Giorno dopo giorno il Movimento subisce colpi difficili da incassare. L’ultimo è quello che vede lo scisma netto tra la piattaforma Rousseau e il partito. È di ieri l’annuncio di Davide Casaleggio di interrompere il servizio della piattaforma per ingenti ritardi del Movimento.
I ritardi sono causati da una spontanea adesione alla linea dei vertici politici del M5S atta a cessare la retribuzione mensile alla piattaforma. Questa, come afferma Casaleggio, continuerà a essere attiva e a sostenere future iniziative sociali.
Cos’era la piattaforma Rousseau?
La piattaforma Rousseau faceva sì che gli iscritti potessero scegliere i propri rappresentanti nelle assemblee elettive o pronunciarsi su un tema specifico. Ha accompagnato il Movimento a partire dal 2012, quando è stata fatta la prima votazione tramite questo mezzo.
Prima dello scisma, però, potevano votare nella piattaforma solo gli iscritti al sito fino a gennaio 2015. Gli iscritti, arrotondati a 200.000, erano solo lo 0,3% circa degli italiani, e per un lasso considerevole di tempo sono stati interpellati dal partito su questioni di particolare interesse. Per citarne alcune: il nome da portare in Parlamento per l’elezione del Presidente della Repubblica nel 2015, il voto a favore del governo giallo-verde e poi di quello giallo-rosso, fino ad arrivare alla famigerata votazione per rimuovere il vincolo del secondo mandato. Su tutte le votazioni di carattere nazionale sembra che i votanti sulla piattaforma abbiano sempre appoggiato le decisioni politiche del Movimento.
Quanto Rousseau c’è nella piattaforma?
Per quasi dieci anni, dunque, il partito e la piattaforma hanno sventolato la bandiera di unicità del loro progetto, propugnatori della cosiddetta “democrazia diretta”. È questa una forma di governo secondo cui i facenti parte sono chiamati a prendere decisioni sulla “cosa pubblica” in maniera diretta, senza l’intermediario istituzionale. Piccole parentesi di democrazia diretta sono garantite anche dalla nostra costituzione, il referendum ne è un esempio. Ma dietro la linea decisionale del partito e della piattaforma Rousseau c’è poco di democratico, c’è poco del pensiero che lo stesso Rousseau aveva dello Stato. L’esiguo numero di persone – che non rappresentano nessuna gamma di popolazione, poiché sono interpellati solo coloro che possono vantare un’adesione al partito che precorre al 2015 – consiglierebbe più la scomoda dicitura di “oligarchia diretta”.
La fine di un’era?
Ma lo scisma è solo parte del crollo che il movimento sta subendo dall’alto. Sullo sfondo di un elettorato che sta abbandonando il progetto, di un elettorato che ritorna a sinistra o a destra, i punti di riferimento iniziali del partito stanno via via scemando. Non c’è più il divieto del secondo mandato, ai tempi simbolo di quell’idea che abborre il politico di professione, l’uomo di palazzo; non più il capo politico votato attraverso la piattaforma, ma scelto dall’alto; non più Movimento nemico dei vecchi partiti, ma loro stretto collaboratore. Allora cosa resta del movimento, e soprattutto cosa resta della frustrazione della gente, sentimento per cui il Movimento è nato?
Era un esperimento sorto per morire nel giro di pochi anni, poiché l’onestà deve per forza accompagnata dalla competenza, poiché si nutriva dei rancori della gente, alimentata dai “vaffa” di Grillo; o gli errori dei loro leader hanno effettivamente pesato sul fallimento di tutto un movimento? L’incontro con i gilet gialli, i continui cambi di fronte, l'”uno vale uno” rinnegato dalle nuove regole più conformi allo stilema di parlamentare, con tutti i suoi oneri e onori: quanto peso hanno avuto tali incongruenze?
Il castello di sabbia è crollato, il re è nudo, dei Cinque Stelle rimane solo il nome e le riforme che, spinti dalla loro stessa corrente, hanno attuato. Permane il lavoro di tre anni al governo, rimangono le riforme che comunque hanno un peso politico rilevante come il reddito di cittadinanza e il taglio dei parlamentari. Il Parlamento doveva essere aperto come una scatoletta di tonno. Ma quale scatoletta di tonno, quale uno vale uno, quale democrazia diretta? Il partito del 30% alle politiche del 2018, con la maggioranza in Parlamento, si spegne così, usando la mascherina per coprire il rossore nel volto.
Alessandro Bitondo
(In copertina Luigi Di Maio, Beppe Grillo e Davide Casaleggio.