Una fusione di ricerca, innovazione, tradizione musicale italiana, sempre seguendo il proprio istinto di comporre, scrivere e fare musica: tutto questo fa parte del nuovo album di Filippo Uttinacci, in arte Fulminacci, intitolato Tante care cose.
Fulminacci: l’erede del cantautorato italiano
Ricapitoliamo: ricerca, perché Fulminacci stesso ha dichiarato – e si sarebbe inteso anche solamente ascoltando il disco per la prima volta – il suo voler scoprire tutte le carte nel suo mazzo, rivelare senza problemi la sua idea di musica abbracciando varie idee e generi in un unico album; innovazione, perché è difficile vedere questo tipo di lavoro in un artista italiano, giovane ed emergente; poi c’è la tradizione musicale italiana, perché tutti i suoi elementi di innovazione partono comunque dalle solide basi della musica del nostro Paese.
Filippo, con il suo primo album La vita veramente è partito col botto: Targa Tenco nel 2019 per la Miglior Opera Prima e Premio MEI come Migliore Giovane Artista Indipendente di quell’anno. Proviamo ad analizzare il nuovo album del classe 1997 che, con la casa discografica Maciste Dischi, sta crescendo tantissimo e può davvero portare in autonomia l’etichetta di vero cantautore italiano di inizio nuovo millennio.
Nel post pubblicato sul suo profilo Instagram ufficiale lo scorso 10 marzo, il cantante romano aveva dato un assaggio di ciò che sarebbero state le sue nuove canzoni e ha sintetizzato traccia per traccia cosa saremo andati ad ascoltare. Niente rischio spoiler: tutte le canzoni sono piccoli capolavori, che – per comprenderne il livello – bisognerebbe prima di tutto ascoltare, anziché leggere. Ma esaminiamo anche per iscritto i brani dell’album uscito alla mezzanotte del 12 marzo, uno per uno, in ordine di traccia, per farci un’idea della nuova opera di Fulminacci.
1. Meglio di così…
…non si potrebbe stare (proviamo ad impersonarci in Filippo per un istante). Infatti, ascoltando il brano siamo colti da una spensieratezza fatta di momenti fugaci, come quelli estivi che, con la fine della stagione calda, verranno persi e resteranno solo ricordi, seppur felici. L’album parte con un pezzo che non è nulla di più, nulla di meno di ciò che Fulminacci è stato finora: quel ragazzo di Roma che, in punta di piedi, canta se stesso e si lascia scoprire: ottimo start, ci siamo già gasati. Pezzo da cantare con gli amici.
2. Santa Marinella
Il brano con cui Filippo si è presentato al suo primo Festival di Sanremo quest’anno. Sedicesimo posto, un piazzamento a nostro avviso spiegabile solo dal fatto che l’artista ancora non goda della fama di altri suoi colleghi. La canzone sanremese è leggera e parla d’amore, un argomento trattato in sordina dal giovane cantautore fino a questo album, dove si scioglie un po’ di più (tranquillo Filippo, la cosa ci piace).
Molti di coloro che hanno ascoltato questa canzone già a Sanremo hanno sentito un po’ di De Gregori, non crediamo sia azzardato l’accostamento, anzi. E poi, ci innamoriamo anche noi delle storie d’amore che Filippo ci racconta. Il testo è una poesia che suggeriamo di leggere anche senza melodia, seppur questa renda tutto più bello.
3. Miss Mondo Africa
Non c’è solo l’amore in questo album, ma anche un corposo richiamo all’amicizia (che già abbiamo sentito nella prima canzone). In un’intervista rilasciata ai colleghi di Louder la presenta come lo spin-off di un suo precedente singolo, Le ruote, i motori, poiché si parla sempre dello stesso gruppo di quattro amici. Cosa ci passa, però, questa traccia? La voglia di ballare. Un sound tutto da vivere sulla pelle e lasciarsi andare, tra amici. Filippo ha voluto ricordare così un divertente incontro con un ragazzo africano, riprendendo un suo ritornello che l’artista ha fatto suo.
4. La grande bugia
Synth pop? Fulminacci col synth pop? Sì! E quanto diamine ci sta bene. Se già con i primi tre brani – senza apportare rivoluzioni fortissime al suo modo di fare musica – avevamo intravisto già un filo di ricerca da parte dell’artista nel diversificare il suo modo di esprimersi, qui praticamente lo spiattella in faccia (o nelle orecchie) all’ascoltatore. Fonde i suoi testi raffinati con l’elettronica e, a giudicare dal risultato, ne vorremmo ancora. Pezzo sensibile, di un Fulminacci che prova a parlare al se stesso di una volta, bambino, e cerca di farlo con la tenerezza di cui necessita.
5. Un fatto tuo personale
Uno dei tre singoli che già conoscevamo, usciti prima dell’album completo. Anche qui, come nel brano precedente, la ricerca interiore: novità, canto rap (che un po’ avevamo già sentito nel pezzo intitolato Borghese in borghese del primo album) con la partecipazione al brano di Frenetik & Orang3, celebre duo di beatmaker e produttori musicali. Testo di accusa verso ciò che frena la libertà di espressione e il codice che la società impone all’individuo, senza permettergli di valorizzarsi a pieno – accusa nel pieno stile del gentile Filippo, che si scusa nel primo verso per essere uscito fuori dai ranghi.
6. Tattica
A metà album un pezzo leggero. Eppure il brano è grintoso, subito viene voglia di cantarlo, senza badare ad alcuna “tattica tattica tattica tattica…”. Già, è un ritornello che entra in testa e non esce più. In ritardo ad un appuntamento, Filippo esprime il suo dispiacere per non essere arrivato in tempo al rendez-vous col suo amore. A quanti è capitato e a quanti capiterà ancora? E pian piano sale anche la voglia di ballare. “Vado al massimo massimo massimo, senza tattica tattica tattica”.
7. Canguro
Anche questo brano lo conoscevamo già, è stato il primo singolo di quest’album ad esser stato rilasciato in anticipo. Chi lo ha già sentito si è accorto di quanto sia enigmatico, il più enigmatico di tutto il disco (vagamente può essere accomunato per i toni usati ad un altro brano della sua prima opera, ovvero Resistenza). Intanto, già a riascoltarlo si capisce che anche questo pezzo ha una lieve accusa ma anche una presa di posizione: prende di mira “l’essere sbagliati per il prossimo” ma comprende presto quanto sia “giusto essere giusti per se stessi”.
8. Forte la banda
Dopo il synth pop e il rap, si passa al rock ‘n roll. Il pezzo più rockeggiante di Fulminacci, che dice “basta coi toni leggeri, con le accuse pesanti, è dovere e diritto guardare in avanti”. Con occhio critico ma con la sua solita leggerezza, ritrae una realtà che pericolosamente si fa strada sempre di più in questi primi decenni del nuovo millennio: il restare ancorati ai vecchi valori senza concedersi il lusso di sbagliare e sperimentare qualcosa di nuovo. “Basta coi valori, coi vecchi generali, coi santi… di questo rock ’n roll”.
9. Giovane da un po’
Dal titolo, ancora una presa di coscienza di Fulminacci, questa volta secondo un’altra suggestione. A 23 anni, Fulminacci – come molti coetanei – vive un’età di mezzo in cui si è troppo giovani per essere così vecchi mentalmente, a rischio di sembrare indesideratamente presuntuosi. Nel pezzo, da questa presa di coscienza, Filippo ringrazia però chi gli ha tramandato i valori di una volta e lo ha portato ad essere chi è adesso, un ragazzo giovane da un po’ e con tanta voglia di continuare a crescere e a scoprirsi sempre di più. Un messaggio, in questo brano, a chi ha vissuto gli anni sessanta con il sound della canzone italiana dell’epoca.
10: Le biciclette
“La mia prima canzone autobiografica al 100%”. Che dire, hai una storia d’amore meravigliosa, Filippo. Le biciclette è il capolavoro che chiude il cerchio (che vorresti non si chiudesse). La prima differenza con tutti gli altri brani, a livello tecnico, è l’assenza della chitarra di Fulminacci: ad accompagnarlo, il pianoforte. Il nuovo cantautore italiano si completa (per ora) in questo brano che strappa lacrime e voce, a furia di cantarlo a squarciagola. Non può essere spiegato a dovere, va ascoltato.
Fatta la nostra recensione, non possiamo che dirvi anche noi Tante care cose. Come ha rimarcato varie volte lo stesso autore, Fulminacci ha dedicato a tutti coloro che ascolteranno il disco tante care cose, tante suggestioni e tanti racconti che parlano di lui stesso, di altri, di tutti. Che dire: grazie Filippo. E non vediamo l’ora che venga la prossima cara cosa.
Lorenzo Gentile
(In copertina Fulminacci nel videoclip di Santa Marinella)
Per approfondire, l’intervista di Futura 1993 a Fulminacci:
Per la prima volta in gara al Festival di Sanremo – Intervista a Fulminacci