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“One night in Miami” – Capire il passato per cambiare il futuro

One night in Miami 1

Quante volte vi è capitato di non sapere quale film o quale serie TV guardare? Ogni sabato pomeriggio, su Giovani Reporter, ci penserà Alessandro Leo a darvi un consiglio. Non dovrete fare altro che mettervi comodi, versarvi un bicchiere della vostra bevanda preferita, prendere qualcosa da mangiare e dare un’occhiata all’ultimo articolo di AperiCinema.
[Non contiene spoiler]

Quella notte

Quante cose si potrebbero fare in una notte a Miami.

Passeggiare a Lincoln Road dopo aver mangiato il famoso risotto al granchio reale di “Juvia”. Incontrare alcuni amici in un lounge bar a Downtown. Prenotare un tavolo vip al “LIV” con la probabilità di fare un brindisi con Jimmy Butler, oppure starsene comodamente sdraiati sul letto dell’hotel a leggere gli articoli di AperiCinema mentre mangiate una pizza da asporto e in sottofondo c’è l’ultimo album di Gazzelle. Ok quest’ultima cosa potete farla anche a Sant’Agata Bolognese in piena zona arancione scuro, però se siete così affezionati ad AperiCinema siete più che giustificati; meglio per me così la redazione mi riconferma la rubrica anche per il prossimo anno.

Tornando a noi, Miami è una città che ti prende per mano e ti accompagna tra i meandri della sua vita notturna fatta di divertimento sfrenato, eccessi e spensieratezza. E proprio una grande festa era ciò che girava nelle menti di Jim Brown e Sam Cooke quella sera del 25 febbraio 1964, nel momento in cui il loro amico Cassius Clay veniva incoronato campione mondiale di pesi massimi. Non sapevano che quella serata, quella notte, sarebbe stata diversa.

Tra gli spettatori di quel combattimento c’era anche un altro amico del neo-campione, una persona distinta che si limitava a scattare foto e ad esultare in modo pacato ma evidentemente pieno di gioia: Malcolm X, grande e discusso leader afroamericano famoso per le sue attività a favore dei diritti umani. Sarebbe stato proprio lui a cambiare il destino di quella notte, dove una festa organizzata dall’entourage di Clay lasciò spazio al ritrovo di quattro amici nella camera di un motel e ad argomenti di grande valore umanitario. One night in Miami.

Voi potete essere la nostra voce

Siamo nel 1964. L’America è nel pieno delle proteste contro la segregazione razziale e la discriminazione nei confronti degli afroamericani. Martin Luther King ha da poco intrapreso la marcia su Washington con l’ormai celebre “I Have a Dream”.

Malcolm X sta per lasciare la Nation of Islam per fondare un suo movimento che non preveda la religione come presupposto di coesione per il popolo nero. Perché questo possa diventare realtà, Malcolm si è assicurato l’appoggio di alcuni “fratelli”, ma ha necessità anche di qualcuno che possa elevare il tono e la risonanza del suo progetto. Da tempo sta cercando di coinvolgere nella sua causa l’amico Cassius Clay, che proprio in seguito alla conversione avrebbe assunto il nome di Muhammad Ali. Malcolm in questo periodo ha paura, sa che la sua vita è a rischio, sa di essere pedinato. Dalla Nation of Islam? Dall’FBI? Da altri? Probabilmente non gli resta molto tempo per lasciare le proprie idee al mondo, come l’autobiografia appena iniziata in collaborazione con Alex Haley.

Qui lasciamo per un attimo la realtà dei fatti e torniamo al film. Sappiamo con quasi totale certezza che Malcolm X, Clay, Cooke e Brown passarono quella notte nello stesso luogo, ma cosa si dissero non possiamo saperlo, ed è proprio lì che questo film va a costruire la sua narrazione. Malcolm, dopo aver ottenuto l’appoggio di Clay, è qui immaginato mentre cerca di portare dalla sua parte anche gli altri due, spiegando che proprio loro che sono famosi possono essere la voce di tante persone discriminate per un futuro migliore fatto di uguaglianza. La serata prende una via di dibattito con vari dialoghi accesi e tutti e quattro mettono in gioco le loro personalità e le loro posizioni sull’argomento.

Semplicità che emoziona

Perché un dibattito sulla lotta contro la discriminazione verso gli afroamericani fatto da quattro ragazzi afroamericani? Non dovrebbero stare tutti dalla stessa parte? La vostra domanda è lecita, ma dobbiamo considerare che nel 1964 schierarsi ufficialmente con un movimento antirazziale richiedeva anche una buona dose di coraggio, perché si metteva a rischio la propria vita, prima ancora della propria carriera. Quindi, vediamo l’alternarsi delle idee dei quattro protagonisti. Sarete voi a scoprire quali sono i loro punti di vista guardando questo film, che io reputo un’opera di grande valore artistico, storico e umanitario.

L’emozione che mi ha trasmesso è stata forte. Non è un film fatto di chissà quali grandi trovate o scene monumentali; è un film tratto da un’opera teatrale che procede in linea retta senza particolari colpi di scena o suspense, eppure quando partono i titoli di coda comprendi perfettamente il messaggio.

E poi dal punto di vista tecnico è spettacolare. In particolare, ho apprezzato il soggetto e la sceneggiatura scritti da Kemp Powers, autore anche della pièce teatrale dalla quale è tratto il film. Così come ho apprezzato la recitazione di tutto il cast e la regia di Regina King, magnifica attrice già premio Oscar che si cimenta per prima volta nella direzione di un lungometraggio, dopo varie esperienze nel mondo delle serie TV.

È speciale come questo film riesca a farci conoscere l’umanità di quelle quattro persone che noi consideriamo icone della storia e che qui sono mostrate per ciò che sono realmente: persone come noi, con sogni e sentimenti, coinvolti quotidianamente nelle gioie e nei dolori che caratterizzano la vita. Ed è interessante l’idea di realizzare un’opera in cui si prova ad immaginare quali sarebbero state le loro idee “a telecamere spente” riguardo questi temi.

Capire il passato per cambiare il futuro

Ho avuto il piacere di guardare One night in Miami in anteprima mondiale a Venezia e uscendo dalla sala mi sono detto: “farà la storia”, e forse non mi sbagliavo perché, tra i vari riconoscimenti, ha ricevuto tre candidature ai Golden Globes tra cui quella per la “Miglior Regia”; questo significa che se mai la King dovesse arrivare agli Oscar in nomination per lo stesso premio sarebbe la sesta donna di sempre, la seconda in caso di vittoria (resta una riflessione sul perché solo 5, forse 6, in novantadue anni).

E comunque la storia non si fa coi premi ma con ciò che si racconta e, per quanto mi riguarda, questo film la storia l’ha già fatta; anche per il messaggio che riesce a comunicare a prescindere dal passato controverso di alcuni protagonisti, in particolare di Malcolm X. Ciò che dobbiamo ricordarci sempre è che la discriminazione è sbagliata in tutte le sue forme, che nella nostra diversità siamo tutti uguali a livello di valore e diritti e che dobbiamo giocare tutti con la stessa divisa, quella del bene verso il prossimo e di ciò che è giusto.

Ci è stato fatto un grande dono, la vita, e tutti noi siamo uguali davanti ad essa. Dobbiamo ricordarci del male che è stato fatto dai nostri antenati e che, se è vero che il passato non si può cambiare, ciò che possiamo fare è adoperarci per un presente e un futuro migliori. E lo scopo di questo film è anche questo: non tanto il ricordo o la denuncia ma un insegnamento rivolto alle generazioni future. Capire il passato per cambiare il futuro.

Buon sabato a tutti i lettori di Giovani Reporter!

Alessandro Leo

(In copertina e nel testo immagini tratte dal film One night in Miami, disponibile su Amazon Prime Video)


One night in Miami è l’ottavo articolo della rubrica settimanale di Alessandro Leo AperiCinema.

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