Seconda guerra mondiale. Il soldato Felix L. Sparks e il suo battaglione rimangono più di 500 giorni sul campo, passando per l’Italia, per il sud della Francia e terminando il viaggio alle porte del campo di concentramento di Dachau.
Tutto questo sulla serie TV Netflix The Liberator, uscita in concomitanza con il 101esimo anniversario del Veteran’s Day e realizzata con una nuova e affascinante tecnica di animazione.
Oltre 500 giorni tra Italia, Francia e Germania
Seconda guerra mondiale: il capitano Felix L. Sparks e il suo battaglione rimangono più di 500 giorni sul campo di battaglia in vari teatri del conflitto, partendo dall’Italia, passando per il sud della Francia, e terminando il loro viaggio alle porte del campo di concentramento di Dachau. Tutta questa storia la troviamo su Netflix, dove è uscita in occasione del Veteran’s Day americano, il tutto con una nuova e affascinante tecnica di animazione che si basa sull’unione di elementi fotorealistici e scenografia digitale.
Il viaggio del soldato Sparks
10 luglio 1943, il terzo battaglione approda in Sicilia per prendere parte all’operazione Husky e il capitano Sparks (interpretato da Bradley James) rimane ferito. Arrivato in Africa, viene giudicato non idoneo per ulteriori missioni militari dai suoi amici e fratelli d’armi ancora sul campo, e così si fa dare “un passaggio” da dei piloti di un bombardiere B-17 con cui torna al fronte. Prende parte alla sanguinosa battaglia di Anzio, situata a 60 km da Roma, dove la sua compagnia rischia l’annientamento, e sopravvivono solo tre soldati insieme al protagonista. Il suo viaggio però non è ancora finito: viene infatti assegnata al suo reggimento una nuova missione, l’operazione Dragoon, per liberare il sud della Francia, dove non hanno ancora idea di cosa li aspetti.
Infatti, la liberazione della Francia si fermerà sui Vosgi, alle porte della Germania, dove Sparks è costretto a fronteggiare una resistenza nazista con solo due battaglioni dimezzati, in uno degli inverni più freddi d’Europa, in cui si raggiunsero i -20° sottozero. Superati i Vosgi entra in Germania, dove partecipa alla vittoriosa battaglia di Aschaffenburg, e il suo viaggio dell’orrore finisce proprio a Dachau, di fronte ai corpi senza vita di oltre 2.000 ebrei distribuiti in 39 vagoni.
Un sistema innovativo
La miniserie da quattro episodi è interamente costruita con una nuova tecnica cinematografica: la T.E.H.A., ovvero Trioscope Enhanced Hybrid Animation. Questo sistema di animazione, inventato dallo studio School of Humans, consiste nello scansionare gli attori in digitale, e poi trasportarli in un programma per creare la scenografia. Il maggior vantaggio di questo sistema è la possibilità di mantenere gli attori a una qualità fotorealistica (ovvero senza doverli ridisegnare in fase di produzione), pur rimanendo nel campo della computergrafica. In questa miniserie il cast è ristretto, e l’attore principale, Bradley James, sostiene l’intera serie nel suo ruolo del brigadiere generale Sparks con una bravura ammirabile.
Nella sceneggiatura, grazie alla T.E.H.A., è stato attuato un capolavoro di precisione, eseguito tanto bene da far quasi dimenticare allo spettatore di star guardando una animazione digitale. Ogni episodio dura in media 48 minuti ed è sempre scandito da un ritmo incalzante, che non cala nemmeno nelle scene di combattimento, immuni alla generale tendenza alla ripetitività e alla confusione presenti nella cinematografia di guerra.
Il mio giudizio personale su The Liberator è generalmente molto positivo. La ritengo una serie capace di far conoscere al grande pubblico la bellezza della T.E.H.A. e utile anche per ampliare le proprie conoscenze relative alla Seconda guerra mondiale, che servono e serviranno sempre a mantenere vivo il ricordo di questi eroi, insegnandoci una dura lezione sul costo umano della guerra e ponendoci il monito di non ripetere gli errori del passato.
Gabriele Cavalleri
(In copertina una scena tratta dalla serie TV The Liberator, disponibile su Netflix)