Il Festival internazionale di fotografia artistica (o come si descrivono sul loro sito “di visual narrative”) Cortona On The Move è arrivato ormai alla sua undicesima edizione e ogni anno, tra luglio e ottobre, prende vita nella cornice della stupenda cittadina etrusca di Cortona.
Il progetto nasce nel 2011 da un’idea dell’Associazione Culturale ONTHEMOVE, il cui obiettivo è “diffondere e promuovere la fotografia contemporanea alla ricerca di nuove visioni e forme originali di comunicazione visiva”. Sotto la direzione artistica di Arianna Rinaldo svariate mostre, di artisti internazionali e giovani fotografi, vengono allestite nei palazzi più storici della città, tra la medievale Fortezza del Girifalco, i giardini del Parterre e le strade in pietra dal sapore tutto trecentesco. Proprio la fotografia permette di aprire e restituire al pubblico spazi altrimenti abbandonati e dimenticati.
Oltre a questo, ogni anno vengono organizzati workshop, letture portfolio e visite guidate. Una vera e propria celebrazione della più magica di tutte le arti: la “scrittura con la luce”.
CORTONA ON THE MOVE 2021: We Are Humans
Anche quest’anno il festival non ha mancato il suo appuntamento. E io il mio, per quanto strano e ancor più emozionante del solito. Dopo la decima edizione, a tema The Covid-19 Visual Project. A Time of Distance, andata in scena nel 2020, è arrivato l’undicesimo atto. Quest’anno, dal 15 luglio al 3 ottobre, la Fortezza del Girifalco e Palazzo Baldelli, in pieno centro storico, ospitano oltre venti mostre raccolte sotto il titolo We Are Humans.
Questa edizione, accompagnata dal passaggio di testimone dello storico direttore Antonio Carloni, si fa carico di tutto il fardello del mondo post-Covid. È un’edizione nuova, dal sapore intimo e delicato, che esprime un’urgente necessità di rimettere al centro del paradigma l’essere umano. È l’edizione che sboccia da oltre un anno di insicurezze e difficoltà che hanno scosso il mondo intero, messo in discussione la nostra normalità e che tuttora fanno sentire la mancanza di contatto, affetti, incontro. We Are Humans è un’edizione che guarda alla quotidianità con dolcezza e schiettezza. E, come dice Arianna Rinaldo, anche con “un tocco di nostalgia”.
L’essere umano, solo, ma in compagnia planetaria, è tornato al centro della scena. Diventa necessario, quasi vitale, recuperare il contatto con noi stessi, come esseri umani, nella fragilità e forza di tutti i giorni, nell’intima socialità delle relazioni più vicine, nel bisogno innato di stare insieme, nell’inspiegabile necessità di connetterci gli uni agli altri e nel desiderio inestirpabile di emozioni e valori che ci accomunano.
Arianna Rinaldo
Tra le pietre della Fortezza del Girifalco
Prima di accedere alla Fortezza, che domina sulla vallata circostante e offre scorci ideali per scatti panoramici, passerete per la biglietteria e per lo store del festival, dove potrete acquistare gadget di ricordo e libri fotografici. Per i biglietti e gli orari tutte le informazioni si trovano sul sito dedicato; consiglio vivamente l’iscrizione gratuita al COTM Membership che permette di avere sconti sul biglietto di ingresso e sul catalogo delle mostre.
All’interno della Fortezza le esposizioni si snodano tra cortili, torrioni e sale interrate; un piccolo bistrot offre riparo per una sosta a metà della visita.
Cosa troverete quest’anno?
- I know how furiously your heart is beating. Da non perdere il ritorno alla fotografia di Alec Soth (Minneapolis, Minnesota, 1969): immagini di grande formato, con colori chiari e toni caldi per un incontro sincero con l’altro, per far brillare le luci nelle case degli altri. Un giro del mondo tra salotti stipati di libri, lenzuola stropicciate e scorci di giardini. Anna sulla sua poltrona di legno, immersa tra verdi rampicanti; Monika, con lo sguardo fiero riflesso accanto alle fragole appena lavate.
- No memory is ever alone. Catherine Panebianco (Kitimat, Canada, 1964) ricostruisce i ricordi di una vita riposizionando le vecchie diapositive nei luoghi in cui erano state scattate da suo padre, riannodando in modo del tutto “analogico” il filo invisibile che unisce generazioni fotografiche e umane diverse.
- L’altro. Il grande fotoreporter Paolo Pellegrin (Roma, Italia, 1964) scruta e immortala la ripresa del mondo post-Covid in giochi di luci, ombre, bianchi e neri, con immagini che sfumano nel sogno e scatti che faticano a restare immobili, in continua evoluzione. Volti senza identità, silhouette nere su strade deserte. Maschere bianche che emergono dal buio. Una riflessione esistenzialista quella di Gabriella Ripa di Meana che precede la mostra: un pensiero su un virus che avrebbe dovuto farci aprire gli occhi e cambiar rotta, sulla necessità di ascoltarsi, sulla morte che arriva senza preamboli.
- Leaving and waving. Deanna Dikeman (Sioux City, Iowa, 1954) illustra una storia lunga due vite, fatta di ricordi, partenze e addii. Per ventisette anni ha scattato fotografie mentre salutava i suoi genitori, prima di rimettersi in viaggio, dopo essere andata a trovarli a Sioux City. Le mani alzate in segno di congedo. Immagini di vari formati, in bianco e nero o a colori, mutevoli come i momenti della vita dell’autrice, come le stagioni che si susseguono sulle pareti di pietra della Fortezza. Prima scompare la figura paterna, poi quella materna; e alla fine rimangono solo un vialetto desolato e un garage chiuso.
- A sensitive education. Quella di Francesca Todde (Padova, Italia, 1981) è la narrazione intima del rapporto tra Tristan, allevatore ed educatore di uccelli, e i suoi animali. E, più in generale, della connessione terapeutica e ancestrale tra uomo e mondo ornitologico. Ogni scatto ha un protagonista, e di ciascuno si riportano nome e biografia: la cicogna Mildred è la compagna di vita più stretta per Tristan, la cornacchia Bayo “sa di terra e d’inchiostro”, e il parrocchetto Belle-bete ama farsi grattare dietro il collo.
“Si vis vitam, para mortem”. Se vuoi che la tua sia una vita, preparati a morire. Preparati alla caducità, all’incertezza e soprattutto alle tue esiguità di fronte all’immane grandezza del mondo.
Gabriella Ripa di Meana
Il caleidoscopio di Palazzo Baldelli
A Palazzo Baldelli, nascosto nei vicoli dietro Piazza Signorelli, prende vita il corpus principale del festival, articolato su tre piani di esposizione, in stanze di varia foggia, ognuna allestita in modo unico e coerente con le immagini o i progetti audiovisivi espostivi. Ad ogni porta si valica il confine di un mondo nuovo.
Il tour parte da Reconstruction, l’eclettica e surreale collezione di voci della nuova edizione di Giovane Fotografia Italiana, mirata a sostenere la creatività dei sette artisti under 35 selezionati, e arriva al progetto narrativo-visivo Guardare oltre, che vede la collaborazione dell’equipe di Medici Senza Frontiere e dei fotografi Magnum, compagni da ormai 50 anni degli stessi scenari di guerra, crisi umanitarie ed emergenze.
Di conflitti e dolore parla anche la serie Disclosure: Rwandan children born of rape, di Jonathan Torgovnik (Tel Aviv, Israele, 1969): ritratti di madri ruandesi, vittime di stupro da parte delle milizie Hutu nel tristemente noto aprile del 1994, e dei loro figli, concepiti in seguito alle violenze. La mostra è allestita con un dittico per ciascuna coppia familiare, che ricostruisce il rapporto prima e dopo la drammatica rivelazione. Per ogni famiglia Torgovnik ha selezionato due foto scattate a distanza di dodici anni l’una dall’altra, affiancate dalla trascrizione della testimonianza dei due protagonisti.
In Energy portraits, Marco Garofalo (Milano, Italia, 1976) racconta attraverso scatti magistralmente composti ed esteticamente ineccepibili i problemi di povertà e accessibilità energetica in tutto il mondo. Partendo dagli utenti finali, decine di famiglie in Africa, Sud America, India ed Europa fotografate con le loro dotazioni elettriche, l’autore ripercorre a ritroso la catena di accesso all’energia.
Reconstruction, Giovane Fotografia Italiana. Energy portraits, Marco Garofalo.
Storie umane
Le storie di umanità continuano con Circus love – The magical life of Europe’s family circuses, di Stephanie Gengotti (Roma, Italia, 1972), dall’allestimento immersivo, colorato e caotico che riflette tutta l’allegria delle famiglie circensi ritratte. E con An everlasting summer: the adventures of Guille and Belinda, di Alessandra Sanguinetti (New York, USA, 1968), in cui la fotografa di origini argentine testimonia fin dai nove anni la vita delle cugine Belinda e Guillermina, nello scenario delle campagne di Buenos Aires. Due sorelle tanto diverse quanto legate, ritratte con i propri sogni e le proprie paure nella vita quotidiana, davanti a una torta di compleanno o a fare il bagno nel fiume, abbracciate petto contro petto, sdraiate accanto a un neonato.
E continuano con Cora’s courage di Gabo Caruso (Buenos Aires, Argentina, 1985), una storia che tocca l’anima nel profondo. La storia di una transizione sociale iniziata a soli cinque anni, in una famiglia che impiega davvero poco tempo ad accettare le scelte della propria figlia. Un’identità di genere che si rivela con sofferenza ma anche con tanta naturalezza, un corpo che accetta di diventare bambina fin dai primi anni di vita, una consapevolezza spiazzante, un cuore smisurato. Le immagini di Gabo, come tutto il suo lavoro, sono il veicolo di una lotta sociale e personale, legata ai diritti umani in favore della diversità.
Circus love – The magical life of Europe’s family circuses, Stephanie Gengotti. Cora’s courage, Gabo Caruso.
Cosa ci lascia We Are Humans
Cortona On the Move: We Are Humans quest’anno è stato il festival dell’intimità, dell’umanità, della diversità e dell’accoglienza, di quel vedere e rapportarsi con l’Altro in quanto essere umano. Ma è stato anche un festival che ha centrato il mirino sul nostro delicato rapporto con la Natura e con il mondo animale, riflettendo su risorse energetiche, conflitti e devastazioni.
E allora vi consiglio davvero di andarci, per riempirvi gli occhi di bellezza e il cuore di delicatezza. Sappiate, però, che la mente si caricherà di tante domande e di una poliedricità di risposte, come d’altronde accade ogni volta che l’Uomo decide di guardare dentro se stesso.
Teresa Caini
(in copertina Cortona on the Move 2021, nell’articolo immagini gentilmente concesse da Teresa Caini)