Cronaca

Ciro Grillo e Alberto Genovese – Due accusati fuori dal comune

Ciro Grillo

Il nome di Ciro Grillo è destinato a occupare le pagine dei giornali per i prossimi mesi. Perché? Semplice: è un giovane uomo con un cognome fragoroso, accusato di stupro.


La sua vicenda emerge circa sei mesi dopo un’altra accusa di stupro ai danni di un imputato fuori dall’ordinario, Alberto Genovese. I due casi, pur nelle loro differenze, presentano alcuni elementi comuni che delineano dei quadri scomposti, di cui gli eccessi sono parte integrante.

Il caso Ciro Grillo

Ciro, figlio del comico Beppe Grillo, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di stupro di gruppo. I fatti a lui contestati risalgono all’estate del 2019, quando Grillo si trovava a Porto Cervo, in Sardegna, nella villa del padre. Insieme a lui c’erano tre ragazzi e due ragazze. Una delle due, S.J., ha denunciato i quattro per aver abusato di lei a turno, al termine di una serata al Billionaire. Al rientro dalla nota discoteca, la ragazza sarebbe stata costretta a bere mezzo litro di vodka e poi ad avere cinque o sei rapporti sessuali contro la sua volontà. L’amica, R.M., nel frattempo si era addormentata, ma il Corriere della sera  ha ipotizzato che anche lei possa aver subito violenza. Sulla vicenda sta indagando la procura di Tempio Pausania.

La cultura dello stupro

A rendere davvero virali i guai giudiziari di Ciro è stato un video del padre Beppe. Un filmato breve, caricato su YouTube e diffuso su Facebook e sul blog del comico, della durata di nemmeno due minuti. Un minuto e quaranta secondi, per l’esattezza. Un tempo limitato, che però è stato sufficiente per riaffermare tutti i capisaldi della cosiddetta “cultura dello stupro”.

Per “cultura dello stupro” si intende una cultura che tende a minimizzare o negare, e quindi indirettamente favorire, la violenza sessuale. Ed è proprio questo che accade nel video incriminato: Beppe Grillo urla che “non è vero niente“, che la ragazza era sicuramente consenziente perché un altro filmato la mostra ridere, circondata da Ciro Grillo e gli altri tre maschi seminudi, e perché ha denunciato otto giorni dopo. Secondo Grillo, che la ragazza sia andata a fare kite surf il pomeriggio successivo, anziché precipitarsi alla polizia, “è strano“. Non ha urlato, non è la vittima perfetta, quindi forse sta mentendo. Questa è la cultura dello stupro.


Per approfondire il tema “cultura dello stupro”: TELEGRAM, i gruppi di stupro virtuale – Gioco o realtà? (un articolo di Valeria Fonte)


Il caso Genovese

Alberto Genovese fino all’ottobre del 2020 era noto per aver fondato Facile.it. Poi sono arrivate le accuse di stupro. All’inizio era una ragazza, che sosteneva di essere stata violentata nell’attico di Genovese, a Milano, ora sono sei. Il contesto è sempre lo stesso: feste da sballo, alcol, droghe pesanti e giovani donne che dovevano intrattenere Genovese, a Milano come a Ibiza. Pare che fossero scelte attraverso una sorta di casting, per trovarne di belle, magre e soprattutto disposte a drogarsi. Per lui e per la sua compagna, Sarah Borruso, anche lei sotto accusa, le ragazze erano consapevoli di ciò che accadeva a quelle feste, e quindi consenzienti. Loro, però, raccontano un’altra storia.

Ciro Grillo e Alberto Genovese: le similitudini

La prima similitudine tra i due casi sta nei loro imputati. Diversi per età e provenienza, ma simili per status: due persone fuori dal comune. La loro popolarità impone un’attenzione maggiore su un fenomeno, quello della violenza sessuale, che rischia ancora di restare sommerso. In Italia, infatti, l’articolo 609 bis del codice penale stabilisce che la denuncia di uno stupro debba arrivare entro un anno. Se questo termine viene superato, la violenza non è perseguibile. È “scaduta”, come uno yogurt. Come se non fosse mai avvenuta.

Il secondo punto di contatto si trova nel consenso. In entrambi i casi, sulla base dei comportamenti delle donne coinvolte, si è data per scontata la loro disponibilità: S.J. stava in mezzo a quattro uomini quasi nudi, le ragazze di Genovese si drogavano. Questo, però, non equivale a dare il proprio consenso a un rapporto sessuale. La grande eco mediatica, inoltre, genera un uragano di illazioni contro le ragazze, al punto che due delle sei che hanno denunciato Genovese, Ylenia e Martina, sono uscite allo scoperto. Hanno rinunciato alla protezione dell’anonimato per dichiarare di non essere prostitute, perché questo si diceva di loro, sui social e non solo.

Infine, il terzo elemento di convergenza riguarda il contesto. Queste storie ci portano in un mondo di lusso, tra Porto Cervo e piazza del Duomo a Milano, dove evidentemente vale il vecchio detto “non è tutto oro quel che luccica”. Qui poi i due casi si dividono, quello di Genovese va verso un agghiacciante scenario di dipendenza e violenze sistematiche, mentre quello di Ciro Grillo è ancora tutto in costruzione. Sicuramente ne sentiremo parlare ancora a lungo.

Sara Bichicchi

(In copertina brbrihan da Unsplash)


Per approfondire: Guardalo con i miei occhi – Ciro Grillo e l’accusa di stupro (un articolo di Elettra Dòmini)


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