Negli ultimi giorni il cosiddetto “Malikagate” ha catturato l’attenzione dell’opinione pubblica italiana, in gran parte delusa dal comportamento di Malika, la ragazza che ha speso in beni costosi e superflui parte del denaro raccolto in beneficenza per lei.
La storia di Malika Chalhy, la ventiduenne cacciata di casa per il suo orientamento sessuale, aveva colpito molte persone, tanto da generare una gara di solidarietà che ha raggiunto l’esorbitante cifra di 150.000 euro. Tuttavia, i soldi destinati a coprire le spese legali e dello psicologo hanno contribuito all’acquisto di una Mercedes e di un bulldog, “beni di prima necessità” secondo Malika. Tutto ciò ha suscitato non poche polemiche nell’opinione pubblica.
Le raccolte fondi
Spero di essere anche una speranza per le persone che mi vedranno e che non hanno il coraggio di ammettere a sé stessi o alle persone vicine chi sono realmente.
Malika Chalhy
Queste sono le parole pronunciate da Malika nel primo video pubblicato da Fanpage.it, quello che ha fatto conoscere la storia di questa ragazza a tutta Italia. La ragazza fa ascoltare i messaggi vocali pieni di odio e di disprezzo inviati dalla madre dopo aver letto la lettera in cui la figlia scrive di essersi innamorata di una ragazza. “Hai voluto farci toccare il fondo”, “è uno schifo, accidenti a te, pezza di m***a” sono solo alcuni degli insulti ricevuti dalla ragazza, la quale aveva deciso di denunciare tutto ai carabinieri.
Da allora, Malika è stata cacciata di casa e si è costruita una nuova vita a Milano insieme alla fidanzata Camilla. Questo è stato possibile grazie anche alle raccolte fondi a cui hanno contribuito numerosissime persone, sconcertate e commosse dalla testimonianza della ventiduenne toscana. Non una, bensì due raccolte fondi: la prima aperta dalla cugina Yasmine, e la seconda aperta da Carlo Tumano di “Papà per scelta”. In totale sono stati raccolti quasi 150mila euro: 138.490 dalla prima e circa 11mila dall’altra.
L’intervista di Selvaggia Lucarelli
Il 30 giugno Selvaggia Lucarelli pubblica su TPI un’intervista a Malika e a Roberta, l’agente della ragazza. Le due donne, incalzate dalle domande della giornalista, parlano delle raccolte fondi e dei bonifici già effettuati e menzionano la decisione di fondare un’associazione per le vittime di discriminazioni insieme a Laura Boldrini. Tuttavia, l’onorevole ha parlato di una vera e propria fake news, dato che afferma di non conoscere Roberta né di aver mai discusso l’ipotesi di fondare un’associazione.
Nell’intervista si affrontano anche altre questioni, come l’acquisto della Mercedes. E anche qui emerge un’altra menzogna, rivelata proprio nell’intervista: quando le persone avevano iniziato a chiederle di chi fosse la Mercedes, Malika rispondeva dicendo che fosse dei genitori della sua ragazza.
Senti, io ho 22 anni e volevo togliermi uno sfizio, mi sono comprata una bella macchina, potevo comprarmi un’utilitaria e non l’ho fatto. Se ho mentito sulla macchina è perché mi hanno chiusa, messo in uno sgabuzzino…
Malika Chalhy
Nella conclusione dell’articolo, la Lucarelli afferma che Roberta e Malika l’hanno richiamata. Tuttavia, dopo aver ammesso “lo sfizio”, parla di costrizioni non meglio precisate, lasciando solo una grandissima confusione. Per niente disposta a cedere, la giornalista pubblica il giorno dopo un altro articolo relativo ad altre spese della ragazza, fra cui un bouledogue francese costato quasi 2.500 euro.
Mi piaceva la razza, devo giustificarmi perché spendo i miei soldi come voglio?
Malika Chalhy
La versione di Malika
Malika si è difesa con un post sul suo profilo Instagram in cui dice di sentirsi in dovere di dare delle spiegazioni. Sostiene che le sue affermazioni siano state riportate male dai giornali e che abbia deciso fin da subito di aiutare gli altri con delle donazioni di cui ha postato gli screenshot dei bonifici nelle storie. Inoltre, spiega di aver preso una Mercedes di seconda mano dando in permuta la sua automobile dato che, per i numerosi impegni lavorativi e sociali, c’era bisogno di una macchina che le permettesse “di non restare a piedi in questi viaggi lunghi”.
La ragazza ammette anche di stare ancora cercando lavoro, come è stato confermato dall’intervista rilasciata a Fanpage.it, e che la macchina fa parte della ricostruzione della sua vita. Infine, ha concluso dicendo di volersi mostrare senza filtri mediatici e ringraziando tutti coloro che l’hanno sostenuta. Ma quando sembrava tutto chiarito, ecco che spunta un altro post sul profilo Instagram di Malika. “In questi giorni vi siete divertiti a sputtanarmi, da lunedì inizierò a divertirmi io”: non proprio un’uscita elegante, dato che sarebbe bastato ammettere i propri errori con umiltà, senza cadere nel vittimismo e nella vendetta.
L’insostenibile superficialità della vicenda
Da qualsiasi prospettiva la si guardi, da questa storia emerge un aspetto significativo: la superficialità. In primis, la superficialità di Malika: quelli utilizzati per gli acquisti non sono i suoi soldi, come lei ha sostenuto. È il denaro di numerose persone che, generosamente, hanno rinunciato a qualcosa per poter aiutare una ragazza cacciata fuori di casa a gestire le necessità impellenti: una casa, le spese legali, lo psicologo. Gli “sfizi” non erano contemplati. Inoltre, le bugie, le continue giustificazioni (“ho 22 anni”, come se a quell’età non si sappia comprendere il valore dei soldi) e le controaccuse non contribuiscono di certo a migliorare la sua immagine, già pesantemente danneggiata.
Eppure, anche noi e i media siamo superficiali nel trattare Malika e le vicende a lei connesse: nella facilità con cui innalziamo bandiere e simboli; nella velocità con cui giudichiamo, condanniamo e assolviamo una persona o una vicenda senza approfondire, lasciandoci trascinare dalla pura emotività. Servirebbe da entrambe le parti un approccio critico, mediato dalla ragione: aiuterebbe a evitare molti errori, come spendere i soldi delle donazioni in elementi accessori o elargire denaro senza prima informarsi seriamente solo perché trascinati da una storia che ha una forte risonanza mediatica.
Beatrice Russo
(In copertina Malika Chalhy)