Giornali, televisione, social network. Ogni giorno siamo bombardati da informazioni e notizie, molte delle quali non riusciamo a comprendere pienamente. Se solo ci fosse qualcuno, un Professore più sapiente di noi, a cui rivolgere i nostri interrogativi e con cui condividere le nostre riflessioni.
Mercoledì 27 ottobre, sotto gli applausi di circa metà del Senato, hanno ucciso il DDL Zan, la proposta di legge contro l’omotransfobia e l’abilismo. Caro Prof, com’è possibile, in uno Stato democratico, gioire per la negazione dei diritti?
Una lunga strada
Giustamente, come sempre facciamo, occorre contestualizzare. Il DDL Zan, che prende il nome dal suo primo firmatario Alessandro Zan, era stato approvato in Camera il 4 novembre 2020. Il passaggio successivo prevedeva la discussione in Commissione di Giustizia, avvenuta dopo sei mesi di ostruzionismo più o meno giustificato e riconducibile al presidente di Commissione Andrea Ostellari (Lega).
Arrivato in Commissione, il DDL è stato appesantito da 170 audizioni che lo hanno sicuramente rallentato, ma, con l’avanzare dei lavori, la via per il voto sembrava ormai essere sgombra, nonostante una nota della Santa Sede che ne chiedeva il blocco alla Camera o la sostanziale modifica. Al travagliato percorso del disegno si sono aggiunti i circa mille emendamenti presentati a luglio che, insieme alla pausa estiva, l’hanno arenato.
A sorpresa, per i più innocenti, figuravano emendamenti anche da parte di Italia Viva, fino ad allora unita al centrosinistra per far passare il DDL così com’era. Esatto, ma com’era?
Massime discussioni sul genere
Caro Prof, noi ne abbiamo già parlato! Va bene, elenchiamo di nuovo per sicurezza i punti di maggiore importanza.
Il disegno di legge introduceva all’articolo 1 un tema, non estraneo al diritto italiano, inaccettabile per una frangia politica: il genere. Si voleva, sostanzialmente e con una parola, separare il genere di appartenenza dal sesso biologico, un concetto tanto semplice quanto disarmante. La nostra cara Destra ha impugnato velocemente l’accusa di voler introdurre la “Teoria Gender” senza mai spiegare cosa realmente fosse. Siamo ancora in attesa.
Negli articoli successivi si proponeva di inasprire le pene in caso di violenza non più riconducibili ai “futili motivi” ma all’odio, perché di questo si parla. Effettivamente se c’è una violenza – anche verbale, perché ce n’è molta – nei confronti di un omosessuale, transessuale o disabile, sicuramente non lo si fa per futili motivi ma con specifica cognizione di causa.
Molto interessante era la richiesta di monitorare queste violenze, per poter avere i numeri su cui definire il raggio del fenomeno ed intervenire di conseguenza. Una richiesta che ci viene fatta da molto tempo anche in ambito di femminicidio dalle forze politiche sovranazionali. Cose dell’altro mondo, vero? Provare a studiare un fenomeno per capire come intervenire, come ad esempio con questionari o ricerche.
Infine, uno dei temi più scottanti: la giornata contro l’omotransfobia e l’abilismo nelle scuole. Qui, Prof, mi conceda una piccola digressione, su un tema che certo non devo spiegarle io: c’è stato un errore di fondo, abbiamo sovrastimato l’universo scolastico. Abbiamo un sistema che non contempla l’educazione finanziaria, i principi di diritto, l’educazione civica, l’informatica e nemmeno una carriera lavorativa stabile per gli insegnanti. Era pura utopia educare i ragazzi anche al rispetto di tutti ed invitarli a gestire le proprie emozioni perché “l’odio è una brutta cosa”. Lei, Prof, lo sa bene.
La fine del Ddl Zan
Insomma, tra pausa estiva, settembre con i Decreti legge da convertire in legge, le amministrative di inizio ottobre e i ballottaggi, di DDL Zan non si più parlato. O meglio, qualcuno ci ha fatto molta campagna elettorale, perché a noi giovani, oltre all’ecologia, interessano i diritti civili e l’arcobaleno sta bene ovunque. Eh sì, Prof, un po’ ci hanno fregati.
La votazione al Senato per il DDL era stata fissata per mercoledì 27 ottobre. Con brevissimo anticipo, il PD, per racimolare qualche voto anche da Italia Viva che minacciava una già debole maggioranza, aveva avanzato la disponibilità di modificare il DDL. Dall’altra parte, il centrodestra rispondeva con la legittima proposta della tagliola, ovvero non discutere gli articoli e votare la proposta così com’era. Quello di mercoledì era un disastro annunciato.
Prof, diciamocelo: in questi mesi ci sono stati pochi tentativi di trovare un terreno comune su cui lavorare e il disegno di legge è stato usato come tiro a segno dalla Destra e come scudo dalla Sinistra, senza mai parlarne realmente. La proposta di passare direttamente al voto è stata accolta con il voto segreto: la condizione preferita dei franchi tiratori, ovvero coloro che votano in opposizione al proprio partito. Tra assenteismo e crisi di fede, il risultato era prevedibile.
L’applausometro
Ora, Prof, avvaliamoci degli strumenti che la scuola pubblica ci fornisce: l’applausometro. È un singolare oggetto che ci permette di misurare l’imbarazzo, la rabbia e lo sconforto di fronte a metà Senato che applaude alla sconfitta dei diritti.
Il DDL Zan non era perfetto, giuridicamente era ancora da modificare per bene, ma ribadiva un concetto: in Italia non vogliamo discriminazione, odio e violenza. Dovrebbe essere un messaggio condiviso dalla società intera anche perché la vita non è facile per le minoranze che ogni giorno devono lottare per la loro identità, per il rispetto e la dignità.
Ma noi siamo qui per dare un altro messaggio, no? L’aspetto positivo del DDL Zan è che abbiamo apertamente parlato di temi tabù e qualcuno ha appreso concetti nuovi (manca ancora la definizione di Teoria Gender però…). Bene così, se ne parli ancora, se ne parli ovunque: al bar, nelle aule di scuola, nei campetti, in famiglia perché prima di una legge, ci deve arrivare la società.
È inutile ora dare le colpe ai vari personaggi della politica, perché ormai questo treno è perso: qualche coraggioso ha proposto però di muoversi con una legge di iniziativa popolare, con raccolta firme e tutto il resto, insieme. E allora chiediamo tutto: condanniamo la violenza, esigiamo diritti civili per tutti e quindi matrimonio egalitario, stepchild adoption, diritto alla salute, studi e dati aggiornati sui fenomeni di violenza, educazione sessuale nelle scuole e molto altro. Bisogna lottare per ciò che conta davvero. Non ci ha insegnato questo, Prof?
Sofia Bettari
(In copertina Hannah Voggenhuber da Unsplash)
Per approfondire: A proposito del DDL Zan (un articolo di Alice Buselli e Daniele Craviotto), DDL Zan, guida a una lettura consapevole (un articolo di Alessandro Bitondo) e il Percorso Tematico di Giovani Reporter dedicato alla Comunità LBGT+.
La morte del DDL Zan è l’articolo numero 33 di Mi scusi Professore, una rubrica di Sofia Bettari, da un’idea originale di Francesco Faccioli, con la consulenza redazionale di Clarice Agostini.