
Da domenica 11 luglio continuano le proteste a Cuba. I cittadini condannano il regime per la mancanza di cibo, beni di prima necessità e per la pessima gestione della pandemia. Cosa sta succedendo a Cuba?
Patria Y Vida
Le proteste sono partite da un piccolo comune, San Antonio de los Banos e sono arrivate in poco tempo in altri 25 centri urbani, tra cui L’Avana. Nei giorni seguenti, le forze dell’ordine hanno sedato i moti con vere e proprie aggressioni e con l’arresti di manifestanti, attivisti e giornalisti (tra cui la spagnola Camila Acosta, corrispondente di ABC, accusata di “crimini contro la sicurezza dello Stato”). A Cuba non sono comuni le proteste ed è conseguente l’utilizzo massiccio di violenza contro coloro che esprimono dissenso nei confronti della dittatura.
Un po’ di contesto non fa male: da 62 anni questo popolo vive sotto regime; dopo la rivoluzione del 1959 Fidel e Raul Castro hanno governato l’isola con l’appoggio dell’URSS e con rapporti più o meno tesi con i vicini USA, contrari alla dittatura. Dalla morte di Fidel Castro, carismatico leader, nel 2016 e dal ritiro di Raul nel 2018 a favore di Miguel Diàz-Canel le cose sono cambiate. Non c’è più il fascino dittatoriale: nonostante il cambio generazionale, la politica cubana non si è evoluta e i tentativi di riforma economica di Diàz-Canel sono valsi una inflazione insostenibile e la svalutazione del 2400% del peso cubano.
Tornando a noi, sommare tutto questo alle gravi conseguenze economiche della pandemia, alle crescenti morti e contagi, al collasso del sistema sanitario e all’aumento dei prezzi (favorito dall’embargo), può far capire le ragionevoli cause di questa protesta. Lo slogan dei manifestanti è “Patria Y Vida” che riprende il motto rivoluzionario castrista “Patria o Muerte“: i cubani ora lottano per il diritto alla vita e alla democrazia in un Paese in cui solo questa frase costituisce reato di lesa maestà.
#SOSCuba
I media in questi giorni hanno avuto un ruolo importantissimo. Internet ha dato voce ai cubani e l’hashtag #soscuba è diventato talmente virale che domenica il governo ha bloccato la rete mentre dispiegava le forze dell’ordine in punti strategici. Questo è possibile perché l’unico operatore è statale e l’apertura ad internet si è verificata solo nel 2018.
Allo stesso modo, la dittatura ha usato media più tradizionali. Il presidente Diàz-Canel ha parlato in tv alla popolazione accusando gli Stati Uniti di aver assoldato mercenari per innescare la protesta e di aver affossato il Paese con l’embargo. Infine ha invitato il resto della popolazione a combattere contro i manifestanti, dicendo “L’ordine di combattere è stato dato: andate nelle strade, rivoluzionari!”.
Che sia l’inizio di una rivoluzione o solo una serie di proteste è presto per dirlo ma questo invito alla controrivoluzione potrebbe essere una mossa controproducente.
Le prime concessioni
Nelle ultime ore il Governo ha ceduto alle prime richieste, autorizzando l’ingresso “senza limiti” e senza dazi di generi alimentari, medicinali e prodotti da bagno da lunedì prossimo fino al 31dicembre 2021. Contemporaneamente il Ministro dell’Economia ha annunciato una riforma salariale mentre il Primo Ministro Marrano Cruz ha precisato che i viaggiatori potranno portare i beni nelle quantità dettate dalle compagnie aeree.
Sofia Bettari
(In copertina le proteste di Cuba, da newsweek.com)