Giornali, televisione, social network. Ogni giorno siamo bombardati da informazioni e notizie, molte delle quali non riusciamo a comprendere pienamente. Se solo ci fosse qualcuno, un Professore più sapiente di noi, a cui rivolgere i nostri interrogativi e con cui condividere le nostre riflessioni.
Giovedì 30 settembre, il Tribunale di Locri ha disposto 13 anni e due mesi di carcere per l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano. Caro Professore, come ci siamo arrivati?
Il modello Riace
Era il 1998 quando, in una Riace abbandonata dai giovani, Domenico Lucano inizia a interessarsi al fenomeno migratorio. In particolare, nello stesso anno sbarcano 184 immigrati turchi, di cui 46 donne e 72 bambini: Domenico prende il soprannome di “mimmo o’ curdu” e comincia a pensare ad un sistema di accoglienza e integrazione.
L’anno successivo fonda “Città Futura”, un’associazione che vuole utilizzare le case abbandonate nella zona di Riace Superiore, l’area non turistica del paese, per accogliere gli immigrati e dare loro nuove opportunità lavorative. Lo spirito di solidarietà si fonde con la necessità di ripopolare e far rinascere un paesino di 900 abitanti sul punto di addormentarsi per sempre.
Nel frattempo, Lucano continua le sue attività come cittadino e nel 2004 si candida a sindaco, con una campagna elettorale che quell’anno lo porta alla vittoria. Riassumendo e semplificando, per i primi due mandati, il modello Riace funziona bene: la città si ripopola, riaprono le attività, qualche giovane torna e gli immigrati si integrano nel tessuto sociale con dignità. Contemporaneamente, inizia la crisi migratoria del 2008 con le celebri immagini che hanno reso Lampedusa famosa; e anche in questo caso Riace apre le sue porte.
Nel 2010, Lucano è terzo al World Mayor, la competizione tra sindaci del mondo, diventando simbolo dell’integrazione e della gestione migratoria. Arriva al terzo mandato nel 2014, due anni dopo è al 40esimo posto dei 50 leader più influenti secondo la rivista Fortune, nel 2017 vince il premio per la Pace Dresda e nello stesso anno iniziano i guai.
Il processo
Se è vero che a Riace, negli anni di amministrazione Lucano, si aprono possibilità per i circa 6.000 migranti che passano dalla città, la politica italiana muta. All’interno del paesino si raggiungono i 2.000 abitanti, le famiglie riaprono attività manifatturiere storiche e si riscostruisce una società eterogenea fondata sulla solidarietà.
Nel 2018 Mimmo Lucano viene messo agli arresti domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – un tentativo di matrimonio combinato per far ottenere la cittadinanza ad una donna nigeriana – e illeciti per la mancata gara di appalto nell’affidamento del servizio di raccolta rifiuti. Gli arresti vengono revocati, viene emesso il divieto di dimora a Riace, successivamente ritirato.
Nel corso del 2019 continuano le vicende giudiziarie. Tuttavia, cerchiamo di arrivare al dunque, Prof: il 30 settembre 2021 esce la condanna di primo grado a 13 anni e 2 mesi di reclusione da parte del Tribunale di Locri. La sentenza lo rende colpevole di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato, concussione, turbativa d’asta, falsità ideologica e abuso d’ufficio.
Volendo fare un bilancio tra noi, la pena risulta eccessiva, quasi il doppio rispetto a quanto chiesto dalla pubblica accusa (7 anni e 11 mesi), ma per avere il quadro completo bisognerà attendere le motivazioni della sentenza.
Reato di solidarietà
Sicuramente, Professore, Mimmo Lucano di qualcosa è colpevole, ma la sentenza, così pronunciata, sembra celare la volontà di punire il personaggio più che l’opera. Tutto questo è stato prontamente, e giustamente, smentito dal Procuratore Luigi D’Alessio che nel maggio scorso aveva dichiarato:
Questo non è un processo al nobile e reale fine dell’accoglienza. Non è mai stato nelle intenzioni della Procura contrastare il principio fondamentale dell’accoglienza dei migranti. […] L’indagine ha riguardato la mala gestio dei progetti di accoglienza e le vere parti offese sono stati gli stessi immigrati visto che a questi ultimi sono state date le briciole dei finanziamenti elargiti dallo Stato.
Luigi D’Alessio
Appurato che nessuno vuole ostacolare l’accoglienza, il dubbio che la condanna sia eccessiva rimane: infatti i capi d’accusa fanno riferimento ad una gestione lacunosa, disordinata e poco burocratica del modello Riace. C’è chi ha parlato di una volontà di disobbedienza civile dell’ex-sindaco (per poi criticarlo sulle modalità) ma, a mio avviso, la storia è più semplice.
Ad ogni reato corrisponde una pena, e questo principio è inviolabile, ma la situazione è una di quelle in cui i reati commessi sono frutto di escamotage, ignoranza e un po’ di innocenza – mi passi queste parole, Prof, sono per capirci – tipici di chi vuole fare ma non sa come in un sistema che mai ha trattato l’immigrazione con la dovuta attenzione.
Insomma, quello che vedo io è un uomo accusato in modo esagerato per aver cercato di fare qualcosa di buono. Vedo un politico stimato, citato dai giornali e – mi passi anche questo – dalla sinistra, e poi gettato nel dimenticatoio. Vedo anche un Paese che preferisce i lager libici al modello Riace. Vedo, in questa condanna, un fine deterrente perché “se provi a fare di testa tua, finisci come lui”. Fortunatamente, però, esiste un sistema di garanzia della giustizia che dopo una sentenza di primo grado permette il ricorso in appello, anche se si sa: i tempi sono lunghi, i costi sono alti.
Sofia Bettari
(In copertina FanPage.it)
Mimmo Lucano e il reato di solidarietà è il trentaduesimo articolo di Mi scusi Professore, una rubrica di Sofia Bettari.