Cronaca

Covid e vaccini – Una questione di soldi, una tragedia immane

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Il vaccino. Questa è l’unica strada che ci porterà fuori dalla pandemia. Gli esperti lo dicono da mesi, e i governi mondiali ne sono ben consapevoli. Vien da sé, quindi, che i preparati che diverse aziende farmaceutiche stanno sviluppando contro il Covid-19 siano diventati una delle merci più ambite del momento, una sorta di “oro trasparente“.


A poco sono valsi gli appelli di diverse personalità, tra le quali Papa Francesco e premi Nobel come Malala Yousafzai, affinché il vaccino diventi un bene comune e non un privilegio per pochi: in Africa, finora, sono state vaccinate solo 25 (venticinque!) persone, e i primi rifornimenti di massa arriveranno se tutto va bene a febbraio/marzo. La speculazione sul vaccino è iniziata lo stesso giorno dell’annuncio del primo vaccino: il 10 novembre, infatti, il CEO di Pfizer Albert Bourla ha venduto il 62% delle sue azioni, guadagnando ben 5,56 milioni di dollari.

Ritardi e polemiche

Anche il vaccino, dunque, così indispensabile a tutto il mondo, si è piegato alle spietate leggi del mercato. Come noto, ha suscitato aspre polemiche nelle ultime settimane il ritardo annunciato da Pfizer nella distribuzione settimanale dei vaccini: ritardo prima di una sola settimana, ma poi protrattosi. Ufficialmente i lunghi tempi di attesa sono dovuti a lavori di ampliamento dello stabilimento di Puurs, in Belgio, per meglio fronteggiare la domanda. Il commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri ha parlato di “ulteriore incredibile ritardo”.

Come riporta la società di ricerche Airfinity, L’Unione Europea ha stretto un accordo per comprare ogni dose a 14,50 dollari: poca roba, in confronto ai 19,50 sborsati dagli USA e addirittura ai 28 a cui Israele compra le dosi. Al contrario dell’UE, tuttavia, né gli States né Gerusalemme avranno alcun ritardo nelle consegne: la situazione, ovviamente, non ha mancato di suscitare un vespaio. Ad ogni modo, come riportato da Luciano Capone su Twitter, anche paesi come Canada, Messico, Bahrein e Arabia, tutti dipendenti dallo stabilimento belga, hanno subito notevoli ritardi, se non molto peggiori.

Una polemica simile alla precedente ha riguardato un altro vaccino anti-Covid: quello sviluppato da AstraZeneca, sul quale peraltro ha fatto discutere la percentuale di efficacia (62,1%), soprattutto tra gli anziani. Negli scorsi giorni l’azienda britannico-svedese ha annunciato un forte taglio della distribuzione nell’UE nel primo trimestre del 2021: da 80 ad appena 31 milioni di dosi, circa il 60% in meno di quanto pattuito.

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Il commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri.

AstraZeneca ha giustificato questo con problemi nel reperimento delle materie prime e in uno stabilimento di produzione in Belgio. Motivazioni ritenute parziali dalla Commissione Europea che teme, come nel caso Pfizer, che la multinazionale preferisca venderli a Stati che garantiscono maggiori guadagni.

A tal proposito il CEO Pascal Soriot ha dichiarato in un’intervista che nel contratto siglato con l’UE non c’è nessun impegno esplicito a consegnare le 80 milioni di dosi di vaccini, e che si sarebbe impegnato solo a fare del suo meglio per arrivare a tale obiettivo; inoltre ha affermato che la casa deve dare priorità al Regno Unito, col quale ha stretto un accordo prima che con Bruxelles.

Quei contratti misteriosi

Già, i contratti. Un’ombra di questa titanica campagna di immunizzazione (che al prezzo di mille sacrifici è riuscita a produrre a tempo di record un grande numero di vaccini) è sicuramente la segretezza degli accordi siglati dalle multinazionali con le istituzioni pubbliche, talvolta mesi prima dell’effettivo arrivo dei vaccini. È grottesco, ad esempio, il caso del contratto tra UE e CureVac: la casa tedesco-olandese (il cui vaccino non è ancora stato autorizzato dall’EMA, l’Agenzia Europea per il farmaco) ha ammesso alla lettura dell’accordo alcuni europarlamentari in una stanza ad hoc, senza cellulari, block-notes o fotocamere, per soli 45 minuti. Senza contare la notevole quantità di omissis presenti e il fatto che i lettori, a consultazione conclusa, sono tenuti al silenzio su quanto letto.

Nemmeno il contratto con Pfizer è pubblico. Si sanno però alcuni particolari come, ad esempio, il quantitativo di vaccini da distribuire è determinato in dosi e non in fiale. Proprio per questo motivo, quando l’EMA ha stabilito che da ogni fiala si possono estrarre sei dosi (anziché cinque), l’Italia e altre nazioni hanno subìto tagli consistenti nella distribuzione. Sembra inoltre che il numero di dosi da consegnare sia stabilito su base trimestrale (ergo i Paesi non hanno da recriminare in caso di ritardi settimanali), e che le penali per eventuali inadempienze non sono automatiche.

Immagine di una vaccinazione in Africa contro la Panleucopenia felina. In Africa le somministrazioni del vaccino contro il Covid procedono a rilento.

La clausola che suscita maggior indignazione, però, è quella che solleva la casa farmaceutica da ogni responsabilità per reazioni avverse del siero, scaricandole sui singoli Stati. Dopo la recente querelle per i ritardi negli approvvigionamenti, AstraZeneca ha invece pubblicato (anche in questo caso con vari omissis) il suo accordo con l’UE: nel documento si legge che l’Europa ha diritto a dosi prodotte anche in Regno Unito (e non solo in Belgio e Paesi Bassi) e che, smentendo le dichiarazioni di Soriot, nessun altro accordo (quindi neppure quello con Londra) può ostacolare la distribuzione nel vecchio continente.

La morale del denaro

Si può quindi dire, con un pizzico di amara ironia, che alcune case farmaceutiche abbiano fatto di necessità virtù, lucrando (anzi, speculando) sull’immane tragedia del Covid-19. Non sono mancate proposte per arginare il loro strapotere: la Commissione Europea starebbe valutando di requisire tutte le dosi prodotte nel territorio comunitario, ad eccezione di quelle a fini umanitari. Una proposta di buon senso, ma che non risolve la questione africana: anche se in tale continente i casi sono stati contenuti, è comunque fondamentale immunizzare questa regione, per debellare il virus in tutto il mondo.

Il tunnel, come ricordano gli esperti, è ancora lungo da attraversare, ed è inaccettabile che gli egoismi di pochi creino ostacoli in questo percorso di rinascita: tutti, per il bene dell’umanità, dovremmo remare nella stessa direzione. Ma come sempre, questi buoni propositi sono destinati a rimanere lettera morta.

Riccardo Minichella

(In copertina expatliving.hk)


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