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Figliuolo VS Murgia – L’uomo nero con le stellette

Figliuolo VS Murgia

Secondo Michela Murgia, il generale e commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo non dovrebbe indossare la divisa; Luca Bottura le dà ragione, la Meloni insorge. Ma quali sono le ragioni di questo terrore dell’uniforme?


[…] A me personalmente spaventa un commissario (Figliuolo) che gira con la divisa, non ne ho mai subìto il fascino. Questo fascino per l’uomo forte io non lo capisco […]

Gli unici uomini che ho visto in divisa, davanti alle telecamere, che non fossero le Forze dell’Ordine, […] sono i dittatori degli altri Paesi…

Io, quando vedo un uomo in divisa, mi spavento sempre, non è che mi sento più al sicuro […]

Michela Murgia

Con queste parole, signora Murgia, Lei ha riassunto perfettamente una patologia che, nel nostro Paese, è a dir poco endemica: il sistematico e ingiustificato terrore dell’uniforme. Le mie velleità di latinista mi spingerebbero a un gioco di parole come “uniformidine” (in latino formido, -idinis vuol dire proprio paura, terrore), ma anche un cacofonico “uniformifobia” può bastare. Questa patologia si manifesta alla visione di un uomo in divisa per strada, innescando l’istinto del fight or flight e istigando paura e astio nella persona affetta; la visione in TV genera, invece, sproporzionati istinti ostili che spaziano dal ribrezzo al puro e semplice panico.

Come ogni paura irrazionale, il primo passo per curare chi ne soffre è dimostrare l’irrazionalità della paura stessa. Lasci dunque che provi a spiegarLe perché temere la divisa è decisamente poco sensato. Anzitutto, si consideri che chi indossa la paurosa divisa dipende, per il proprio sostentamento, dallo Stato cui ha prestato solenne giuramento di obbedienza, ed è stato addestrato per almeno un anno intero (nel peggiore dei casi) a fare solo e soltanto il proprio dovere.

Sarei curioso di sapere da Lei, sig.ra Murgia, se sia più probabile subire violenza da un qualsiasi passante, che potrebbe essere il più santo dei cittadini, come un avanzo di galera pronto a uccidere la sua prossima vittima, o da qualcuno di cui al solo sguardo si comprende benissimo la formazione e che, per un errore durante il servizio (ovviamente con la tanto spaventosa uniforme addosso), rischia di perdere il lavoro – quando non di finire davanti a una corte marziale.

Per quanto riguarda gli abusi di potere…

Già sento la Sua voce levarsi a ricordo degli innumerevoli e abominevoli abusi di potere delle Forze dell’Ordine italiane. Sostenere però che le FFOO abbiano una storia di abusi di potere solo in virtù di eventi bagatellari, consueti e perfettamente comprensibili, nonché giustificati (un insulto durante un arresto concitato, un carabiniere non troppo amichevole durante un alcol test), dimostra soltanto una terribile incapacità di mettersi nei panni di chi indossa un’uniforme.

Potrebbe provarci lei, Signora Murgia, a stare davanti a un corteo di persone che la insultano e la bersagliano con tavolini e pietre, mentre svolge un lavoro per cui è palesemente sottopagata. Potrebbe provarci Lei a star chiusa in un Defender mentre viene assalito da una folla inferocita con pietre, bastoni, palanche ed estintori. E, mentre Lei è in divisa perché deve essere ben riconoscibile, gli altri si coprono (illegalmente) il capo in vario modo con caschi, bandane e passamontagna. E Lei mi vorrebbe venire a dire che le Forze dell’Ordine la spaventano, che non si sente al sicuro?

Forse però, Sig.ra Murgia, si riferiva piuttosto agli eventi gravi: ai fatti delle scuole Diaz, al caso Aldrovandi, all’affaire Rasman. Ma, anche se si volessero usare soltanto gli eventi gravi e degni di nota, sa bene anche Lei che gli abusi di potere seri, non le “manette allacciate troppo strette” o le “manganellate troppo forti”, si contano sulle dita di due mani per tutto il lungo corso della storia della Repubblica.

Nessuno nega che l’uniforme talora sia stato il paravento di una cultura omertosa e violenta, di ambienti eversivi dell’estrema destra italiana e di ogni altra nefandezza di sorta, come del resto ogni aspetto dello Stato italiano. Mi dica, però, se la divisa che uomini e donne delle FFOO usano ogni giorno per aiutare i cittadini debba essere infangata dalle pazzie del Bava Beccaris di turno.

Una logica ben poco universale

Qui sta il busillis: Lei mi verrà a dire che, siccome sono avvenuti questi abusi di potere da parte di qualche mela marcia, ha ragione di temere che l’intero cesto sia andato a male. Un bel ragionamento, certo; finché non sostituiamo l’abuso di potere con i furti e la categoria delle FFOO con il popolo rom e sinti, ed ecco che d’un tratto la situazione si fa imbarazzante. Che sia normale o giusto rifiutarsi di abitare vicino a un rom perché è più probabile che Le rubi in casa non è di certo un’affermazione, sig.ra Murgia, che si sentirebbe di fare. Non sembra allora che si adottino due pesi e due misure nel discorso contro le divise?

Si tratta in ambo i casi di generalizzazioni ingiuste, basate su uno stereotipo che nasce da una semplificazione eccessiva e spesso maliziosa; i dati, le statistiche e la nostra storia ci dimostrano che le FFOO svolgono il proprio lavoro egregiamente, nonostante siano vittime di un’incessante gogna mediatica cui Lei si è aggiunta.

Il nostro comportamento però non può nutrirsi solo di schemi e preconcetti, ma deve basarsi invece sul giudizio e sulla ragionevolezza. Temere la divisa aprioristicamente, vedendo ogni tutore della legge come un potenziale soverchiatore, è grave quanto dirsi spaventati dagli immigrati vedendo ognuno di loro come un bruto incivile, affermare che gli uomini dovrebbero avere un coprifuoco serale vedendoli tutti come potenziali stupratori, evitare tutti i musulmani praticanti temendo che celino un giubbotto esplosivo e via dicendo.

Uniformidine legittima

A mio avviso, Signora Murgia, ha da temere la divisa solo chi ha qualcosa da nascondere, chi sa di star commettendo un crimine, di averlo commesso o di essere in procinto di commetterlo. Questo è l’unico timore lecito, ed è un timore che le Forze dell’Ordine in Italia incutono fin troppo poco, spesso non per causa propria. Il cittadino onesto, che ha la coscienza a posto, non si può preoccupare dell’eventualità remota dell’abuso di potere, dell’uso improprio della forza, di un nuovo caso Cucchi: le statistiche e i fatti non glielo concedono.

Potremmo parlare a lungo della coscienza patologicamente sporca dell’italiano medio, della percezione del microcrimine come un atto di “furbizia”, dell’italico istinto antistatale e ribelle ad ogni autorità, di come spesso ci si invischi in profezie autoavveranti quando si tratta di Forze dell’Ordine (se si è certi di subire abusi, spesso si finisce per subirli davvero in qualche modo), ma non è il luogo. Mi limiterò a domandarle se Le sembra intelligente ribellarsi a ciò che noi stessi abbiamo istituito per tutelarci, se forse preferisce allo status quo essere oggetto delle ribalderie del signorotto di turno, un ritorno ai più liberi tempi manzoniani in cui almeno i Bravi non indossavano un’uniforme.

Sulla questione del Generale Figliuolo

Torniamo alle sue dichiarazioni e al caso specifico dell’uniforme di Figliuolo. In primo luogo trovo ridicolo affermare che un militare, chiamato a svolgere una funzione civile, “farebbe meglio a esercitarla in abiti civili”. Anzitutto, non è mai stata la prassi: il Generale De Gaulle, quando si trovò a reggere in una situazione di emergenza provvisoria le sorti dello Stato francese, non pensò certo di spogliarsi dell’uniforme per rassicurare qualche intellettuale che non avrebbe organizzato un golpe. Viceversa, i prefetti che ricevono incarichi come Dirigenti di Pubblica Sicurezza (i vertici della Polizia di Stato, che pure avendo uniformi e gradi è un corpo civile) non indossano mai la divisa e i paramenti che pure spetterebbero loro in quella funzione, preferendo i loro abiti consueti.

I due ambienti, civile e militare, non sono pensati per essere perfettamente miscibili fra loro, agendo più come olio e acqua messi a contatto: il militare non indossa abiti civili quando svolge le sue funzioni, e il civile non si veste di uniformi militari (in certi casi è reato). Per essere chiari, le funzioni di un militare si riducono al puro e semplice obbedire: se l’ordine è di assumere il comando di un ente civile al collasso, il militare lo porta a compimento in quanto militare, e resta tale per tutto il tempo del suo mandato.

Al generale Figliuolo non è stato chiesto di abdicare alla sua divisa e al suo giuramento (come richiesto ai militari che vogliono entrare in politica), ma proprio in virtù della sua divisa e del suo giuramento – nonché delle sue competenze – è stato collocato in una posizione di comando, che per pura incidentalità è ad ordinamento civile. Forse per Lei è meglio un incompetente o un mafioso, purché non indossi le stellette?

Spaventati dall’uniforme o dall’efficienza?

Non facciamoci illusioni, signora Murgia: la sua critica punta all’uniforme del Generale Figliuolo nello specifico, ma vuole essere un attacco (piuttosto sbilenco) al concetto stesso di un militare chiamato ad assolvere funzioni da lei ritenute di esclusiva competenza del mondo civile, come afferma più esplicitamente Luca Bottura:

Sono d’accordo con Murgia. […]. Ritengo che l’esercito a commissariare lo Stato, beh, meglio di no. Ma se proprio si deve, sarebbe meglio avere l’accortezza di farlo in borghese. Perché Figliuolo non ha dichiarato guerra alla Kamchatka: sta distribuendo vaccini. E siccome svolge un compito da civile, potrebbe vestirsi di conseguenza […]

[…] Ma trattasi appunto di una forzatura del sintagma democratico, secondo cui non solo le stellette devono rimanere in un contesto preciso, definito dall’articolo 11 della nostra Costituzione, ma soprattutto non dovrebbero esorbitare dai loro ambiti permeando l’ordinaria amministrazione.

[…] Specie perché di generali altrimenti vocati – Figliuolo è certamente persona buona e giusta – ne abbiamo visti un po’ troppi anche fuori dalle caserme, e nemmeno in tempi così lontani. Siamo una democrazia giovane.

Luca Bottura

La paura della divisa colpisce ancora, e in maniera ancora più pronunciata ed irrazionale di prima. Vedere, dopo ottant’anni di storia repubblicana, il nostro esercito come la longa manus del regime fascista è a dir poco paranoico, così come è assurdo dirsi preoccupati e allarmati da un militare chiamato a coprire un ruolo civile ed evocare gli spettri di un golpe, dato che i ridicoli quanto grotteschi “tentativi” di colpo di Stato avvenuti in Italia, il Piano Solo e il Golpe Borghese, sono entrambi falliti miseramente sul nascere.

È così assurdo, vista la situazione emergenziale e francamente disperata in cui versiamo, affidarsi ad un militare? Quando la nazione subisce catastrofi naturali, Le chiedo, di solito a chi si rivolge? Ai dipendenti comunali, ai netturbini? Ai commessi della COOP?

Cui prodest?

Ricordo un’altra crisi, il terremoto dell’Emilia nel 2012, cui ebbi la sfortuna di assistere. Non sentii, allora, grandi voci di protesta che chiedessero di riverniciare di giallo i bulldozer dell’EI mentre spazzavano via le macerie di Mirandola alla ricerca incessante dei dispersi. Non sentii la Sua voce che se ne diceva spaventata. Sarà forse che, finché la gente muore lontana dalle telecamere, è più facile mettersi a sindacare su piccolezze come una divisa, che fanno poco a chi la vede ma che significano molto di più per chi la indossa. È più facile buttarci di mezzo l’ideologia.

Questo incessante attacco al vestiario del Generale Figliuolo, costretto dapprima a non indossare l’uniforme ordinaria corredata di medagliere perché ridicolizzato e ora diventato per lei lo spaventoso uomo nero (non mi fraintenda, quello delle favole), mi fa pensare che ci siano ben altre ragioni dietro alla sua critica e quella di altri che sono intervenuti sulla “questione”.

Non voglio spingermi troppo oltre, perciò Le chiederò un’ultima cosa: non trova che il vero problema sia la componente civile, dimostratasi così inefficace e inefficiente nel corso di questa crisi da necessitare l’intervento di una figura esperta in cui integrità e disciplina coesistessero con esperienza e capacità organizzative?

Forse, in fondo, ciò che La infastidisce davvero è il fatto che questo connubio debba portare le stellette, perché significherebbe ammettere che le nostre tanto spaventose uniformi sono invece degne di lode; o magari ciò che le lascia l’amaro in bocca è dover ammettere che c’è voluto un militare, un soldato, una figura cara alla destra (e solo ad essa, per qualche assurdo motivo), un “uomo forte” come vorrebbe dipingerlo (falsamente) Lei, per rimettere in ordine le cose.

Iacopo Brini

(In copertina rielaborazione grafica da ACAD Italia)


Figliuolo vs Murgia – L’uomo nero con le stellette è un articolo di Voci, una rubrica a cura di Elettra Dòmini.

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Sull'autore

Classe 2003, mi sono trasferito da Bologna a Milano per studiare Legge e soprattutto per sfuggire alle ire dei caporedattori dopo aver sforato una scadenza di troppo. Mi appassiono facilmente degli argomenti più disparati, invento alfabeti nel tempo libero e ho la strana abitudine di presentarmi in giacca e cravatta anche ai pranzi con gli amici.
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