La linea di Matteo Renzi
C’è un filo conduttore che unisce i vari governi che si sono succeduti dalle politiche del 2018 ad oggi. I ministri cambiano, così come viceministri e sottosegretari, le coalizioni si sciolgono, se ne creano di nuove, addirittura arriva la pandemia, Mario Draghi, “il Cristiano Ronaldo della politica”, diventa presidente del consiglio. Tanto a dettare la linea politica, a far cadere i governi e coordinare il dibattito pubblico è sempre lui: Matteo Renzi.
La stoccata, l’abolizione del reddito di cittadinanza, l’aveva preparata da mesi, ma oggi entra prepotentemente nel dibattito pubblico. Da tempo puntellava i suoi argomenti, facendosi garante di un disaccordo che, a dire il vero, è sempre stato ben più ampio.
Il colpo è diventato ferita perché riproposto da una che di attacchi frontali se ne intende, Giorgia Meloni che forgia ad hoc la dicitura di metadone di stato, la cura che mantiene il paziente in convalescenza e non punta alla sua guarigione. Ed ecco che si unisce ai due anche Matteo Salvini, sballottato dal consenso e dal dissenso, alla ricerca costante del primato nei sondaggi. Ma Giorgia Meloni, amica del rumore di piazza e dei no-Vax, protagonista univoca dell’opposizione in Parlamento, sui social nemica del green pass; questa volta ha ragione.
Un progetto fallimentare
Il reddito di cittadinanza è nato come strumento di lotta alla povertà da abbattere con l’occupazione guidata dallo stato. Una macchina amministrativa forse troppo convinta dei propri mezzi, arrogante nel mettersi sopra il cittadino nella ricerca dell’impiego. Infatti, la povertà non è stata sconfitta, checché se ne dica, e di lavoro neanche l’ombra. Il reddito ha fallito per gli scandali che ha provocato, per malviventi possessori di ausili pubblici, perché è oggettivamente un disincentivo alla ricerca del lavoro, o un incentivo al lavoro in nero, specialmente tra i più giovani, perché non riduce il gap tra domanda e offerta di lavoro, anzi lo aumenta.
Per non parlare del Sud: il pregiudizio del meridione clientelare che si manifesta in tutta la sua chiarezza. Il reddito è distribuito in maniera schiacciante tra le città meridionali. Salvemini avrebbe sbattuto i pugni sul tavolo di fronte all’obbrobrio dei nostri giorni. La questione che si risolve ancora in questa maniera, per lo più in un periodo di riforme, in periodo di Recovery Fund: soldi pubblici che cadono a pioggia, soldi pubblici per tirare a campare, non per creare i presupposti ad un Mezzogiorno finalmente competitivo.
Strumenti nuovi per un mondo nuovo
E, nonostante sia stato oggettivamente un buon ammortizzatore sociale alla crisi economica dovuta alla pandemia, ciò non basta per definirlo un buon provvedimento. I tempi sono cambiati, c’è bisogno di ripartire con strumenti nuovi, non più dettati dall’esigenza elettorale, ma dal vero stimolo alla ripartenza di cui il paese che ne ha urgente bisogno. E se sarà il caso di offrire delle giuste misure di assistenza ai meno abbienti si troverà un metodo più democratico e più degno, rispetto all’utilizzo di un provvedimento che ha tutt’altro fine. Perché reddito di cittadinanza è sinonimo di metadone, di status quo, antitesi di visione politica a lunga veduta e ostacolo al Next Generation EU.
È il momento di ripartire, ma dov’è finita la sinistra del lavoro, e dove la destra imprenditoriale? Per quanto tempo ancora rimarremo sotto lo scacco del populismo? Per quanto tempo succubi di questa mossa del cavallo?
Alessandro Bitondo
(In copertina Matteo Renzi mentre presenta Controcorrente, Piemme 2021)
Hot Topic! è una rubrica curata da Alessandro Bitondo, Camilla Galeri, Jon Mucogllava e Alessandro Sorrenti.