Se siete appassionati di cinema, forse avrete notato, ad un certo punto della vostra vita, che in pochi film ci sono personaggi femminili davvero importanti per la trama.
I più attenti magari si saranno accorti che spesso quelli che ci sono possono essere divisi senza troppa difficoltà in sottogruppi con caratteristiche molto simili tra loro (es. la maschiaccia, la bionda stupida, la ragazza della porta accanto e via dicendo). Se non ci avete fatto caso, non preoccupatevi: anch’io avevo a stento notato la cosa finché non ho scoperto il Bechdel Test.
Che cos’è il Bechdel Test?
Bechdel Test: una serie di criteri per valutare un film o altre opere di fiction sulla base dell’inclusione e della rappresentazione di personaggi femminili.
Dizionario Merriam-Webster
È stato creato dalla fumettista e comica femminista Alison Bechdel nel 1985 in una striscia della serie Dykes to look out for e consiste di tre semplici quesiti:
- Nel film ci sono almeno due donne con un nome?
- Le due donne parlano tra loro almeno una volta?
- Parlano di qualcosa che non riguarda un uomo?
Se non conoscevate prima il Bechdel Test probabilmente starete pensando a quanti tra i film più famosi non riescano a superare questo test, ma niente paura: approfondiamo.
L’utilizzo del Bechdel Test
Il Bechdel Test ha ricominciato a far parlare di sé nel 2013, quando diversi cinema svedesi iniziarono ad inserirlo nei rating dei film che avrebbero trasmesso, per segnalare al pubblico quali e quanti di essi non contenessero il cosiddetto gender bias. Da quel momento in poi è stato spesso utilizzato per formulare statistiche che segnalino al pubblico la mancanza di diversità nei film più quotati di Hollywood. Per esempio, il sito bechdeltest.com (in cui chiunque può inserire il titolo di un film che viene poi sottoposto al test) ad oggi riporta che su 8.076 film inseriti, il 57.6% (4.651 film) passa il Bechdel Test; il che è un fenomeno di per sé abbastanza preoccupante.
Significa in effetti che meno del 60% dei film sul mercato ha almeno due personaggi femminili che interagiscono tra loro, cosa che nella realtà non è così rara. È del tutto corretto però valutare la rappresentazione femminile nel cinema utilizzando questi tre quesiti in particolare?
Quantità, non qualità
A mio parere, no. Alla base del Bechdel Test stava la volontà dell’autrice di far riflettere il suo pubblico sul fenomeno del gender bias; in effetti, succede proprio questo leggendo per la prima volta le tre domande del test nel contesto fumettistico originario. Alison Bechdel però non aveva intenzione di valutare la qualità dei film sottoposti al test né tantomeno il realismo dei personaggi presenti all’interno di essi. L’autrice ha dichiarato in un’intervista di non utilizzare il suo test nella vita reale e ha confessato che neppure il suo film preferito lo passerebbe.
Di fatto il Bechdel Test non misura la qualità dei personaggi femminili all’interno di un film, ma la quantità. Questo permette a diverse pellicole che portano una rappresentazione molto più che stereotipata della donna di passare il test. Per esempio, Mulan (1998) non supera il Bechdel Test, al contrario di Come farsi lasciare in dieci giorni, Come sposare un milionario e Transformers. Allo stesso modo il test non misura la qualità delle interazioni tra personaggi, tant’è vero che Iron Man 2 passa il test grazie a due battute scambiate tra Pepper Potts (Gwyneth Paltrow) e Natasha Romanoff (Scarlett Johansson) che parlano di dove vada posta la firma in un contratto.
Il Bechdel Test non filtra il gender bias
Questa consapevolezza è forse ancora più allarmante delle statistiche: se in quel 57% ci sono film come Transformers, che racconta Mikhaela Banes (Megan Fox) solo come un bel faccino, il Bechdel Test non può essere una garanzia per individuare film senza gender bias o film femministi. Anzi, scorrendo la lista di film che passano il test su bechdeltest.com se ne notano molti in cui i personaggi femminili sono descritti e agiscono solo in relazione agli uomini che hanno accanto.
Nonostante ciò, da quando il Bechdel Test ha riguadagnato popolarità, i registi di maggior successo pongono un’attenzione maniacale nel tentativo di superarlo. Ma, anche se effettivamente negli anni sta aumentano il numero di film che supera il test, i personaggi femminili non sono meno stereotipati o più realistici: nel 2019, per esempio, insieme a film eccezionali passano il Bechdel Test sia After che Il Re Leone, pur non avendo alcun personaggio femminile ben costruito o ben approfondito.
Ma c’è una soluzione?
Alison Bechdel non aveva alcuna pretesa di oggettività, voleva solo portare l’attenzione del suo pubblico su un fenomeno preoccupante e in questo senso il Bechdel Test è assolutamente efficace. Tuttavia, non è con questa logica che è stato utilizzato negli ultimi anni. Il Bechdel Test è utile per stilare statistiche che raccontino l’industria cinematografica nel suo complesso, non come rating: si rischia di etichettare come migliori nella rappresentazione femminile film che non lo sono affatto. Soprattutto, ai registi basta inserire due personaggi di minima importanza che interagiscono tra loro per far sì che il loro film risulti migliore degli altri sotto il punto di vista dell’inclusività quando, probabilmente, non lo è.
Tutto questo non aiuterà la causa di Alison Bechdel e non migliorerà le cose, perché c’è un errore di principio. Inserire personaggi irrilevanti per lo svolgimento della trama solo per aumentare la rappresentanza femminile non farà diminuire il gender bias, solo una cosa lo farà, una cosa che è scontata per i personaggi maschili: possiamo iniziare a costruire anche i personaggi femminili in modo realistico, smettendo di raccontarli in relazione ad un uomo.
Chiara Parma
(In copertina Megan Fox in una scena tratta dal film Transformers [2007])
Per approfondire, dal percorso tematico Donne e Femminismo:
Hollywood e il problema della rappresentazione, di Alice Buselli