È sotto gli occhi di tutti, i leader politici di ogni Stato sono ormai delle vere e proprie star del web. Le loro pagine contano migliaia o milioni di like, commenti e condivisioni. Dando però un’occhiata più attenta ai loro sostenitori si scopre una verità ingannevole e poco trasparente. Ecco come si evolve la propaganda su Facebook.
Come manipolare online
Facebook è stato il primo social network di massa e, pur avendo perso gran parte degli utenti più giovani, continua ad essere una fonte di informazioni importante. Più volte la piattaforma si è mostrata troppo permissiva nei confronti di fake news o account palesemente falsi e quando questo incontra il mondo della politica tutto assume un rilevanza maggiore.
Come dimostra un articolo del Guardian, il social network sembra non ostacolare la circolazione e la diffusione di post manipolatori usati a fini propagandistici. I profili di molti politici sono infatti pieni di profili falsi che mostrano loro grande supporto esibendosi in commenti celebrativi o distorcendo la percezione della realtà agli occhi delle persone meno attente. D’altronde è risaputo che la cosiddetta “massa” è in grado di avere una forte influenza decisionale sul singolo individuo. Si tratta di uno stratagemma largamente usato in politica ben prima dell’avvento di internet ma che con esso assume toni più preoccupanti.
Questo fenomeno sembra interessare in misura maggiore i Paesi in via di sviluppo e non “occidentali”, di fatto politicamente più deboli, mentre ogni abuso che coinvolge i Paesi più ricchi come USA, Inghilterra o Germania, viene prontamente segnalato dal sistema. Per Facebook sembrano esserci Stati di serie A e di serie B.
Ma com’è possibile?
Chi lavora per il colosso di internet si è sempre detto molto sensibile a questioni quali la privacy, la diffamazione, la presenza di account fake e simili. Questo in parte è vero. Nessun utente può infatti avere più di due account legati alla stessa mail e deve essere verificato, ma questi requisiti non valgono per le pagine. Il limite si può così aggirare con estrema facilità.
Gli account incriminati non appartengono a delle persone ma a dei fantomatici brand come negozi di abbigliamento, bar, giornali… Essi possono commentare, condividere, mettere like o altre reaction, come un qualsiasi altro tipo di account. Dietro a molte di queste pagine fatte ad hoc si nasconde spesso un’unica persona incaricata di svolgere questo tipo di propaganda apparentemente innocua. Si tratta di un vero e proprio loophole (scorciatoia), per usare un gergo informatico.
Con più di 2.7 miliardi Facebook gioca un ruolo determinante nella vita pubblica e politica di molti Paesi, soprattutto in quelli fragili da questo punto di vista, dove l’opinione di gran parte della popolazione dipende da influenze esterne, lì dove la democrazia assume i contorni di un concetto sempre più astratto e tradotto a fatica in realtà.
Nella sede di Menlo Park in California, e in tutte quelle disseminate per il globo, gli addetti ai lavori sono consapevoli del peso che l’azienda per cui lavorano ha, eppure molti chiudono volentieri un occhio in contesti dove conviene. La strada per un social trasparente è ancora lunga, soprattutto se manca l’atteggiamento necessario per abbattere questa piaga dell’era informatica.
Come fare propaganda: l’esempio di Honduras, Azerbaijan e Albania
Questi tre Paesi così distanti tra loro geograficamente e non solo, sono accomunati da una classe dirigente che fa largo uso di questa strategia. I loro post sono pieni di reaction e commenti a sostegno dell’operato del governo, difeso a spada tratta a prescindere da tutto. A prima vista potrebbero sembrare dei fedelissimi affezionati al politico di turno ma se indaghiamo sotto le apparenze tutto si mostra per ciò che è. Un esercito di account fake dai nomi e dalle immagini profilo più improbabili.
Sulla pagina Facebook (almeno quella è vera) del Presidente in carica dell’Honduras, Juan Orlando Hernandez, gli account ambigui non sono pochi.
I vari Juan Soler, Braulio Barrera, Nora Alicia, Noticias 360 etc… elogiano il loro amatissimo Presidente, eppure, basta cliccare sui loro nomi per scoprire che si tratta di profili costruiti appositamente: alcuni si presentano come negozi con al massimo 9/10 like, altri come ragazze attraenti.
Qui sotto ci sono degli screen dalla pagina ufficiale del presidente Hernandez. Sotto ogni suo post centinaia di commenti, molti dei quali esprimono un forte sostegno nei suoi confronti. Tutto all’apparenza normale. Se però andiamo un po’ oltre e cerchiamo di indagare, notiamo qualcosa, o meglio qualcuno, di sospetto. Scorrendo i commenti notiamo una certa Nora Alicia. Cliccando sul suo nome scopriamo che si tratta di un “personaggio pubblico”, con ben 2 like e la foto di una ragazza come immagine profilo.
Si tratta di una strategia elementare, che si può mettere in atto in pochi minuti e che non richiede grandi somme di denaro come le classiche campagne elettorali.
Azerbaijan e Albania con i rispettivi governi non sono da meno. Nel primo caso spesso ad essere prese di mira sono le relazioni con l’Armenia, sempre più tese negli ultimi tempi, oltre alla classica propaganda di partito; nel secondo si è voluta distorcere l’opinione pubblica in vista delle elezioni previste per il 25 aprile di quest’anno. E ricordiamolo, non è un caso che si tratti di Paesi marginali, non occidentali e dalla ridotta influenza internazionale. Sarebbe tutto molto divertente se non fosse per la potenziale pericolosità di questo modus operandi.
Le colpe di Facebook
Ciò che colpisce di più è senza dubbio la negligenza di Facebook nei confronti di ciò che succede al suo interno. Sembra impossibile pensare che in 11 anni di attività non si riesca a trovare una soluzione definitiva a un problema così elementare. I pochi dipendenti coraggiosi dell’azienda americana che hanno osato criticare il proprio datore di lavoro sono stati puniti, in alcuni casi anche con il licenziamento. Nell’ultimo periodo sempre più giovani si allontanano dalla piattaforma preferendone altre, aumentando così l’età media del bacino d’utenza, forse anche a causa di questi atteggiamenti discutibili. Troppi sospetti aleggiano sul colosso dei social network e notizie del genere stanno diventando sempre meno sorprendenti.
Il modo in cui vengono percepite le informazioni sta cambiando molto rapidamente e con esso si scoprono vari trucchi in grado di distorcere la realtà inducendo gli elettori nella direzione desiderata. Che questo sia un grave pericolo per le democrazie è innegabile eppure si sta facendo di tutto per diseducare alla tanto sofferta libertà di scelta.
Jon Mucogllava
(In copertina rielaborazione grafica di una foto di Joshua Hoehne da Unsplash)