
Democrazia vuol dire tante cose. Libertà di opinione innanzi tutto, sedersi e discutere liberamente con un gruppo di amici, libertà di culto e di associazione, e perché no, diritto al benessere e alla felicità. Democrazia però vuol dire anche voto, ossia dovere di esprimere la propria preferenza per la rappresentanza delle istituzioni.
Sabato e domenica un gran numero di italiani era chiamato alle urne, ma la luce della democrazia ha mostrato il suo aspetto più oscuro. L’elezione è terminata, il popolo si è espresso. Vince l’astensionismo. Vince la crisi della politica e dei partiti. Al di là dei risultati, la percentuale più bassa di persone votanti fa riflettere.

Le cause della disfatta
È d’obbligo chiedersi come questo sia stato possibile. Se tutto ciò sia dovuto alla decennale sfiducia nella politica, o piuttosto sia il frutto del momento Draghi, ovvero della competenza che non ha bisogno di partiti per governare.
Sono sempre più convinto che le due ipotesi non vadano scisse, poiché una è condizione dell’altra. Il governo Draghi è già sintomo della crisi politica odierna, nata con i grillini e la rottura del bipolarismo. È il punto di arrivo della cosiddetta terza repubblica che si apre al termine del periodo Berlusconi, quando sono i Cinque Stelle a rappresentare il nuovo partito guida in Italia, o quantomeno a esserne la forza più popolare.
La loro maggioranza in Parlamento ha fatto gola ai partiti storici, che hanno cercato di fagocitarne i valori, se mai vi fossero stati, inglobando il movimento nelle lotte di destra prima, di sinistra poi. Su questo argomento si veda la differenza tra il governo Conte uno e il Conte due. Altra disillusione degli elettori, che vedono nel partito del cambiamento quello dell’incapacità.
Oggi, con Draghi a dettare l’agenda pratica della politica, con una figura sopra le parti, la cui credibilità è di per sé sufficiente a tenere in vita un governo senza spina dorsale, mi chiedo che forza abbiano i partiti nell’agenda economica e sociale del paese. Voglio dire, fuori dalla sterile lotta Green Pass (rivelatasi un suicidio per Meloni e Salvini), quali sono le posizioni dei leader politici? E, tornando ai temi caldi delle amministrative, quale campagna elettorale è stata svolta nei territori? Oltre ai colpi frontali procurati al rivale elettorale, il vuoto. L’astensionismo è anche in questo: in una disaffezione ai partiti, sterili anche nella loro espressione nazionale.

Ripartire dagli astenuti
Comunque, le elezioni amministrative, è giusto ribadirlo, rimangono tali e questi risultati elettorali non sono da confrontare con quelli nazionali.
Ma la percentuale degli astenuti, invece, indica forte disinteresse verso la politica, sia amministrativa che nazionale. È il problema di fondo con cui la politica deve fare i conti. In città come Napoli, dove la percentuale dei votanti non è arrivata neanche al 40% degli aventi diritto, non si tratta di comprendere la credibilità dei singoli leader, quantomeno la fiducia che un popolo ha nelle proprie istituzioni.
E, quando sarà terminato il momento dei vacui festeggiamenti, spero si possa tornare sul serio a lavorare. Non per coccolare ancora i fedelissimi elettori, quanto per guadagnare un briciolo di dignità su chi da tempo non va alle urne. È la sfida della politica, dell’arte di governare, ma anche della bellezza di sognare in grande, perché non esiste un grande popolo che non abbia grandi istituzioni, ma non esistono grandi istituzioni senza l’appoggio del popolo.
Alessandro Bitondo
Hot Topic! è una rubrica curata da Alessandro Bitondo, Camilla Galeri, Jon Mucogllava e Alessandro Sorrenti.
