In queste settimane stiamo sentendo sempre più parlare della “questione Afghanistan“. Da più parti ci si è attivati per i diritti delle donne, dei cittadini, la messa in salvo di un Paese intero. Ma nei fatti è veramente così? In realtà, l’obiettivo politico dietro questi alti ideali è molto più meschino…
Ritorno al passato
In Afghanistan vivono persone che, dopo vent’anni di vita, non hanno ancora conosciuto il significato della parola “pace“. Questo perché la storia recente del territorio conosce solo la guerra. Subito dopo l’attentato terroristico alle Torri Gemelle gli Stati Uniti hanno deciso di invadere l’Afghanistan, colpevole di sostenere il leader di Al Qaeda Osama Bin Laden. Dato il divario economico e militare enorme tra le due fazioni, in pochi mesi gli americani riprendono il controllo del territorio.
Dopo un ventennio, Donald Trump decide il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, concluso poi dal suo successore, Joe Biden. La conseguenza di questa decisione è il rapido ritorno al potere da parte dei talebani, che nel frattempo hanno costruito un esercito sempre più grande.
La storia recente dell’Afghanistan pertanto è chiara: siamo difronte ad un territorio volutamente usurpato, dilaniato, costruito, distrutto e poi ricostruito da capo. Così come si fa con il puzzle. Tutto il resto sono le solite chiacchiere politiche che permeano la nostra quotidianità. L’unica vera ragione che sta alla base del controllo di questa regione è il suo interesse politico che ne deriva. Nient’altro.
Perché l’Afghanistan è così importante?
La domanda che bisogna porci è la seguente: “come mai l’Afghanistan è così importante?”. In questi giorni abbiamo osservato la tragicità di ciò che è avvenuto in Afghanistan. Il futuro del Paese si prospetta terrificante: senza diritti e senza libertà.
Tuttavia, in questi anni il tempo ed il modo per dare un futuro migliore alle persone era possibile. E invece, l’Afghanistan ha continuato ad essere uno dei Paesi con una popolazione tra le più povere al mondo. Pertanto, è bene chiedersi quale sia il motivo per cui a politici americani, italiani, francesi e tedeschi preme così tanto questa situazione. In realtà, esiste una parte di questa storia che non ci viene spiegata fino in fondo.
I “democratici” Stati Uniti (e non solo) hanno speso miliardi di dollari per la guerra in Afghanistan prima e per mantenerne il controllo poi. L’obiettivo evidentemente non è stato combattere il terrorismo e dare al Paese un futuro migliore poiché nei fatti la dichiarata liberazione americana dall’oppressore talebano si è rivelata il “velo di Maya” volto a giustificare l’ingiustificabile.
L’Afghanistan occupa infatti una posizione strategica: confina con Iran ad ovest, Pakistan ad est e Cina a nord-est. Il territorio si trova a pochi chilometri dal Mar Caspio, zona in cui si trova il 45% di tutto il gas naturale del pianeta e dal Kazakistan, sede di infinite risorse minerarie.
La sua posizione geografica è di straordinaria importanza: da qui si tengono sotto controllo le principali risorse energetiche del pianeta e ben quattro potenze nucleari (Pakistan, India, Russia e Cina). Non ultimo, l’Afghanistan è il più importante produttore di oppio al mondo, fonte del 90% di eroina smerciata nel pianeta. Si parla di un giro di affari da oltre 300 miliardi di dollari l’anno, molti dei quali riutilizzati in cambio di armi.
Ancora guerra
In sintesi, l’Afghanistan rappresenta un tassello fondamentale nel mosaico delle grandi potenze economiche del mondo. La politica imperialistica statunitense, che poggia sulla logica del “divide et impera” e sul controllo strategico dei punti nevralgici del pianeta, in questo caso è fallita.
L’Afghanistan ha rappresentato per lungo tempo il territorio sotto “dominio Usa” più vicino alla Cina. Pertanto, la rapida fuga avvenuta in questi ultimi giorni potrebbe dimostrare la rapida ascesa del Dragone, volta al controllo dei territori a lei circostanti e spietato nell’aumentare il suo raggio di influenza in tutto il mondo.
Ad ogni modo, per l’Afghanistan si prospettano altri anni di combattimenti, bombe, armi e morte. Nessun ideale sano potrà mai giustificare tanta violenza e brutalità. E, se in Occidente i politici attualmente parlano di salvare il territorio, le donne ed il futuro dei giovani, in Afghanistan continuano ad arrivare armamenti sempre più letali. E anche l’Italia, “Paese di santi, poeti e navigatori”, continua a risultare tra le prime 10 Nazioni per traffico di armi da guerra.
Alessandro Sorrenti
(In copertina le truppe americane in Afghanistan)