L’11 gennaio Ipsos ha realizzato un sondaggio per la trasmissione Di Martedì (La7) secondo cui il 46% degli italiani, quasi uno su due, non ha capito la crisi di governo in atto: cerchiamo di vederci chiaro.
Ripresa e resilienza
A inizio dicembre 2020 iniziava a farsi strada nell’opinione pubblica la notizia di alcune crepe formatesi nel tessuto del Governo con la previsione di un possibile rimpasto, di una crisi o, nel peggiore dei casi, della caduta del Governo stesso. Le minacce di sfiducia, o di un rimpasto, da parte della maggioranza (PD, Italia Viva, Liberi e Uguali, Movimento 5 Stelle) nei confronti del governo Conte partono tutte dallo stesso punto: la discussione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il documento che stabilisce i 100 progetti finanziati con il Recovery Fund.
Il piano del Governo prevede un emendamento nella Legge di Bilancio che garantisca poteri per la creazione di una cabina di regia formata dalla presidenza del Consiglio, dal ministro dell’Economia Gualtieri, da quello dello Sviluppo economico Patuanelli e dal ministro degli Affari Europei Amendola. A questo gruppo ristretto si affiancherebbe un gruppo di sei manager a sovraintendere una task force di esperti per ogni categoria di progetti.
Al momento, la questione della gestione dei fondi è rimandata ad un altro decreto, ma la proposta del Governo è bastata a far storcere il naso ad Italia Viva. Secondo i renziani, un progetto simile non renderebbe il lavoro più veloce ma creerebbe una sovrastruttura interna ai ministri e questo è solo uno dei sassolini nelle scarpe che da tempo Italia Viva si porta dietro.
Perché Renzi è uscito dal gruppo?
Il 17 dicembre Renzi ha recapitato una lettera al Presidente del Consiglio contenente un elenco e la spiegazione dei punti e proposte su cui Italia Viva non concordava col governo. Si tratta principalmente del contenuto e della gestione del Recovery Plan, la campagna vaccinale, il Mes e il ruolo del commissario Arcuri.
Andando in ordine, oltre al dissenso sulla task force e sulla cabina di regia, nell’ambito del Recovery Plan si criticavano principalmente i contenuti e fondi dei progetti. Alla prima bozza, Italia Viva aveva presentato il piano Ciao (Cultura, Infrastrutture, Ambiente e Opportunità) per modificare quello precedentemente predisposto. Alcune delle proposte presentate sono poi state effettivamente inserite, come ad esempio l’aumento della spesa per sanità e istruzione e una differente gestione degli investimenti superando i bonus fiscali.
La campagna vaccinale è stata invece pesantemente contestata per “l’insufficienza e la poca chiarezza del piano” . La questione del commissario Arcuri è invece più complessa: Arcuri è amministratore delegato di Invitalia, un’azienda di Stato che si occupa di investimenti e riqualificazioni. Ad Italia Viva risulta sospetta la nomina del AD di “Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19” con numerose mansioni di rilievo (tra cui il piano per la distribuzione dei vaccini). Il tutto mentre Invitalia si sta occupando del fallimento dell’ex-Ilva.
Infine Renzi torna sul tanto discusso Mes. In sostanza vorrebbe che le spese legate alla sanità fossero sostenute tramite la linea di credito predisposta per finanziare le spese sanitarie causate dal COVID19 (Pandemic crisis support). I problemi del Mes, come è stato più volte ribadito, sono legati all’immagine di debolezza economica che darebbe e alle condizioni meno sicure rispetto al Recovery Fund. Ma per Renzi si tratta di una questione ideologica.
Conte: uno, bis, ter?
Irremovibile sulle sue argomentazioni, Renzi ha più volte minacciato la maggioranza di Governo con le dimissioni delle due ministre Teresa Bellanova (ministro delle politiche agricole alimentari e forestali) e Elena Bonetti (ministro per le pari opportunità e la famiglia) e del sottosegretario Ivan Scalfarotto. In seguito alla votazione del Recovery Plan, con l’astensione da parte di IV e nonostante le parole di Conte che ha esternato la volontà di un confronto e soluzione dei dissapori, la crisi è scoppiata.
In conferenza stampa, Renzi, insieme alle due ministre, ha annunciato il ritiro di Italia Viva dalla maggioranza di governo, esponendo le ragioni del partito.
Tralasciando queste ragioni, principalmente si è parlato delle argomentazioni già trattate e di qualche riferimento alla figura di Conte, si aprono giorni di trattative per stabilire le sorti del governo. Gli scenari possibili sono diversi:
- Conte potrebbe chiedere la fiducia in Senato, servendosi dei “responsabili” ovvero un gruppo politico che non vuole far cadere il governo. Questo scenario ricorderebbe quanto accaduto con Salvini nel 2019;
- Il premier potrebbe decidere di guadagnare tempo in due modi: assumendo ad interim le due ministre, rischiando comunque che una mozione di sfiducia del Senato faccia cadere il governo, oppure chiedendo a Mattarella più tempo per creare una solida maggioranza su cui costruire un Conte Ter, sostituendo i 18 senatori di IV;
- Sembra impossibile ma Conte e Renzi potrebbero riappacificarsi e provare un rimpasto di governo ovvero un mutamento di ministri;
- Conte potrebbe dimettersi aprendo due possibili scenari ulteriori: un Governo di unità nazionale (come accadde con Monti) in cui i nomi più papabili sarebbero Mario Draghi e Marta Cartabia, oppure IV potrebbe tornare sui suoi passi e Pd e M5S dovrebbero trovare un sostituto a Conte.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore
Al momento fare previsioni è troppo rischioso perché le dinamiche politiche cambiano ogni ora. Tuttavia, si possono esprimere diversi pareri rispetto alla mossa di Renzi.
Impeccabile dal punto di vista ideologico, ha mantenuto la propria posizione utilizzando il potere di un piccolo partito in una maggioranza già poco stabile. Il problema principale è che viviamo nel 2021, secondo anno di pandemia, e le certezze che abbiamo sono poche. Mostrarsi instabili politicamente e deboli economicamente è un grave errore, in primis verso i cittadini. Gli strumenti democratici di confronto ci sono e, credendo nelle buone intenzioni del partito, questo sembra comunque un gesto egoista.
Sicuramente Renzi non ha pienamente torto, o ragione, ma ci ritroviamo comunque a dover gestire una crisi di governo, oltre a quella pandemica e della sanità, in un contesto di instabilità occupazionale e di frustrazione generale. Insomma, proprio non ci voleva.
Nessuno si sognerebbe di lasciare il posto di lavoro per una diversa visione di intenti: minerebbe il risultato finale e gli sforzi fatti, soprattutto se si parla di un governo. Ormai la crisi è iniziata e ciò che accadrà potrebbe non riguardare direttamente Italia Viva ora che sono usciti: lontano dagli occhi…
Sofia Bettari
(In copertina Matteo Renzi)