La gestione dell’emergenza sanitaria in Lombardia procede a rilento, tra accuse di malversazione, imbarazzanti ritardi e una palese disorganizzazione. Camilla Galeri racconta il dramma di una politica indifferente e lontana dai cittadini.
Abbiamo bisogno di competenza, la meritiamo. Meritiamo qualcuno che, dalle posizioni di potere, sia in grado di muoversi in questa fitta giungla di caos, non dico danzando ma, quantomeno, senza continuare a cadere così fragorosamente. Siamo stati tutti provati dal nostro nuovo nemico invisibile e, per quanto un anno fa si dicesse: “Ne usciremo migliori”, ad oggi sembra che di migliore ci sia ben poco, o nulla.
Va da sé che il cittadino deve sempre fare la propria parte, ed è difficile trovare una giustificazione quando adotta comportamenti poco responsabili. Assodato ciò, risulta chiaro a tutti che l’Italia si trova ora divisa in Regioni organizzate meglio di altre. Nello specifico, la Lombardia non risulta tra le più virtuose nella gestione, nonostante continui a vantarsi di risultati nel concreto mai raggiunti.
La situazione lombarda
Dall’inizio della pandemia, infatti, abbiamo assistito al tracollo della giunta lombarda guidata da Attilio Fontana. Inizialmente, il presidente Fontana e l’ex-assessore al welfare Giulio Gallera hanno provato ad ubriacarci a suon di conferenze stampa in cui venivano sciorinati numeri, spesso smentiti da altre fonti e fatti.
Poi è stata la volta della querelle Lombardia-Governo in merito alla competenza in materia sanitaria. Da non dimenticare sono le discusse affermazioni dell’ex-assessore sulla trasmissibilità del virus, e la questione dei camici che ha coinvolto la famiglia del presidente Fontana. Non proprio un’inezia. Chiusa la breve parentesi estiva, la coppia Fontana–Gallera è tornata sotto i riflettori grazie al mancato approvvigionamento (a un prezzo più che modesto) delle dosi di vaccino antinfluenzale. Le stesse acquistate, in seguito, a un prezzo estremamente superiore. A dicembre Gallera decide di andare a correre fuori dal suo comune di residenza, violando così le regole della zona arancione, e lo sbandiera con fierezza sui social. Il 2021 non inizia nel migliore dei modi per la giunta lombarda, che scarica proprio Gallera a causa delle aberranti parole pronunciate dallo stesso in merito al lento avvio della campagna vaccinale in Lombardia. Gallera viene quindi sostituito da Letizia Moratti, che però non tarda a portarsi al livello del suo predecessore, proponendo una ripartizione dei vaccini in base al PIL regionale.
E veniamo al presente. Sul tema vaccini la Lombardia continua a ricoprire il ruolo del giullare di corte. All’inizio di febbraio la Lega propone al governo l’estensione del piano vaccinale lombardo a tutto il territorio italiano. Il Governo rigetta la proposta, ma la Regione lo adotta ugualmente, e vaccina anzitutto la categoria degli operatori sanitari. In seguito si scopre che più della metà dei vaccini destinati ai sanitari è stata somministrata a personale non strettamente qualificato come tale. Viene da pensare, dunque, che in Lombardia siano rientrati nella prima categoria di aventi diritto anche lavoratori non connessi con il settore assistenziale. Supposizione che potrebbe rivelarsi corretta dal momento che a Brescia, ad esempio, A2A (azienda fornitrice di energia elettrica, luce e gas), ha messo a disposizione dei propri dipendenti dosi di vaccino nella prima tornata di somministrazioni.
Una campagna vaccinale disastrosa
Affidandosi alla società ARIA SpA, il 15 febbraio Regione Lombardia apre la campagna di adesione al vaccino agli ultraottantenni lombardi. Da subito la piattaforma mostra segni di inefficienza, dovuta probabilmente al grande traffico creatosi sul sito, ma questo aspetto può rientrare nei normali problemi tecnici. Gli anziani possono aderire alla campagna vaccinale tramite il portale web, il MMG (Medico di Medicina Generale) e i farmacisti, rimanendo poi in paziente attesa che qualcuno si faccia vivo da Palazzo Lombardia tramite telefonata o sms per comunicare la data dell’appuntamento, come promesso dalla Regione stessa. Promessa che è stata puntualmente disattesa. Il tentativo di rimediare a questa grave mancanza è stato un SMS al retrogusto di scusa accampata all’ultimo minuto, in cui le cause dei ritardi comunicativi e organizzativi venivano attribuite alla penuria di dosi.
Da qui in poi in Lombardia scoppia il caos vaccini. Somministrazioni fissate ma non comunicate ai diretti interessati, o comunicate con troppo ritardo e mancata presentazione agli appuntamenti (con conseguente spreco di dosi). Nel frattempo ARIA SpA registra disservizi tali per cui la piattaforma prenotazioni invia molti anziani in centri vaccinali a distanze elevate, crea sovraffollamenti di alcune strutture lasciandone altre sottoutilizzate, consente anche ai non aventi diritto (per ragioni di priorità) di prenotarsi e ricevere il vaccino, senza alcun controllo.
Una delle notizie più recenti, in merito alla campagna vaccinale lombarda, riguarda il personale scolastico: anche in questo caso, la procedura prevedeva l’iscrizione alla lista adesioni ed in seguito la ricezione di un sms indicante luogo e data della somministrazione. Tuttavia, l’sms spesso non è arrivato e si è scoperto poi che le indicazioni comparivano soltanto sull’area personale del sito dell’ats.
Alla ripresa dell’uso del vaccino AstraZeneca, il personale sanitario, pronto per circa 2000 vaccinazioni, si è trovato a somministrarne molto meno della metà a causa delle defezioni di chi doveva presentarsi. Si potrebbe pensare che l’assenza di questi ultimi sia dovuta alla perdita di fiducia nel vaccino, ma è stato appurato che la causa risiede nel mancato invio, da parte di ARIA SpA, dell’sms agli interessati. Tuttavia, Letizia Moratti non ha dubitato prima di scagliarsi contro la Regione in cui lei stessa, forse inconsapevolmente, ricopre il ruolo di assessore al welfare.
Santa pazienza
Se in un primo momento abbiamo compreso quanto la solidarietà debba costituire un valore fondante per la nostra società, con il prosieguo della pandemia abbiamo capito che la pazienza è altrettanto fondamentale. Ma cosa significa pazienza? Il termine deriva dal latino patientia, a sua volta derivato dal verbo patior (sopportare, soffrire), e significa “capacità di resistere o di sopportare”, “fermezza, tenacia, costanza”, ma anche “obbedienza, sottomissione”. È palese che il virus ha messo a dura prova la nostra capacità di sopportare la violenza dello stesso e tutte le conseguenze derivate. Ma ha messo in luce anche aspetti da sempre malfunzionanti nel nostro territorio, come, ad esempio, l’infima qualità della classe politica e dirigente.
Noi cittadini siamo stati costretti a riscoprire, e in alcuni casi, imparare, il valore della pazienza intesa non solo come volontà di resistere alla piaga del virus, ma anche come capacità di sopportazione, adattamento e obbedienza alle restrizioni necessarie per scongiurarne il propagarsi. Da ciò, però, scaturisce anche la fermezza con cui rivendichiamo il diritto di essere guidati da persone che facciano di serietà e competenza il proprio stile di vita.
Non è più sufficiente aspettare inermi che la tempesta passi o dire che andrà tutto bene, bisogna fare in modo che vada tutto bene. E per farlo necessitiamo di un’amministrazione determinata, capace di prendere decisioni impopolari e al contempo in grado di riconoscere i propri errori e assumersene la responsabilità. Perché, come scrisse Publilio Siro: “la pazienza messa troppe volte alla prova diventa rabbia”.
Camilla Galeri
(In copertina Ashkan Forouzani da Unsplash)