Cronaca

Incidente alla funivia di Mottarone: un copione che si ripete

Mottarone

Le indagini sul recente incidente della funivia di Mottarone hanno portato alla luce questioni agghiaccianti. L’ipotesi investigativa è che non si sia trattato di un errore umano: il forchettone è rimasto inserito per ovviare a un’anomalia ai freni che faceva rischiare il blocco alla funivia. Tutto ciò, per evitare interruzioni del servizio. Ulteriori sopralluoghi ed indagini sono in corso, per capire meglio la dinamica dell’incidente.


Lo storico dell’incidente

La funivia, con un tragitto della durata di 20 minuti, raggiunge quota 1.491 metri. Chiusa nel 2014 per garantirne una revisione generale, il 13 agosto 2016 è stata inaugurata la riapertura della funivia. I lavori sono stati eseguiti dalla ditta Leitner di Vipiteno. La manutenzione straordinaria ha previsto una serie di interventi: la sostituzione dei motori, dei quadri elettrici, dell’apparato elettronico, dei trasformatori. La funivia Stesa – Alpino Mottarone era da poco stata rimessa in funzione, quando ci fu la tragedia che coinvolse quindici persone.

La fune dell’impianto ha ceduto quasi in vetta (a 100 metri prima dell’ultimo pilone) in uno dei punti più alti. Non avendo più un traino la cabina è scivolata indietro e prendendo rapidamente velocità (si ipotizza sia arrivata anche a 100 km/h). Poi ha urtato con violenza contro l’ultimo pilone dell’impianto ed è precipitata per 30 metri nel vuoto. Successivamente l’impatto a terra, lo scivolamento per un centinaio di metri sul versante, fino a terminare la corsa contro alcuni alberi. 

Le strade che portano alla vetta sono state immediatamente chiuse, per permettere ai soccorritori di intervenire il più tempestivamente possibile. Le cause dell’incidente sono ancora da accertare, tuttavia è risultato subito chiaro il motivo per cui i freni di emergenza non hanno funzionato: l’inserimento di un forchettone nell’impianto frenante.

Cos’è il forchettone?

Si tratta di una piastra di metallo che viene inserita manualmente nella parte alta del carrello della cabina, dove ci sono le rulliere. Viene solitamente utilizzata per tenere forzatamente in posizione aperta proprio i freni di emergenza. Non sono pezzi organici delle cabine, bensì vengono inseriti manualmente. Serve sia per effettuare in sicurezza operazioni di manutenzione, che per riportare a valle la cabina, senza correre il rischio che rimanga bloccata nel tratto. Se salta la corrente, se c’è un guasto del sistema idraulico, con il forchettone o morsa, la cabina scende ugualmente a valle. 

Deve però non esserci nulla del genere quando la funivia è in funzione, con i passeggeri a bordo della cabina, perché di fatto non consentirebbe la frenata in caso di emergenza.

Non basta la presenza del forchettone

Ma la presenza del forchettone, non basta a spiegare la causa della rottura del cavo traente. A dirlo, è anche l’ingegnere Ivano Curmelato, responsabile dell’Ustif. Dal 12 agosto, data in cui l’impianto era tutto in regola, sono stati effettuati controlli periodici, tutti con esito positivo. L’ultimo controllo magnetoscopico della fune è stato effettuato a novembre 2020 e gli esiti non hanno fatto emergere alcuna criticità. Allora, come è potuto succedere?

Forse per un difetto di resistenza, oppure perché sottoposta ad una sollecitazione superiore alle sue capacità. Oppure, ancora, aver il forchettone inserito ha accelerato la velocità di percorrenza del tratto e, a lungo andare, ha logorato il cavo stesso. Ancora non si hanno riposte certe. Le indagini sull’impianto continueranno nei prossimi giorni, nel tentativo di far chiarezza sulla vicenda.

L’unica certezza è che qualche giorno prima c’era stato il tentativo di sistemare il guasto al freno d’emergenza (che dava anomalia da oltre un mese), solo parzialmente risolto. E questo ha portato alla decisione di disinserirlo per poter comunque riaprire l’impianto. Quindi, da circa un mese la funivia trasportava passeggeri con il forchettone inserito.

Tre arresti nella notte

Tre sono gli attori fermati e arrestati nella notte di martedì: il gestore Luigi Nerini, il direttore del servizio e un dipendente. Le accuse nei confronti dei tre indagati sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime. 

Il loro è stato un comportamento ”consapevole e sconcertante”, perché i tre fermati avrebbero avuto consapevolezza del malfunzionamento dell’impianto frenante e per ”evitare continui disservizi e blocchi” hanno preferito per settimane continuare a mettere a rischio i passeggeri, coscienti che l”’anomalia necessitava di un intervento più radicale, di un blocco più consistente” dell’impianto. 

L’amore prevale sulla tragedia

Eitan ha 5 anni ed è l’unico sopravvissuto alla tragedia. Il piccolo sembra apparire in una foto scattata pochi istanti prima del crollo: di spalle, con una maglietta rossa, con lo sguardo rivolto verso l’alto mentre ammira le bellezze naturale di Stresa, sul lago Maggiore. Nell’incidente hanno perso la vita i suoi giovani genitori, Amit e Tal, il fratellino Tom di due anni e i nonni, arrivati pochi giorni fa dall’Israele per una breve vacanza.

Nonostante la situazione critica, suo padre lo ha stretto forte a sé per proteggerlo. Un gesto istintivo, frutto di un amore incondizionato. Omnia vincit amor, l’amore vince su tutto, anche sulla morte stessa. Questo gesto ha, infatti, permesso al piccolo di arrivare in ospedale in prognosi riservata. Recentemente estubato, ha riaperto gli occhi.

Al suo fianco, oltre ad anestesisti e psicologi dell’ospedale Regina Margherita, anche la zia Aya, sorella del padre. Quando ha riaperto gli occhi, ha potuto vedere un volto familiare, a cui porrà tante domande una volta guarito. Serve un intervento tempestivo, per fronteggiare il grande trauma psicologico del piccolo. Ma è un processo lento e graduale. Da quel giorno, la sua vita non sarà più come prima.

Intanto, Eppela ha organizzato una raccolta fondi: “Aiutiamo il piccolo Eitan“. Una raccolta fondi diversa dalle solite, poiché il progettista riceve la somma raccolta indipendentemente dal valore finale fissato. Il progetto è stato messo in atto in collaborazione con le Comunità Ebraiche Italiane, per garantire al piccolo sopravvissuto un fondo di supporto.

Il paese delle tragedie

Non è la prima volta che, in Italia, per mancate manutenzioni o mancati interventi, accadano delle tragedie simili a quella della funivia. Basti pensare al crollo del ponte Morandi, per esempio. Il ponte è crollato, ma è rimasto in piedi quel ponte invisibile che da sempre unisce il mondo del capitalismo con le sponde della politica e dell’amministrazione. Un modello ormai consolidato italiano, un copione che vediamo sempre più spesso messo in atto.

E, anche stavolta, la storia si è ripetuta. L’Italia ha un assetto territoriale problematico, reso ancora più rischioso da una forsennata antropizzazione. Quando la terra trema, quando piove troppo, quando le montagne e colline franano, ecco i morti e feriti. Arrivano i soccorritori, rischiando la propria vita per salvare i superstiti. Successivamente, emergono vari dettagli sulle cause dell’evento. La maggior parte delle volte si ha un denominatore comune: mancati controlli di sicurezza.

Eppure, cosa si è fatto prima, per prevenire queste sciagure? Come si interviene dopo? Certo, la maggior parte delle opere è stata costruita per poter durare decenni, ma senza adeguate manutenzioni il loro ciclo di vita si abbassa drasticamente. Diventa inaccettabile aspettare una tragedia, prima di avviare i controlli. 

Lo scarico delle responsabilità

Le coscienze si scuotono, i dibattiti si animano. Ma, di fatto, all’atto pratico non si interviene, se non per ricostruire. E intanto, vi è lo scaricabarile delle responsabilità. La responsabilità della tragedia del ponte Morandi è stata addossata tutta a Spea, la quale però ha solamente obbedito agli ordini della casa madre. Ora, la responsabilità del crollo della funivia rimbalza dalla Regione Piemonte all’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif).

Però, indipendentemente da chi, rimane chiara una cosa: questa tragedia si poteva evitare. Se solo l’avidità non abbia accecato i gestori. Se solo il menefreghismo e il Dio Denaro non abbiano prevalso sul senso civico e morale. Non è possibile che, nel 2021, si trascuri la sicurezza di un impianto, guardando solo al profitto. Non è possibile giocare con le vite umane fino a tal punto.

Alice Mauri

(In copertina una foto dell’incidente sul Mottarone, da ilmanifesto.it)


Articolo realizzato in collaborazione con Sistema Critico, un gruppo di studenti universitari che si pone come obiettivo il racconto del reale in modo critico e giovanile, avvicinando le persone alle questioni che il mondo ci pone ogni giorno.

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