Il 23 settembre 1985 la Camorra uccide brutalmente il giornalista Giancarlo Siani, troppo pericoloso per le inchieste che stava conducendo sui clan Nuvoletta e Bardellino.
Siamo nel 1985, i migliori cantanti del mondo si riuniscono per registrare We are the world. Il mondo stava cambiando e con esso i suoi costumi e le sue tradizioni. Erano gli anni del rock, dei Queen e di Bruce Springsteen, di “noi, ragazzi di oggi” di Luis Miguel. Erano gli anni del Fanfani “quinquies” e del governo democristiano. In questo contesto, la notte del 23 settembre 1985, data in cui a Napoli si teneva il concerto di Vasco Rossi, il giovane Giancarlo Siani venne ucciso per mano della criminalità organizzata o, se vogliamo essere più precisi, della Camorra.
Chi era Giancarlo Siani?
Giancarlo era un giovane giornalista di 26 anni che lavorava presso la sede centrale del quotidiano Il Mattino di Napoli, dopo aver fatto alcuni mesi di gavetta come corrispondente per lo stesso giornale presso la sezione di Torre Annunziata.
Siani era nato a Napoli nel 1958 e aveva vissuto nel quartiere Vomero dove aveva frequentato elementari, medie e superiori. Aveva conseguito la maturità con 60/sessantesimi e successivamente si era iscritto a Sociologia all’Università di Napoli Federico II. Molto giovane aveva iniziato a collaborare per alcuni periodici del posto e subito era emersa la sua attenzione verso il fenomeno dell’emarginazione, fortemente radicato nel territorio e germe dove si annidava la criminalità.
Fu proprio grazie all’attività da giornalista che conobbe meglio le dinamiche con cui la Camorra si muoveva su tutta la regione, allungando i suoi tentacoli in ogni quartiere e accrescendo il proprio guadagno con il contrabbando di sigarette, stupefacenti e infine controllando una grande fetta del mercato della droga.
Inchieste scomode
Presto le sue inchieste infastidirono i boss di Napoli, primi fra tutti quelli del clan Nuvoletta (forte alleato dei Corleonesi di Totó Riina) e del clan Bardellino, esponenti della “nuova Famiglia”, nonché il sindaco di Torre Annunziata stessa. Siani era colpevole di aver detto la verità su ciò che avveniva intorno a lui, su ciò che “gli intoccabili” vertici locali facevano a luci spente e, per questo, venne brutalmente ucciso a bordo della sua Citroen Mèhari la notte del 23 settembre 1985.
La maniera migliore per descrivere che tipo di persona fosse Giancarlo Siani credo che ci venga offerta da un film a lui dedicato: Fortàpasc. In questa pellicola del 2009 diretta da Marco Risi, il caporedattore di Torre Annunziata, rivolgendosi a Siani, dice:
I giornalisti-giornalisti sono tutta un’altra cosa, portano le notizie, gli scoop, e non sempre si devono aspettare gli applausi della redazione, no! Perché le notizie, gli scoop […] fanno male, fanno male assai. […] E dài retta a me, questo non è un paese per giornalisti-giornalisti, questo è un Paese per giornalisti-impiegati.
Un esempio per tutti noi
Giancarlo se ne era reso perfettamente conto, ma non gli interessava perché voleva mettere in luce gli intrighi, le frodi, la corruzione e tutto il marciume che si articolava attorno a lui; tutto quello che si era promesso di fare era di non rimanere inerte e di essere un giornalista-giornalista, fino in fondo.
Giancarlo rappresenta il giornalismo puro, quello in cui non si va alla ricerca della “prima pagina”, ma che vuole mettere al corrente le persone di quello che le circonda nella maniera più genuina e veritiera possibile.
Del resto, è Giancarlo stesso a descrivere la filosofia che lo ha accompagnato durante tutta la sua breve esistenza:
Potrai cadere anche infinite volte nel percorso della tua vita, ma se sei realmente libero nei pensieri, nel cuore e se possiedi l’animo del saggio, non cadrai mai in ginocchio, ma sempre in piedi.
Giancarlo Siani
Alessandro Sorrenti
(In copertina Giancarlo Siani)
Per approfondire: il Percorso Tematico Mafia.