
Un presidente d’eccezione, 23 ministri fra tecnici (8) e politici (15): la nuova ricetta Draghi piace proprio a tutti, fuori e dentro il paese. Ma l’ampia maggioranza del nuovo esecutivo potrebbe rivelarsi un tallone d’Achille .
Quasi come un film
Sono i primi di febbraio, e un’auto sta salendo al Quirinale. Il Presidente della Repubblica attende con impazienza il colloquio: da quelle parole dipendono il destino non solo del governo, ma di tutta l’Italia. L’ex-presidente della BCE, dal canto suo, non si aspettava certo la chiamata alle armi di Mattarella per guidare il paese in un momento così critico.
Raccontata così, la precipitosa vicenda politica che, in una manciata di giorni, ha portato Mario Draghi a capo del nuovo esecutivo sembra quasi un film. E, a giudicare dall’apprezzamento al botteghino (leggasi partiti, borse ed Unione Europea), la pellicola si prospetta campionessa d’incassi.
Fuor di metafora, la vera notizia è che mai prima d’ora si era vista, nella storia dell’Italia repubblicana, un sostegno così ferreo e trasversale intorno a un Presidente del Consiglio. Tutti o quasi i leader delle principali formazioni politiche si sono dichiarati favorevoli: Salvini e Berlusconi hanno parlato di “sostegno senza veti”, Zingaretti ha espresso la propria soddisfazione, la piattaforma Rousseau ha spianato la strada del sì. Solo Fratelli d’Italia rimarrà all’opposizione, ma per questioni di principio: Giorgia Meloni afferma che i suoi faranno opposizione con responsabilità, e per il bene del paese.
I partiti italiani, insomma, sembrano stregati dal fascino di avere un fuoriclasse Draghi al governo. Ma non è oro tutto quel che luccica: l’esecutivo che in queste ore riceverà l’approvazione delle Camere è formato da Italia Viva, il PD, il M5s, LeU, la lega Salvini e Forza Italia. Una maggioranza (troppo) allargata, in cui convivono alleati e irriducibili avversari, percorsa da dissapori vecchi e nuovi e da idee politiche spesso stridenti – quando non direttamente opposte.
Dall’entusiasmo iniziale ai primi scontri
Il banco di lavoro è pieno, e il tempo stringe: bisogna presentare una proposta credibile per il MES, il piano di vaccinazione nazionale, i sussidi ai lavoratori, mentre scuola, riforma pensionistica e tributaria infiammano gli animi in Parlamento. La maggioranza “larga” di Super-Mario – così hanno cominciato a chiamarlo – sarà un asso nella manica del Premier oppure finirà per implodere?
Da qua iniziano i primi problemi: i vari movimenti politici, per sostenere questa formazione, hanno richiesto i propri rappresentanti all’interno del Consiglio dei Ministri e, come previsto, li hanno ottenuti. Ora, essendoci una maggioranza politica (e non tecnica) fra i ministeri, i partiti si possono permettere di giocare a braccio di ferro per conquistare i provvedimenti che ritengono più giusti . Non è chiaro se assisteremo davvero a una situazione simile. Per ora, le figure più importanti delle coalizioni affermano che riporranno sempre la propria fiducia in Mario Draghi, considerato come un faro che punta verso l’uscita dall’infinito tunnel della pandemia. Ma non bisogna prenderli troppo sul serio: ai partiti, e specie a quelli italiani, piace cambiare.
Il leader della lega Matteo Salvini afferma: “Non vediamo l’ora di cominciare a lavorare perché l’Italia ha bisogno di risposte concrete” e continua: “Prima si parte, meglio è”. E il segretario del PD replica così riferendosi alla fiducia per il governo Draghi: “Con Draghi senza liti. Ma la politica non è finita: noi alternativi alla Lega”
La questione MES
Ma quali sono i temi in cui il nostro governo potrebbe inciampare? Sono molti, e uno sempre più dibattuto dell’altro. Il più urgente, però, è di sicuro il Meccanismo Europeo di stabilità, più conosciuto con il nome di MES, uno dei maggiori punti di rottura che ha portato alla crisi politica scatenata da Italia Viva. Il MES frutterebbe all’Italia 37 miliardi, da spendere interamente nell’ambito sanitario, e il principale partito che si oppone è il M5s, che non vorrebbe accettarlo per motivi legati alla identità del partito.
Un altro grande scoglio potrebbero essere le tasse, argomento che vede varie proposte sul tavolo, a partire da un eventuale inserimento della patrimoniale, una proposta di modifica della riforma tributaria e infine la lega che spingerebbe verso la flat tax. La patrimoniale verrebbe sostenuta soprattutto da alcuni personaggi del PD come Matteo Orfini, che dice:”Il PD ne discuta laicamente, anche sui decreti sicurezza mi dicevano no”.
Lega Salvini, però, si opporrebbe duramente, visto che da mesi sostiene di azzerare le tasse per aiutare le categorie colpite maggiormente dalla pandemia, fino ad arrivare alla Flat Tax, cavallo di battaglia del Carroccio da anni. Proprio in mezzo alle due proposte sarebbe presente anche una possibile riforma tributaria che verrebbe sostenuta dal presidente del consiglio Mario Draghi, che ispirandosi, al sistema danese, punterebbe a ridurre l’aliquota marginale massima dell’imposta sul reddito e ad alzare la soglia di esenzione dalle tasse.
I nodi più delicati: Scuola e Sanità
Un ennesimo argomento scottante sarebbe il posto del commissario Arcuri, posizione molto criticata da Italia Viva e la Lega, che sostengono a gran voce l’impossibilità di mantenere un solo commissario per tutti gli ambiti dell’emergenza sanitaria. Il segretario della Lega Matteo Salvini, ad esempio, propone di mandare degli aiuti al commissario:”Arcuri, fra le altre cose, sul tavolo ha il dossier dell’Ilva. Non mi sembra che stia risolvendo molte delle questioni aperte, dai vaccini alla scuola. Penso che avrà bisogno di una mano”.

Ultima, ma certo non meno importante, la scuola: in questi giorni il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha già fatto parlare di sé, sia per l’ipotesi di allungare il periodo scolastico fino a giugno, sia per la proposta di far iniziare il prossimo anno scolastico 15 giorni prima; queste modifiche sul programma servirebbero per far sì che gli studenti possano recuperare le tante ore perse in Dad. Inizialmente queste proposte sono state accolte piuttosto male dagli studenti e dal personale scolastico, perché sconvolgerebbero il piano degli studi. Intanto dal PD provengono proposte radicali di riforma dell’istruzione italiana: destinare il 5% del PIL alla scuola e aumentare l’obbligo di frequentazione scolastica fino ai 18 anni.
C’è solo una speranza: che Super Mario (come già alcune testate lo chiamano) tenga salde le redini del dibattito politico. Sarà in grado di occuparsi solamente del bene dell’Italia, o si piegherà davanti ai pretesti e alle veline poste dai partiti? Nessuno sa la risposta a queste domande, se non i politici stessi. Che dovranno imparare mettere da parte antichi dissapori, dimenticare le diversità e lavorare per portare il paese fuori da questa crisi.
Gabriele Cavalleri