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Chiamami col tuo nome – Lacrime di tempo ritrovato

Chiamami col tuo nome

In molti conoscono il film Chiamami col tuo nome e apprezzano il personaggio di Elio, che, da ragazzo contratto e incapace di accettarsi, alla fine riesce a sentirsi completo e ad affermare la propria identità.


Un primo passo

Elio si trova nella camera di Oliver. Si guarda attorno, allo stesso tempo distratto e interessato. Afferra il costume da bagno di Oliver e si siede sul letto. Lo spettatore vede Elio di spalle, solo, nella camera che prima era sua. Si sdraia a pancia in giù, fissa il costume, pensa.

Elio immerge il volto nel costume da bagno indossato da Oliver, quasi per assorbirne tutta l’essenza, per fondersi con il suo odore: inizia a soddisfare le proprie pulsioni. Il protagonista riesce a decontrarsi e a liberare la sua identità. In seguito, Elio sente la voce di Oliver, si alza ed esce dalla stanza.

Questa scena è simbolo di desiderio appagato, perché è la prima volta in cui Elio inizia un processo di conoscimento di sé, attraverso delle sensazioni necessarie che non può evitare. Trasforma un oggetto banale come un costume da bagno in simbolo di un primo traguardo. Nella spontaneità e nel coraggio con i quali Elio inizia ad affermare se stesso si traduce il primo passo verso un percorso di crescita.

Il desiderio affermato e riconosciuto

Un’altra scena cruciale è quella che dà il nome al film, in cui Oliver pronuncia l’iconica frase Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò col mio.

Elio riesce a dare una forma alla propria infatuazione per Oliver, prima soltanto manifestata e comunicata in modo indiretto. In questa scena di sesso, piena di complicità, i due protagonisti sono in simbiosi, diventano una sola persona, si identificano l’uno nell’altro e fermano il tempo in attimi infiniti. La scena rappresenta il passo successivo nell’evolversi del personaggio di Elio, che da questo momento in poi afferma se stesso riconoscendosi in un altro: non è più solo cosciente di sé, ora è anche fiero di esserlo.

La tensione fra desiderio e resa

Tra i momenti più crudi e toccanti del film c’è sicuramente la “scena della pesca”. Ciò che è importante denotare è il fatto che qui il protagonista sia ormai consapevole dell’imminente partenza di Oliver.

Anche qui, come nella scena del costume, Elio riesce a trasformare un oggetto in qualcosa di più e le sensazioni sono la chiave di accesso al conoscimento di sé. Tuttavia, le due scene sono speculari: se nell’altra Elio libera le proprie pulsioni per iniziare un’avventura, in questa lascia un po’ della propria essenza nella pesca, per desiderio di liberazione delle proprie pulsioni, ma inteso come atto di resa e di riconoscimento dell’inizio della fine.

La tensione tra desiderio e resa del film arriva al suo apice. E, nonostante Elio sia consapevole dell’imminente fine del suo idillio, quando Oliver entra e compie il sincero gesto di assaggiare la pesca dove Elio aveva versato il suo seme, Elio stesso scoppia in lacrime e i due si abbracciano, quasi a voler rimanere ancorati l’uno all’altro opponendosi allo scorrere del tempo che vuole separarli.

Elio spettatore della propria vita

La scena in cui questa tensione si risolve parzialmente è quella del commovente discorso del padre. Il dialogo tra Elio e suo padre avviene poco dopo la partenza di Oliver, per la quale Elio è sconvolto.

In questo caso il protagonista raggiunge una consapevolezza ulteriore: la tensione viene risolta in catarsi, poiché Elio, grazie alle parole del padre, si sente allo stesso tempo partecipe e spettatore della propria vita.

Adesso magari non vuoi provare niente, magari non vorrai mai provare niente […] ma forzarsi a non provare niente per non provare qualcosa… che spreco […] Tu adesso senti tristezza, dolore, non ucciderli, al pari della gioia che hai provato.

Il padre aiuta Elio a ritrovare il senso che aveva perduto, a comprendere la felicità del passato e l’intenso dolore del presente, per poterli imprimere nella memoria e rievocarli nel futuro. Elio compie il passo successivo, matura ulteriormente: è consapevole del fatto che tutto ha una fine, ma che ogni esperienza debba essere vissuta appieno.

Tempo perduto

La scena più significativa del film è però forse l’ultima scena. Ciò che preme mettere in evidenza è il cambiamento di ambientazione: non è più estate, ma inverno. La bolla temporale estiva nella quale Elio aveva sperimentato la sua felicità si è ormai estinta.

Vedendo questa scena si legge negli occhi umidi di pianto e nel viso contratto del protagonista la consapevolezza di un tempo apparentemente perduto, da ritrovare, in ottica proustiana. Poco prima arriva una chiamata da parte di Oliver, che rompe la quotidianità di Elio e rievoca nel protagonista le sensazioni del passato.

Si tratta della cosiddetta memoria involontaria di Proust, secondo il quale inaspettatamente si sentono delle sensazioni che non si possono trattenere, e che, come un’onda, ci travolgono, per poi trascinarci nella loro risacca. Queste sensazioni sono il primo passo per dare forma alla memoria e al tempo ritrovato.

Tempo ritrovato

La scena finale è la chiave per cogliere il messaggio che il film lascia allo spettatore. Scorrono i titoli di coda, Elio piange mentre fissa il fuoco che arde, che lo spettatore sente ma non vede. Ciò che lo spettatore vede è la neve che cade fuori dalle finestre e l’indifferenza della madre e della domestica che, sfocate, passano come figure inanimate alle spalle del protagonista.

Ma cosa rappresentano il rumore del fuoco e la neve che cade silenziosa fuori? Il fuoco è il simbolo della passione dell’estate che Elio e Oliver hanno vissuto, è il tempo ritrovato di Proust. Fissando con uno sguardo distrutto ma consapevole il fuoco, Elio sembra contemplare la sua estate, apparentemente irrecuperabile. La neve che cade fuori è metafora del tempo che passa, che ha ricoperto e continuerà a ricoprire la sensazione di “vita piena” che Elio ha provato unendosi fisicamente e simbolicamente con Oliver.

La chiamata di Oliver è stata quindi un “trampolino” necessario ma casuale, che ha scatenato una sensazione, la quale ha dato sostegno alla memoria. La memoria ha poi dato forma alle sensazioni passate traducendosi in fuoco, da vivere e rivivere, perché non c’è neve che possa sciogliere e appesantire il fuoco del desiderio.

Che cosa ci resta quindi di Elio? L’estrema tristezza della scena finale? La gioia estiva?

Forse semplicemente uno sguardo: lo sguardo di chi ha ritrovato il tempo.

Francesca Ferrari

(In copertina un’immagine tratta dal film Chiamami col tuo nome, disponibile su Netflix)

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