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Finalmente libera

Finalmente libera

Una storia di revenge porn come ce ne sono tante ogni giorno. Il racconto breve di Laura De Robbio, con il suo tragico epilogo, denuncia le ipocrisie di un mondo perbenista e insensibile. Una provocazione letteraria che dovrebbe far riflettere tutti.


È il 7 gennaio quando, per la prima volta, provo imbarazzo a entrare nella mia scuola. Non sopporto quegli occhi addosso, non sopporto niente di tutto questo. Vorrei solo tornare indietro a due giorni fa, e non lasciarmi convincere a registrare quel video. Speravo – ma sono un’ingenua – che le persone non avrebbero dato peso alla cosa; mi sbagliavo.

Quando varco la soglia della mia classe i mormorii cessano all’istante – era ovvio di chi stessero parlando. I ragazzi ridono, mentre le ragazze non mi degnano di uno sguardo; per loro sono, semplicemente, la vergogna del genere femminile. In quel momento lui entra e si siede al suo banco. Saluta i suoi amici come se niente fosse. Mentre mi siedo al mio posto vorrei soltanto sprofondare. Poso la testa sul banco e non oso alzarla per tutta la prima ora.

Alle nove in punto il preside mi manda a chiamare: vuole vedermi nel suo ufficio. Mentre cammino nei corridoi, l’ansia per le ripercussioni di quel video aumenta sempre di più e raggiunge il culmine quando entro nella presidenza e vedo un foglio sulla scrivania. Il preside mi ha espulsa dalla scuola. Le motivazioni? Un filmato amatoriale postato dal mio ex ragazzo stava girando online, e l’istituto privato di cui facevo parte non si poteva certo permettere simili scandali. Quel video mi era costato la carriera scolastica; e tutto questo solo per un gesto crudele, scatenato da una gelosia infondata. Lui, ovviamente, non verrà punito; del resto, nel video non si vede neanche la sua faccia. E, anche se fosse, nessuno si metterebbe mai contro il figlio di un premier.

Decido di tornare a casa, dalle uniche persone che credevo non sapessero di quello scandalo. Provo ad aprire la porta d’ingresso, ma la chiave non entra. Guardo per terra e vedo che sullo zerbino c’è un biglietto: “Abbiamo visto il video. Hai diciotto anni, ora puoi cavartela da sola” E ora? Per un attimo spero sia tutto un incubo, ma è una speranza troppo debole. Non è ancora mezzogiorno, e ho perso tutte le forze per combattere. In lacrime, mi lascio scivolare fino al portone. La mia vita è stata distrutta a causa di uno stupido ragazzo.

Sono stanca. Stanca di vivere, stanca di resistere. Non ho più niente da offrire a questo mondo. Sui social media sono riempita di insulti da entrambi i sessi. I commenti delle mie foto sono pieni di istigazioni al suicidio; forse non hanno tutti i torti. Non avrei mai dovuto fidarmi di quel ragazzo, e ora sto solo pagando il prezzo del mio errore. Tutte le persone che un tempo credevo mie amiche mi hanno abbandonata perché non si potevano permettere di avere vicino un’oscenità come me. A chi mancherei? Non sento mia madre e mio padre da una settimana, non mi hanno lasciato niente. Se non avessi avuto un po’ di soldi nella borsa non sarei arrivata neanche ad oggi.

Ho deciso. È arrivato il momento. Non c’è nient’altro che io possa fare. Vado da un ferramenta. Cinque metri di corda andranno bene. Il solo pensiero di passare un altro giorno così mi mette i brividi. Mi è rimasta solo me stessa, ma non basta. Ho paura, sì, è vero, ma cosa altro posso fare? Vorrei solo che qualcuno capisse che non è stata colpa mia, ma purtroppo vivo in un mondo in cui azioni di questo genere, se sei una donna, hanno un peso maggiore: se un uomo va con tante donne è considerato forte; se succede il contrario, lei merita di essere insultata.

Il potere qui conta più della verità; nessuno mi avrebbe creduta e non mi scomodata a parlare. Non mi rimane molto tempo. Dalla tasca della mia felpa prendo un pennarello e scrivo un messaggio sul muro davanti a me: “denunciate.” Non voglio che cose del genere accadano ancora. Non importa quanti soldi abbia il responsabile, le persone devono sapere.

È finita. L’ho fatto. Ora, sono finalmente libera.

Laura De Robbio

(In copertina Trym Nilsen da Unsplash)


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