Mi scusi Professore

L’Italia fondata sul lavoro – 680 morti bianche da inizio 2021

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Giornali, televisione, social network. Ogni giorno siamo bombardati da informazioni e notizie, molte delle quali non riusciamo a comprendere pienamente. Se solo ci fosse qualcuno, un Professore più sapiente di noi, a cui rivolgere i nostri interrogativi e con cui condividere le nostre riflessioni.

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Caro Professore, per prima cosa buon inizio dell’anno scolastico a Lei e a tutti gli studenti che questa settimana ricominciano (finalmente) le lezioni in presenza. Oggi vorrei ripassare un po’ con Lei l’introduzione ad ogni prima lezione di diritto: il primo articolo della nostra Costituzione.

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”

Articolo 1, Costituzione

Ci fermeremo al primo comma perché, alla luce dei recentissimi eventi, ho una domanda: se la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, cosa succede se questo diventa sinonimo di precarietà o, peggio, di morte?

Un po’ di dati

Nei primi sei mesi del 2021, le morti bianche registrate dall’INAIL sono state più di 680 mentre l’Osservatorio indipendente di Bologna ne conta già 864. Già qui potremmo fermarci, ma solo per fare un confronto, e dire che le morti siano diminuite rispetto al 2020: un dato che non rassicura, contando quanto il mondo del lavoro si sia fermato a causa del Covid-19 e l’introduzione più estesa del lavoro da remoto che riduce incidenti sul lavoro e nel percorso casa-lavoro.

Gli incidenti comunque sono aumentati del 9%, circa 24mila in più rispetto al 2020, tenendo conto che il dato si riferisce solo alle denunce dei lavoratori regolarmente assunti. Inoltre, caro Prof, dovremmo contare anche le patologie di origine professionale del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, del sistema nervoso e dell’orecchio.

Se è vero che nei settori dell’industria e dei servizi, incidenti e morti sono diminuite rispetto all’anno scorso, rimangono in particolare rischio i lavoratori agricoli tra cui, lo sappiamo bene, si trovano operai non assunti e non assicurati. Si parla di donne e uomini, usciti di casa per lavorare, per dare sostegno alle famiglie o per permettersi gli studi, che non hanno più fatto ritorno.

Parliamone

Turni lunghi, dispositivi di protezione inesistenti, macchinari manomessi (come nel triste caso della giovane Luana). Il tutto nel nome della produttività, della necessità dei lavoratori che devono per forza guadagnare qualcosa.

Di chi è la colpa, Prof? Difficile da dirsi: è insieme di contingenze, di situazioni, responsabilità individuali e della comunità, controlli inesistenti e situazioni estreme. Le sembra giusto, nel Paese fondato sul lavoro, che questo sia causa di morte? Il lavoro è – e deve essere – tanto altro: passione, impegno, uno strumento per aumentare il benessere e l’inclusione sociale.

Da dove possiamo ripartire? Parliamone, potremmo partire da quello che Lei fa meglio di tutti: la formazione. Infatti, l’Italia non ha un piano strategico nazionale per la sicurezza e per la salute sul lavoro, necessario per ridurre la media di tre morti bianche al giorno.

Sì, ha ragione, da prof di Diritto, questo dovrebbe essere un impegno dello Stato essendo principio costituzionale. L’ultima buona notizia è che sembra che qualcosa si stia muovendo dal banco del Ministro del Lavoro Orlando, sulla scia europea, ma troppo spesso questi interventi sono timidi, lenti mentre la questione è urgente. Vogliamo lavorare, dobbiamo farlo in sicurezza.

Sofia Bettari


L’Italia fondata sul lavoro è il trentunesimo articolo di Mi scusi Professore, una rubrica di Sofia Bettari.

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