo lavoro, forse in maniera più accentuata.
Un fulmine a ciel sereno
L‘annuncio del disco ha sorpreso un po’ tutti. L’artista aveva già lasciato intendere che sarebbe uscito quest’anno il seguito di Persona del 2019, ma la campagna di marketing che ne ha anticipato l’effettiva uscita è stata scarsa, anticipata unicamente dal volume speciale dedicato a Marracash di Rolling Stone Italia. Il 17 novembre 2021, Il rapper ha pubblicato la copertina del disco, la tracklist e la data di uscita programmata per il giorno successivo. Una cosa simile l’aveva fatta Fabri Fibra per la promozione del disco Squallor del 2015.
Il concept
Il disco, definito dall’artista un “Concept Album” come il suo predecessore “Persona”, ha alla base l’idea della divisione sociale. Le tre copertine, una per ogni diversa versione del disco, hanno lo scopo di identificare il gruppo di appartenenza di ogni individuo.
Noi, ovvero la famiglia anche in un senso più allargato. I nostri affetti personali, le persone che ci sono più vicine. Figurano tra gli altri, oltre la famiglia di Marracash, l’ex fidanzata Elodie e la manager Paola Zukar; Loro, nel caso dell’artista i collaboratori, l’etichetta discografica Universal (qui rappresentata nel momento del rinnovo di contratto con l’artista); Gli altri, ovvero la massa, coloro che non sono definibili poiché parte di un sistema troppo allargato per avere un etichetta.
I fan, gli hater e gli individui fuori dal target di ascolto dell’artista. Il rapper si incarica di parlare di ogni gruppo sociale, giungendo alla conclusione che ogni essere umano fa parte spesso di tutti e tre i gruppi contemporaneamente, in un modo o nell’altro.
Le tracce
il disco è composto da 14 tracce, ed è interamente prodotto da Marz e Zef, storici collaboratori dell’artista. All’interno troviamo numerosi campioni di brani celebri del mondo Pop, Rap, House e persino dell’Opera. Sono presenti 3 featuring: l’amico e co-autore con Marra del disco “Santeria“, Guè; la giovane promessa Blanco e uno dei fondatori dell’ITPOP/Indie italiano, Calcutta. Analizziamo i singoli brani nel dettaglio:
1. Loro
Il disco comincia con un esercizio di stile in cui vengono tratteggiate le tematiche del disco. Il flow utilizzato da Marra funziona, scorre e non presenta troppe complicazioni a livello ritmico. La produzione di Marz e Zef, forse una delle meno ispirate del disco, presenta poche variazioni al suo interno ed è minimale. Funzionano molto bene però i cori di sottofondo che richiamano i Carmina Burana di Orff, penso alla celebre O Fortuna.
A livello di barre Marracash scade spesso in citazioni facilone alla cultura pop nostrana di recentissimo periodo. Vi sono riferimenti al recente fatto di cronaca dell’aggressione di Francesco Facchinetti (celebre dj e produttore discografico Italiano) da parte del pugile Ewan Mcregor; oppure alla serie coreana di Netflix dall’enorme successo Squid Game. Insomma, cadute di stile che da parte di una penna del calibro di Marra non ci si aspetterebbe.
2. Pagliaccio
Il brano si apre con un campionamento dell’aria lirica Vesti la giubba eseguita da Mario Del Monaco, tratta dalla celebre opera I pagliacci di Leoncavallo. Il sample appare poco contestualizzato all’interno della produzione, soprattutto nella prima parte del pezzo. Marracash utilizza nuovamente un flow abbastanza orecchiabile e spedito, rappando su un beat dagli 808 corposi e da kick funzionali alla produzione e ben amalgamati con il resto.
Marra conduce un’aspra critica sociale nei confronti dei voltagabbana e dei benpensanti, definiti dall’artista Pagliacci appunto. la traccia però scade ripetutamente nel qualunquismo e nella critica sterile, confermando ironicamente la presa di posizione del rapper, ovvero lui stesso è sia “noi” che “gli altri”, cioè la massa superficiale e prevenuta.
Menzioni disonorevoli: “non è una minaccia se alzo l’iphone so già chi sei”, subito dopo aver affermato che per conoscere determinati aspetti di una persona bisogna trattare certe tematiche con i guanti.
3. ∞ Love (Feat. Guè)
il brano presenta un sample di sax di Infinity di Guru Josh e vede la collaborazione di Guè. Sulla produzione non c’è molto altro da dire, i preset rimangono gli stessi che nel pezzo precedente sia per kick che per snare. Cambiano i bpm, la base ha un ritmo ben più sostenuto.
La linea melodica utilizzata da Marra nel ritornello è ottima. Purtroppo viene un po’ rovinata dal settaggio dei filtri vocali e dell’autotune che la rende molto senz’anima e la fa perdere di colore. Guè presenta un’ottima strofa, in una prestazione leggermente inferiore a “qualcosa in cui credere” e in generale anche Marra fa un discreto lavoro. Questo è un pezzo dall’anima puramente Hip Hop nel significato, che tratta il tema del rispetto, della fratellanza e dell’appartenenza alla strada.
4. Io
Uno dei pochi storytelling presenti all’interno del disco. Marracash, in una veste intimista, si racconta e racconta il suo rapporto con la verità e con l’importanza di affermare la propria l’identità. Troviamo un sample di Gli Angeli del Blasco, che accompagna il cantato di Marracash in una dimensione di riflessione e controllo. Grande problema del pezzo è il ritornello, che suona poco orecchiabile, con la ripetizione incessante della parola IO prolungata e che ricorda vagamente il ragliare di un asino.
5. Crazy love
Brano dall’impronta dance, una delle migliori produzioni dell’album da parte di Marz. Su questo tappeto sonoro accompagnato da questi vocalizzi effettati e distorti (eseguiti da Elodie e da Mahmood) alla ripresa del ritornello, ci regala una delle prestazioni vocali migliori di Marracash nel disco. Da questo punto di vista sembra lasciar promettere ulteriori miglioramenti. Evidente qui l’influenza di Mahmood; la produzione sembra prodotta da Dardust.
Il testo è puramente autobiografico, impossibile infatti non trovare riferimenti alla precedente relazione tra il rapper e la già citata Elodie, presente anche nel videoclip.
6. Cosplayer
Arriviamo a quella che reputo la traccia peggiore del disco e dove ciò che meno apprezzo dell’artista esce fuori in maniera predominante. Si critica tutto e si critica niente, Marra se la prende con i poser, con Fedez, con l’utilizzo dei termini f-word e n-word e di nuovo con Fedez. Se infatti la produzione tipicamente boom bap funziona, ed è discretamente calzante, il “Viviamo in una società” che permea l’intero pezzo, lascia una certa amarezza e un senso di vuoto poco descrivibili.
Evitabile inoltre la skit finale con “tu da che cosa ti vestirai oggi” riprendendo la solita retorica delle “perzone falze” presente nei peggiori gruppi Facebook. A livello puramente tecnico però, Marra fa una serie di incastri decisamente interessanti. Menzioni disonorevoli: il premio ignobel, l’idea che f-word e n-word, nonostante cerchino di conservare in sé un tentativo di non-discriminazione, risultino uguali alla parola originale e l’apparente critica al decreto ben poco chiara nel pezzo.
7. Dubbi
Dalla peggiore (parere personale), passiamo forse a una delle migliori tracce del disco, dove troviamo un ottimo storytelling sull’incertezza verso il futuro, sulla paura di affermarsi, sul sentirsi vuoti e privi di senso. Il ritornello martellante con la ripetizione sistematica della parola Dubbi, funziona perfettamente all’interno di un pezzo rappato bene e scritto meglio. Produzione forse un po’ spoglia, mentre a livello puramente sonoro non incredibile il bridge finale, dove Marracash dimostra nuovamente i suoi limiti a livello di cantato.
8. Laurea ad Honorem (Feat. Calcutta)
Il pezzo più pop del disco. Su una produzione tipicamente ItPop, Marra porta un cantato buono, il cui problema principale è più che altro la melodia poco interessante e un po’ ripetitiva. Calcutta si fonde bene nella traccia, essendo di fatto un pezzo perfetto per lui a livello di sonorità, con un ritornello divertente e abbastanza coinvolgente.
La traccia non è niente di eccezionale, però discretamente orecchiabile. Il testo racconta la dura condizione dell’artista e dei ragazzi di periferia che sono stati costretti a faticare il doppio della norma per ottenere un minimo risultato. A loro, ci sentiamo di conferire una Laurea ad Honorem. Bellissimo messaggio.
9. Noi
Il secondo pezzo che preferisco nel disco. Altro ottimo storytelling in cui la visione di Marra si allarga ai propri affetti e oltre a descrivere sé stesso, ed episodi di vita quotidiana, guarda anche al punto di vista dei membri della sua famiglia, con uno sguardo di amore ma allo stesso tempo di “voglia di andare via” e “recidere le radici”. Mi ha ricordato molto Bastavano le briciole, in cui torna molto questo tema dell’esperienza famigliare.
Il ritornello è uno dei più riusciti del disco, con i vocal di Joan Thiele che si posano su questa produzione simil-ninna nanna con questo carillon dolce che viene rotto da dei kick aggressivi, quasi come un gesso su una lavagna, che rimarcano questa dualità tra la dolcezza della casa e il bisogno violento di scappare al più presto, per affermarsi.
10. Noi, Loro, gli Altri (skit)
Il Fibroga descrive in questo piccolo skit, il tema principale del disco, accompagnato da un sample di Maleducato di Dumbo gets Mad. Il conflitto tra le tre categorie, ma la sua stessa confusione è esplicitata bene in questo intermezzo. Fibra spiega in parole semplici e immediate, tipico della sua scrittura, il concept.
11. Gli Altri (giorni stupidi)
Il ritornello del brano è campionato dal pezzo Giorni Stupidi Di Rokas ed Edonico, ed è la parte migliore del brano, con questo timbro che ricorda vagamente i Pixies nella sguaiatezza e dall’effetto apparente di stonatura. Marra fa una prestazione mediocre, con un melodico strascicato e poco convincente sormontato dal solito autotune settato in maniera quasi robotica. Il pezzo però dimostra nuovamente il grande lavoro svolto sulla scelta dei campioni.
12. Nemesi (Feat. Blanco)
Il tema è la dualità interiore, riprendendo il celebre detto “noi siamo i peggiori nemici di noi stessi”. Il testo a livello lirico funziona, convincente anche la collaborazione di Blanco che però sembra essersi “adagiato sugli allori” dall’ultimo disco, ma che fa comunque il suo. Unico neo, lo scream finale di Marracash un po’ forzato e quasi eccessivo.
13. Dumbo gets Mad (skit)
Poco da dire su questo skit, dura poco ed è semplicemente un altro intervento del progetto di pop psichedelico di Luca Bergomi, Dumbo gets Mad. Lo avrei visto bene in un disco di Earl Sweatshirt.
14. Cliffhanger
Il disco si conclude con un esercizio di stile, in cui un Marracash in forma, rappa serrato concedendosi un po’ di autocelebrazione. Il finale lascia il rimpianto di non averla sentita come intro, forse molto più adatta, a meno con il titolo non si preluda ad un nuovo disco in breve tempo. Produzione che ricorda notevolmente Body Parts – i denti di Persona, con questi 808 molto imponenti su questo tappeto sonoro a base di archi.
Confronto con Persona e conclusioni
Nel suo ultimo disco, Marracash dimostra di aver lavorato molto sulla voce (uno dei problemi principali di Persona) e trovo il concept molto più curato e pertinente, rispetto invece al problema di coerenza dei pezzi e della presenza di filler poco calzanti con la tracklist. Nonostante infatti Persona sia stato definito il lavoro di incontro tra Marracash e Fabio, ho trovato molto più Fabio in questo disco: In pezzi come Dubbi, che raccontano veramente l’intimo del rapper, oppure in Noi e Loro.
Trovo però che l’eccessiva critica alla società, in maniera superficiale e generalista, abbia reso il lavoro molto meno digeribile. soprattutto dall’autore di capolavori “chiedi alla polvere”, dove veniva svolta una vera critica cruda e cosciente alla società in maniera mai banale e basata sull’esperienza. Viene da chiedersi come si è arrivati a questo. Inoltre, Persona aveva dalla sua pezzi molto più orecchiabili e memorabili a livello sonoro, come Appartengo o la già citata Qualcosa in cui credere.
In conclusione, Noi, Loro Gli Altri è un disco che lascia poco. E che invece di centrare il problema, vi gira intorno, senza mai veramente arrivare a un punto, come Marracash fosse diventato troppo affine con la massa che cerca di criticare. Questo modo di affrontare queste tematiche mi spaventa e trovo che questo tipo di superficialità e banalità possano fare solo del male, con il tempo.
Marco Moncheroni
(in copertina foto di Marracash)