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La Turchia e i diritti delle donne – Erdogan lascia la convenzione di Istanbul

Convenzione di Istanbul

Ancora una volta in Turchia a perdere sono i diritti umani. Le voci che affermavano l’uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul sono state confermate il 20 marzo 2021 attraverso un decreto presidenziale, che ha suscitato l’indignazione non solo dell’opposizione, ma dell’intera Europa.


Cos’è la Convenzione di Istanbul?

È una convenzione voluta dal Consiglio Europeo, firmata nel 2011 a Istanbul da 34 Paesi, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. L’obiettivo è quello di tutelare e proteggere le vittime di violenza, impedendo l’impunità dei colpevoli. Il testo del documento esplicita l’esigenza di garantire la parità tra i sessi, affermando che:

La violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione.

Convenzione di Istanbul

Inoltre, in essa vengono riconosciute gravi forme di violenza a cui le donne sono spesso esposte: violenza domestica, molestie sessuali, stupro, matrimonio forzato, delitti commessi in nome del cosiddetto “onore” e mutilazioni genitali femminili. Nel 2011 Erdogan era stato il primo firmatario della Convenzione, dando un’ottima impressione all’intera Europa. Oggi, dieci anni dopo, la Turchia è il primo Paese a revocare la propria partecipazione.

Perché Erdogan ha scelto di fare un passo indietro?

La motivazione è come sempre politica. Oggi Erdogan è più debole politicamente rispetto al 2011, e questo lo ha spinto a ricercare l’appoggio di altri partiti politici turchi, tra i quali troviamo Saadet, conservatore e fortemente antiprogressista. L’idea sostenuta dai conservatori è che la Convenzione vada contro i valori fondanti della Turchia, incentivando al divorzio, minando l’unità familiare e accettando la comunità LGBT+. Lo stesso ufficio del Presidente turco ha rilasciato un documento in cui segnala la Convenzione come:

Il tentativo di un gruppo di persone di normalizzare l’omosessualità, cosa incompatibile con i valori sociali e familiari della Turchia.

Tayyip Erdoğan

In poche parole il Presidente turco ha scelto di barattare i propri interessi politici con la sicurezza delle persone. Così facendo, la Turchia si allontana ulteriormente dai valori liberali propri della cultura europea. A questo punto un quesito sorge spontaneo: la volontà di ammettere la Turchia in Europa non risulta forse un’ambizione propria di noi europei piuttosto che una volontà dello stesso Erdogan?

Se si riflette sugli ultimi eventi di carattere politico e sociale, Erdogan pare andare costantemente nella direzione opposta a quella seguita dalle nostre istituzioni europee. Nel caso in cui volesse ancora far ammettere il suo Paese nell’Unione Europa, dovrebbe forse rivedere i suoi ideali e acquisire una solida uniformità di intenti verso la direzione europeista.

La reazione dei leader europei

L’uscita dalla Convenzione di Istanbul da parte della Turchia ha suscitato l’indignazione di molti leader europei tra i quali si è espresso anche il primo ministro italiano Mario Draghi. Egli ha definito il fatto come “un grave passo indietro”, sottolineando che la difesa dei diritti umani è un valore fondante e identitario dell’Unione Europea.

Le proteste continuano

In tutte le maggiori città turche continuano e si diffondono le manifestazioni femministe, dominate dal colore viola del movimento “Noi fermeremo il femminicidio”. I loro sforzi si concentrano nel tentare di riacquisire i diritti a esse negati e nel denunciare i soprusi e le violenze che le donne turche vivono quotidianamente. Stando ai dati statistici, infatti, il 38% delle donne in Turchia subisce violenze nel corso della propria vita e dall’inizio del 2021 si contano almeno 78 femminicidi.

L’avvocatessa Kezban Hatem ha espresso la sua massima preoccupazione a riguardo, affermando che il prossimo bersaglio potrebbe essere il codice civile che equipara le donne agli uomini. Tutto questo rende necessario continuare a combattere per difendere i sacrosanti diritti delle vittime di violenza, e a riunirsi in piazza creando un’unica voce capace di chiedere e ottenere ad ogni costo ciò che sta alla base di una società civile e moderna: la libertà, la tutela, la vita.

Sofia Spagnoli

(In copertina Alan Denney da CC BY-NC-SA 2.0)

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