Studiare da casa con videocamere e microfoni e mantenere i contatti con compagni e professori sarebbe sembrato impossibile fino a un anno e mezzo fa, quasi fantascientifico. Oggi, invece, questa è la realtà di molti studenti universitari; e alcuni di loro vorrebbero che diventasse la norma. Ne parliamo con Arianna Atzeni, di UNIDAD.
Nel contesto accademico esistono voci contro e pro DaD: una di queste è UNIDAD, movimento attualmente gestito da un direttivo di quattro persone. A comporlo sono la fondatrice Irene Lugano, Arianna Atzeni, Martina Castellano e Serena Salamé. Per capire il loro punto di vista, abbiamo fatto qualche domanda ad Arianna Atzeni.
Ciao Arianna, grazie per la tua disponibilità. Partiamo dall’inizio: come è nato UNIDAD?
UNIDAD nasce dall’idea di alcuni studenti dell’Università di Torino che già all’inizio della pandemia hanno colto il potenziale della didattica a distanza. Attualmente siamo un’organizzazione studentesca iscritta all’albo dell’Università di Torino, ma la nostra azione ormai si estende a livello nazionale attraverso molti referenti nei principali atenei.
Nonostante il nome richiami la didattica a distanza, quello che chiedete è in realtà la didattica integrata, giusto?
Noi siamo per il mantenimento della didattica a distanza anche a pandemia finita, ma come supporto alla didattica in presenza. Nessuno vuole abolire la didattica in presenza, che resterà sempre la modalità privilegiata; ma la DaD deve diventare un’opzione per chi non può frequentare.
Sara Bichicchi (articoli)
(In copertina Unsplash)
Per approfondire, leggi tutte le interviste della serie The school must go on, a cura di Clarice Agostini.