Willie Peyote, con il brano “Mai dire mai (la locura)”, è salito sul palco di Sanremo 2021 per prendere in giro l’Italia, la musica italiana, i suoi colleghi, il Festival, forse perfino se stesso.
L’Italia del futuro
Far risuonare sul palco del teatro Ariston che “l’Italia del futuro è un paese di musichette mentre fuori c’è la morte” penso sia il modo perfetto per entrare a gamba tesa nella kermesse; un po’ alla Kamil Glik. Sì: sono un fan, sia del Peyote che del pesciolino rosso con talento registico. Per questo, forse, mi sono eccitato intellettualmente oltremodo per l’ennesima trovata del cantautore di Torino. Credo, infatti, che non ci fosse maniera migliore di partecipare al Festival per chi diceva: “che poi io non discrimino: andrei pure a Sanremo, perché convincere chi è già d’accordo è facile, scemo”.
Willie però non si limita all’entrataccia da cartellino rosso su tutte le ipocrisie social-popolari del nostro Bel Paese: quando lo si osserva sul palco ostenta una classe ed un’eleganza che si fatica a trovare negli altri partecipanti. Una tranquillità probabilmente figlia della consapevolezza di avere un brano che funziona, ma anche del fatto di essere in scena ad affermare cose che forse non si potevano dire, ma che in fondo sono vere.
Un difensore hardcore, ma anche un fuoriclasse
Il Peyote inanella una serie di fotografie del presente con precisione certosina, mettendo davanti agli spettatori una carrellata di immagini e situazioni a cui ciascuno può abbinare un nome ed un cognome senza troppa fatica. Strappa un sorriso la citazione alla questione Bugo/Morgan dello scorso anno e vedere come un manipolo di “paladine femministe” abbia reagito alla rima sul twerk mi strappa ben più che un sorriso; diciamo circa una risata isterica di rassegnazione.
Willie Peyote entra a gamba alta, tacchetti degli scarpini ben in vista, sulla facciata di ceramica di una società che ci dimostra non essere di certo al suo punto più alto. Al contempo, però, pennella sotto l’incrocio una serie di buoni palloni che il presente gli ha servito, ma che per finire in rete necessitavano di un tocco di classe che solo la sua penna poteva dare. Willie è salito sul palco prendendo in giro tutto: dall’Italia alla musica italiana, dai suoi colleghi a Sanremo stesso; fino forse ad arrivare ad includere anche sé. Ha dimostrato ancora che oltre al navigato difensore hardcore c’è anche un fuoriclasse. Un fantasista da cui non sai mai cosa aspettarti, ma sai che sarà una grande giocata.
La recensione dell’ultimo album di Willie Peyote, Iodegradabile:
Iodegradabile – Tutto è bene quello che finisce, di Maddalena Ansaloni
Fantasticando, è come se il camerino di Sanremo diventasse uno spogliatoio in cui un mister lancia al cantautore torinese una maglia numero 10 (possiamo anche pensare sia granata, credo apprezzerebbe) e ripassando gli schemi gli dice: “È la locura Willie! È la cazzo di locura: se l’acchiappi, arrivi sesto”. Ma va bene così, va benissimo così. Grazie Willie.
Davide Mariotti
(In copertina Willie Peyote)
Per approfondire, il commento al Festival di Sanremo 2021:
Sanremo è sempre Sanremo, di Federica Marullo