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“Squid Game” – Cosa sei disposto a perdere?


Quante volte vi è capitato di non sapere quale film o quale serie TV guardare? Ogni sabato pomeriggio, su Giovani Reporter, ci penserà Alessandro Leo a darvi un consiglio. Non dovrete fare altro che mettervi comodi, versarvi un bicchiere della vostra bevanda preferita, prendere qualcosa da mangiare e dare un’occhiata all’ultimo articolo di AperiCinema.

[Non contiene spoiler]


Che il gioco abbia inizio

Sono passati sei mesi dall’ultimo vero articolo di AperiCinema. Mi rendo conto di aver creato un grande vuoto nelle vostre vite e che nelle vostre settimane non ci sia stata una stella polare a guidare il vostro viaggio nei meandri mondo del cinema; ma adesso è tutto pronto per ripartire, con tante novità che io e il team di Giovani Reporter abbiamo preparato per voi in questi mesi.

Ne approfitto per salutare la redazione che da questa settimana tornerà a correggere i miei articoli: prometto di fare in modo di dire meno parolacce possibili e di non inserire questioni passibili di denuncia; o, almeno, farò il possibile. Un saluto particolare lo voglio fare ad Elettra, vice caporedattrice di Giovani Reporter che so essere una grande fan di questa rubrica: i tuoi complimenti alle riunioni mi gasano sempre tanto.

Ora che ho fatto il possibile per assicurarmi la presenza della rubrica sul sito anche per la stagione 2022/2023 possiamo partire. Che il gioco abbia inizio.

Cosa sei disposto a perdere?

Apri gli occhi. Sei confuso, non capisci dove ti trovi. Inizi a ricollegare i punti: un uomo elegante, un bigliettino da visita con tre simboli sopra, un numero di telefono, un appuntamento… e poi il buio.

Intorno a te altre 455 persone con la tua stessa faccia interrogativa; dopo poco si apre una porta e vedi alcuni soggetti in tuta fucsia col volto coperto da maschere e differenziati da tre simboli, gli stessi del bigliettino da visita: cerchio, triangolo e quadrato.

Sei all’interno di un gioco, anzi di 6 giochi, contro 455 persone che proveranno a vincere tanto quanto te per portarsi a casa il montepremi di 45 miliardi e 600 milioni di WON (circa 33 milioni di euro) e risollevare le loro vite, in difficoltà economica tanto quanto la tua.

I giocatori e le guardie all’interno del dormitorio.

Le domande sono tante. Così tanti soldi per giocare? E poi che razza di giochi sono? Se il primo è “un, due, tre… stella” poi cosa ci fate fare? Acchiapparella e nascondino?

Alcuni dei tuoi dubbi avranno presto una risposta. Sei all’interno di un contest voluto da chissà chi dove parteciperai ai giochi tipici di quando eri bambino e se perdi muori. Sì, muori, hai capito bene.

In questo stesso momento capisci che se deciderai di restare avrai una possibilità di vincere, ma anche di perdere tutto: la vita, la tua umanità a discapito dell’indole animale portata dal “tutti contro tutti” e dall’istinto di sopravvivenza, la vicinanza di chi hai lasciato fuori che non è a conoscenza della tua situazione e che forse ha bisogno di te al di là del fatto che tu sia una persona di successo o meno.

Kang Sae-byeok (Jung Ho-yeon) in una scena della serie.

La sirena suona, le luci si accendono, i partecipanti si alzano, i fucili si preparano a sparare: il gioco è pronto a partire. Per risollevare la tua vita, cosa sei disposto a fare? Per salvare la tua vita, cosa sei disposto a fare? In questa vita, cosa sei disposto a perdere?

A te la scelta.

Seong Gi-hun (Lee Jung-jae), Abdul Ali (Anupam Tripathi), Oh Il-nam (Oh Yeong-su) e altri personaggi in una scena della serie.

Una serie cruda e geniale

Nel 2021 cosa può rendere geniale una serie TV? Sicuramente la trama, ma in questo caso non ci troviamo davanti a niente di nuovo perché una storia molto simile la possiamo trovare in tanti prodotti già esistenti, dal film As the Gods Will del 2014 alla recentissima Alice in Borderland del 2020 (qui il link alla recensione su AperiCinema), entrambe produzioni giapponesi tratte dagli omonimi manga.

Hwang Dong-hyuk, autore e regista di Squid Game, sostiene di essere al lavoro su questa storia da dieci anni, cosa molto probabile anche se, in ogni caso, i “survival games” non sono certo una novità nel panorama produttivo e una novità non è neanche il fatto che funzionino, perché creano nello spettatore voglia di proseguire nella visione come pochi altri generi: non siamo davanti all’idea del secolo per quanto riguarda il soggetto.

Ciò che rende questa serie geniale è il coraggio di aver raccontato una storia con così tanto realismo e crudezza, dove un essere umano muore per essersi mosso un po’ più del dovuto e dove un altro essere umano non si fa problemi a togliere la vita al prossimo pur di salvare la propria.

C’è tanta sociologia in questa storia e rappresenta una metafora del nostro quotidiano dove la gente si fa la guerra per un pezzo di pane, mentre c’è qualcuno di cui non si conosce l’identità che guarda da fuori e regola gli equilibri come in un grande gioco.

Non è tanto genio, bensì coraggio, cinematograficamente parlando, in un’epoca in cui sullo schermo si tende a non schierarsi per paura di urtare la sensibilità di un mondo che è sensibile solo quando fa figo esserlo, mentre per insegnare qualcosa agli spettatori, oltre ad intrattenerli, serve essere reali e crudi in quello che si racconta senza nascondere o parafrasare niente.

A questo si aggiunge la forza di Netflix che ha capito il potenziale di questa serie e con un progetto di comunicazione mondiale l’ha resa il più grande successo della storia della piattaforma, con 111 milioni di visualizzazioni nel primo mese, superando il record di 82 milioni appartenente a Bridgerton.

I partecipanti durante uno dei giochi.

Il nuovo cinema arriva da Oriente

Nel successo di un prodotto cinematografico, però, non incide solo l’idea, gli intenti sociologici e la forza del distributore; Squid Game è una serie realizzata in maniera ineccepibile anche dal punto di vista tecnico, malgrado qualche piccolo errore.

Un regista preciso e consapevole di ciò che vuole raccontare e della modalità da utilizzare; un team di fotografia che ci ricorda ancora una volta quanto gli orientali siano sempre più leader nell’estetica dei prodotti; un lavoro sull’audio che rende i suoni percepibili in maniera coerente e le musiche che contribuiscono a far immergere lo spettatore nelle scene.

Le scenografie e gli oggetti di scena costruiti ad hoc, in maniera artigianale, cercando di usare il meno possibile il computer (e la differenza è evidente); i costumi studiati alla perfezione e in armonia con i set, usando colori che già di per sé creano quell’aria tragicamente giocosa per far immedesimare al massimo nei personaggi un cast di attori e attrici eccezionali, dai protagonisti alle comparse.

Negli ultimi tempi dalla Corea del Sud abbiamo visto arrivare tanto. Un film pluripremiato, tra cui l’Oscar per il Miglior Film, come Parasite (articolo di Clarice Agostini), considerato uno dei prodotti migliori degli ultimi decenni; Minari (produzione statunitense ma con regista, attori e montatore sudcoreani), altro film nominato e premiato agli Oscar; e ora la serie più vista della piattaforma streaming per eccellenza a livello internazionale.

È il caso di fermarci un attimo, tutti – europei e americani – e prendere appunti perché dalla Corea del Sud arrivano segnali forti sul cinema del futuro: un cinema perfetto tecnicamente, coerente, consapevole, incalzante, artigianale, innovativo nella sua semplicità, crudo, diretto, istruttivo, reale, bello da vedere. Un unione tra passato e futuro, come dovrebbe essere il cinema del presente.

Uno dei set di “Squid Game” interamente costruito dagli artigiani.

E allora per oggi accettate il gioco, componete il numero scritto su quel bigliettino da visita e entrate in questa storia, godendovi tutti e nove gli episodi e ricordandovi di tenere gli occhi aperti perché, sin da subito, saranno nascosti tanti indizi per rispondere ai dubbi che avrete quando vi risveglierete in quella stanza insieme ad altre 455 persone. Buon gioco, sopravviva il migliore e che voi possiate vincere la partita senza perdere voi stessi.


Per approfondire: “Squid Game” e i lati oscuri della natura umana (un articolo di Maddalena Petrini).


Cho Sang-woo (Park Hae-soo), Seong Gi-hun (Lee Jung-jae), Oh Il-nam (Oh Yeong-su), Abdul Ali (Anupam Tripathi) e altri personaggi in una scena della serie.

Se avete già visto la serie fatemi sapere su Instagram cosa ne pensate, noi ci sentiamo sabato prossimo e, preparatevi, perché a fine mese partirà sui canali di Giovani Reporter e ALEO Film il format video AperiCinema – ON TOUR dove una volta al mese andrò in una diversa città dell’Italia a prendere un aperitivo insieme ad ospiti speciali con cui parlerò delle novità cinematografiche, tra commenti, recensioni e consigli vari.

Inizierò il viaggio da Bologna con un episodio incentrato su Lucifer, giunta da poco alla sua conclusione. Qui ci starebbe un bello slogan conclusivo, ma in maniera molto orientale posso dire che ci sto ancora riflettendo, vi farò sapere. Cià.

Alessandro Leo

(In copertina e nel testo immagini tratte dalla serie TV Squid Game, disponibile su Netflix)


Squid Game è il quindicesimo articolo della rubrica settimanale di Alessandro Leo AperiCinema.

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