Una rubrica su un paese lontano e misterioso, controverso e irrisolto. Un viaggio oltre l’oceano, raccontato da esperienze, riflessioni e scoperte. Un racconto dell’anima messicana.
Sé feliz. Haz feliz a los demás. Y sé la mejor versión de ti mismo.
[Sii felice. Fai felici gli altri. E sii la versione migliore di te stesso.]
Questo motto, che ricorda una famosa massima buddista, si trova dipinto sul muro del giardino di una delle tante scuole di Mérida, nello Yucatan. A un visitatore che arriva per la prima volta senza conoscere la realtà e l’ambiente questa frase può, risultare fuori luogo o addirittura ironica; ma è dopo aver vissuto la realtà messicana che se ne comprende la motivazione profonda.
Un’istruzione con distinzioni di numero civico
In Messico l’istruzione – come molti altri aspetti – dipende dalle possibilità economiche, dalla situazione familiare e da concezioni culturali: in base al lavoro e alla posizione sociale dei genitori, o alle origini della famiglia, i bimbi e i ragazzi frequentano l’una o l’altra scuola, e vedono chiudersi o aprirsi porte per il futuro.
Una prima divisione molto importante nelle scuole messicane è tra pubbliche e private: mentre in Europa le scuole statati sono spesso migliori di quelle a pagamento, in Messico – e in quasi tutti gli Stati centro-sudamericani, – bisogna potersi permettere un’istruzione di qualità. Perciò molte famiglie si trovano obbligate a fare importanti sforzi per permettersi di mandare i figli a scuole private, per quanto le tasse di iscrizione possano sembrare a noi europei decisamente contenute.
Pubblico o privato?
Le differenze tra scuole pubbliche e private sono abissali: nelle prime le classi sono di almeno 50 studenti, i professori spesso non si presentano a lezione, e gli orari di scuola possono essere indifferentemente al mattino o al pomeriggio. Nelle seconde, invece, gli studenti hanno a disposizione le ultime tecnologie, fanno lezione in edifici moderni, hanno l’aria condizionata e le gite di classe.
Anche tra le scuole private ci sono le migliori e le peggiori: le élite delle città mandano i figli ai collegi più esclusivi, con rigide selezioni e quote d’iscrizione maggiori rispetto alle altre scuole private. Questo fa sì che, paradossalmente, in una città di oltre 800.000 abitanti come Mérida, gli amici e i gruppi di conoscenti per chi va in una scuola privata, siano sempre gli stessi, dalla materna all’università.
La qualità delle scuole pubbliche è determinata da un numero progressivo riportato nella dicitura del programma: la Prepa 1 è la migliore, e si scende poi di numero, con classi sempre più grandi e lezioni quasi inesistenti. Le selezioni per entrare alle Preparatorias (scuole superiori) migliori sono dure, ed essere ammessi alla Prepa 1 o 2 è l’unica possibilità per gli studenti meno privilegiati di frequentare l’università.
Per quanto riguarda l’università la situazione è addirittura più estrema: in Yucatan la UADY (università statale) è l’unica opportunità per la maggior parte dei ragazzi per continuare gli studi. Per questo i giovani passano l’ultimo anno di Preparatoria seguendo Porpedeuticos (corsi aggiuntivi e a pagamento) per tutto l’ultimo anno delle superiori, di domenica o nei pomeriggi, per prepararsi all’esame di ammissione e studiando più per questo che per la scuola. Se non vengono ammessi all’unica università pubblica dello Stato, hanno come sola possibilità o cambiare zona del Messico (se le famiglie possono permetterselo), o aspettare un anno e riprovare. Nel frattempo, continuando a studiare per un nuovo tentativo, spesso iniziano a lavorare.
Un’altra possibilità di studiare è fornita dalla Prepa abierta, una scuola superiore che permette a chi non può andare a lezione – in casi di disagio familiare o in situazioni eccezionali – di prendere comunque un diploma dando solo gli esami previsti dal diploma per ogni materia, potendo così finire più velocemente.
Punti di vista unilaterali
La divisione sociale causata da questo sistema è immensa: i ragazzi delle scuole private non frequentano i ragazzi delle scuole pubbliche, e spesso non conoscono nessuno che ne frequenti una. La differenziazione della città in zone per fasce sociali fa sì che questi ragazzi non si incontrino nemmeno, che le loro vite non si intreccino e che quindi questi non abbiano altri punti di vista su concetti come “scuola”, “educazione” o “istruzione”.
Come si può immaginare, le probabilità di successo sono proporzionate alle possibilità di studio e alla situazione economica e sociale delle famiglie. Si crea così un circolo vizioso difficile da interrompere o invertire: vivendo in una determinata realtà, ci si dimentica dell’esistenza di qualcosa di diverso e di altre possibilità di vita. In una società dove tramite la tecnologia e la “libertà” tutti possono potenzialmente parlare, conoscere, comunicare con chiunque in qualsiasi modo e momento, ci si ritrova però alle feste sempre con la stessa gente, che frequenta per decenni gli stessi gruppi di persone, senza mai avere la possibilità di uscire dalla propria “comfort zone”.
Maya o inglese? Competizione o interazione?
La SEP (Secretaría de Educación Pública) è l’ente responsabile di decidere i programmi a livello nazionale, che sono poi gestiti a livello statale dalle università locali. In Yucatan, per esempio, viene insegnato il maya nelle scuole pubbliche, mentre in quelle private no.
L’ambiente che si vive a scuola e che rende anche questo aspetto della vita messicana più rilassata e piacevole di quella di altri Paesi – Italia in primis – è una delle differenze più sostanziali nel confronto con l’Europa. Le presentazioni degli studenti si integrano alle lezioni frontali, incentivando la partecipazione dei ragazzi e rendendo le lezioni più interattive. La relazione coi professori è molto informale, le discussioni e le ricerche stimolano l’interesse e l’entusiasmo.
In una situazione così accomodante e sana, gli studenti imparano con calma e in modo attivo. Al liceo ogni semestre le materie cambiano, permettendo così agli studenti di studiare (seppure in modo superficiale) dall’antropologia al greco, dalla filosofia all’investigazione delle scienze naturali, e c’è addirittura una materia chiamata “programma di vita”. Le materie che restano fisse per tutti i tre anni delle superiori sono matematica, scienze motorie e inglese. Questa lingua in Messico, grazie alle possibilità che offre a livello lavorativo, è molto valorizzata: per moltissimi è la chiave per uscire dal Paese o dalla città, per viaggiare e avere una vita migliore. Per contro, la popolazione ha però una conoscenza dell’inglese incredibilmente ridotta; il suo insegnamento è quasi inesistente nelle scuole pubbliche, mentre è ottimo nelle private.
La maggior parte delle scuole private è bilingue e gli studenti sono incentivati a passare “l’anno all’estero” negli USA. Il fatto che al cinema i film siano in inglese sottotitolati in spagnolo fa capire quanto la cultura messicana sia contaminata da questa lingua, ma nelle strade del centro i turisti devono esprimersi a gesti per farsi capire.
Un “mondo felice”
Ci sono tutti gli elementi per definire l’istruzione messicana quella di un Paese del “terzo mondo”: educazione elitaria, università quasi solo private, inglese come lingua semi-sconosciuta ai più. Allo stesso tempo, però, i ragazzi sono più felici di andare a scuola, più rilassati e allo stesso tempo più stimolati e più curiosi di conoscere e imparare. Sono realmente interessati a imparare ciò che studiano e sono più inclini ad apprezzare quello che hanno e ciò che fanno, vivendo così la vita, anche a scuola, secondo la regola che quel preside ha fatto dipingere sulla sua scuola, e che fa imparare a memoria a ogni suo studente:
Sé feliz. Haz feliz a los demás. Y sé la mejor versión de ti mismo.
Greta Murgia
(Nell’articolo immagini di Greta Murgia)
Una scuola elitaria e insieme inclusiva è il quinto articolo della rubrica Il mio Messico di Greta Murgia. Si ringrazia l’autrice per la gentile concessione delle immagini.