Cronaca

Al di là del Green Pass – La crisi nella crisi

Green Pass

Fumata bianca da parte del Consiglio dei ministri per il nuovo decreto sul Green Pass. Obbligo per i cittadini con più di 12 anni a presentare il “certificato verde” per poter svolgere una serie di attività. Le istituzioni apicali dello Stato hanno approvato la teoria, ma a che punto siamo nella pratica?


La pandemia – che non si ferma – ha evidenziato “una crisi nella crisi“, con alcuni settori talmente arretrati che sorge una domanda spontanea: “È possibile rispettare il dato normativo se nella quotidianità mancano le strutture e le risorse necessarie?”

Il contenuto del decreto

Il decreto prevede anzitutto una rivisitazione dei parametri per il passaggio tra le varie fasce di rischio (zona bianca, gialla, arancione e rossa) affiancata da una proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2021. Ma la domanda che in molti si pongono è: “a cosa servirà il Green Pass?

A partire dal 6 agosto, il Green Pass è l’unico lasciapassare per poter accedere a diverse attività, dai servizi di ristorazione al chiuso fino ad eventi e spettacoli, passando per sport di squadra, fiere, sale gioco e concorsi pubblici. Per farla breve e riprendendo una scena da un film cult del cinema italiano, potremo dire: “Chi siete? Cosa fate? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un Green Pass!

La scuola

Obbligo per i docenti di ogni ordine e grado e per gli studenti delle università di esibire la “certificazione verde“. Per tutti gli altri allievi, sarà necessario continuare a portare la mascherina, esclusi i bambini con meno di 6 anni e coloro che presentano specifiche patologie o disabilità. Tuttavia, il problema legato all’istruzione non si può certo considerare concluso. Durante la pandemia da Covid-19, la gestione politica dell’intero apparato legato all’istruzione, si è rivelato alquanto insufficiente.

Innanzitutto, la pandemia ha evidenziato la disuguaglianza del sistema scolastico italiano: durante tutto il lockdown sono emerse differenze sociali e didattiche del Paese, con alcuni studenti che tuttora non dispongono nemmeno di un computer per seguire le lezioni (Dopo un anno di DaD 250mila studenti senza pc e scuole senza connessione: «Le famiglie si auto-organizzano» – Open). Senza considerare l’enorme disparità in termini di opportunità tra gli istituti del Nord e quelli del Sud. “Il Covid è stato un fulmine a ciel sereno“, “nessuno si poteva aspettare un tale tragedia”, e intanto centinaia di giovani si sono scontrati con una realtà che non li aiutava in alcun modo. Per non parlare degli universitari, per mesi dimenticati da tutte le istituzioni. Tra poche settimane riparte un nuovo anno scolastico… a che punto siamo? Sarà possibile tornare in presenza?

Il decreto appena approvato arriva dopo mesi in cui il dibattito sulla scuola è stato “politicizzato“, senza però giungere mai ad una conclusione precisa. Molte scuole non presentano attrezzature sufficienti per evitare l’insorgere di focolai e i contatti tra ragazzi in certi casi risulta inevitabile. Il rischio è quello di riaprire gli istituti scolastici, salvo poi richiuderli dopo poche settimane, seguendo la modalità “a singhiozzo” che da un anno a questa parte conosciamo bene. A settembre partirà un nuovo anno e non è possibile eliminare in poco tempo una cattiva gestione protrattasi per decenni nel settore dell’istruzione. La pandemia ha accelerato la modernizzazione di un sistema abulico e attardato. Si è giunti con questo decreto ad una decisione soddisfacente? Non risolverà certo tutti i problemi, ma intanto è stata presa una decisione che – visti i tempi – è sicuramente una nota positiva.

Un settore troppo arretrato: i trasporti

Altro tema scottante riguarda il settore dei trasporti, per una parte del quale l’obbligo di esibire il Green Pass scatterà dal 1° settembre. Per viaggiare in Italia al momento restano intatte le regole del distanziamento e della mascherina.

Anche per quanto riguarda questa tematica la teoria è molto distante dalla pratica: chi prende abitualmente mezzi di trasporto si rende conto di come questi non siano – il più delle volte – forniti delle strutture sufficienti per prevenire i contagi. Spesso mancano i controlli e al loro interno non sono presenti strumenti per il ricircolo dell’aria. Il metodo resta quello artigianale del “tenere i finestrini aperti“, ma è sufficiente per scongiurare una risalita dei contagi? Le misure che saranno adottate avranno effetti positivi per il contrasto al virus? Ai posteri l’ardua sentenza, ma pure qui permane l’incertezza.

I decreti approvati ed entrati in vigore in questo anno e mezzo sono serviti solo ad arginare problemi che in alcuni settori vanno avanti da troppo tempo. Forse sarebbe necessario spostare l’attenzione verso la malattia: il Covid continua a diffondersi e continua a provocare morti in tutto il mondo. La sfera politica italiana da tempo parla di “ultimo miglio“, “ultimo sforzo”, ma non sarebbe meglio concentrarsi su misure di lungo periodo che prendano in considerazione non l’immediato futuro, ma quello degli anni a venire? Altrimenti l’impressione è che ci troveremo sempre a rincorrere il problema, senza mai risolverlo.

Alessandro Sorrenti

Sull'autore

Nato a Firenze il 12 febbraio del 2000. Studio giurisprudenza italo-tedesca all'Università di Firenze. Sono appassionato di film e musica anni '80. Nel mio tempo libero leggo libri e mi aggiorno sugli scenari politici attuali e passati dell'Italia e non solo.
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