Politica

USA2020 – Cosa ci lasciano queste elezioni?

Elezioni

Quello che si è appena concluso è stato un anno chiave per la storia degli Stati Uniti: non solo è stata smentita la tendenza conservatrice che sembrava essersi affermata stabilmente con la presidenza Trump, ma il paese si è anche spaccato in due, in una battaglia elettorale senza precedenti.


Le elezioni presidenziali del 2020 sono state singolari in ogni loro fase: dai dibattiti, al voto, all’insediamento del candidato vincitore. La situazione che si è venuta a creare, che ancora presenta alcuni nodi difficili da sbrogliare, non può che lasciare un’impronta decisiva nel futuro del paese.

Partecipazione elettorale

Quelle del 2020 sono state le elezioni americane con il tasso di partecipazione più elevato dell’ultimo secolo, precisamente dal 1908. Nonostante si siano svolte nel bel mezzo di una pandemia globale – della quale gli Stati Uniti hanno ben percepito gli effetti – alle scorse presidenziali ha partecipato il 67% dei cittadini americani. Questo dato risulta ancora più rilevante se si considera che la complicata procedura di registrazione (che in Italia avviene in automatico) ha spesso la conseguenza di scoraggiare la partecipazione elettorale. Il risultato sorprendente è stato reso possibile soprattutto grazie al voto per posta, di cui ha usufruito più della metà dei votanti. Tuttavia, questa modalità si è rivelata anche un valido pretesto per attaccare la vittoria di Biden.

Tuttavia il risultato del vincitore non sembra essere discutibile: Biden ha battuto il record di voti ottenuti da un singolo candidato, detenuto fino ad ora da Obama, superando quest’ultimo di quasi 13 milioni di voti. Anche Donald Trump ha dimostrato comunque una spiccata quanto inaspettata capacità di mobilitare il suo elettorato. La platea repubblicana era fino a questo momento considerata meno espandibile di quella democratica. La ragione risiede nell’incrocio fra due tendenze: gli ideali conservatori sono maggiormente diffusi tra l’elettorato bianco over 50; le percentuali della popolazione americana attualmente in crescita sono quelle dei giovani e degli immigrati.

Il candidato repubblicano ha ottenuto un risultato considerevole, migliore di quello che si prevedeva. Ciò è stato possibile prima di tutto attraverso una mobilitazione dell’elettorato storico repubblicano, ma anche grazie al “furto” di alcuni segmenti di elettori democratici. Un buon esempio è rappresentato da quel 12% di maschi di colore che hanno votato per Trump. Nonostante gli exit poll si siano dimostrati abbastanza accurati, alcune previsioni molto lontane dalla realtà hanno suscitato delle aspettative che si sono poi ribaltate.

Polarizzazione

La caratteristica determinante delle presidenziali 2020 è sicuramente il contesto altamente polarizzato nel quale si sono svolte. Come molti hanno notato, la vittoria di Biden deriva soprattutto da una spinta negativa. In altre parole, gli elettori democratici del 2020 hanno votato Biden incoraggiati non dalla fiducia e dal sostegno nel proprio candidato, ma piuttosto dalla paura per la vittoria dell’avversario. Si tratta di un’attitudine diffusa nella politica internazionale contemporanea: permettetemi di chiamarla “il voto per il meno peggio”.

Questo comportamento è ben noto ai politici, consapevoli di dover quindi descrivere il loro avversario come “il peggio” per ottenere questi consensi in negativo. La delegittimazione dell’avversario è un’altra tendenza che non è certo nata con le ultime elezioni, ma che in questa occasione si è mostrata in tutta la sua potenza e pericolosità, dalla fase pre elettorale al difficile insediamento di Biden. Basta guardare uno dei dibattiti tra i due candidati presidenti per avere un esempio di un atteggiamento – per dirla con un eufemismo – molto poco diplomatico.

La polarizzazione produce inoltre un altro effetto compromettente per l’intero sistema: una forte, a volte forzata,  identificazione con alcune questioni chiave. Si tratta di quei punti del programma elettorale che fanno da calamita per gli elettori e su cui quindi i candidati puntano tutto. Questi ultimi si trovano a tal punto legati ad essi che in molti casi, anche dopo la chiusura della campagna elettorale e la conseguente vittoria o sconfitta, non possono più abbandonare la posizione presa. Questa situazione ostacola l’attività di confronto e dialogo tra le parti in gioco, finendo spesso per impedire il raggiungimento di quei compromessi che sono la linfa dell’attività politica.

Maggioranze instabili

Il paese si trova così diviso in due blocchi incompatibili. Non si possono raggiungere né maggioranze nette né mediazioni, che sono le due condizioni necessarie affinché un sistema politico funzioni in modo corretto ed efficace. Non resta che lo stallo, una tendenza di lungo periodo testimoniata da diversi fenomeni che si sono insediati stabilmente nel sistema americano. Prima fra tutti è la produttività legislativa, che si registra in calo sin dagli anni ’70.

La mancanza di legiferazione da parte del Congresso spinge i presidenti a governare attraverso executive orders, molto meno efficaci delle leggi vere e proprie. I decreti, infatti, possono essere facilmente smantellati dalla presidenza successiva o attaccati dalle corti statali in quegli Stati a maggioranza opposta rispetto a quella presidenziale.

Proprio il potere giudiziario costituisce il secondo ostacolo al buon funzionamento della macchina governativa. L’ex presidente Trump ha nominato tantissimi giudici federali e, fatto ancora più importante, è riuscito a far insediare tre personalità fortemente repubblicane alla Corte Suprema. Oltre ad essere politicamente schierati, questi ultimi giudici sono anche giovani: un fattore fondamentale se si considera che questa carica è a vita. Di conseguenza si può intuitivamente prevedere che il democratico Biden non avrà vita facile nell’affermare la sua linea politica.

L’instabilità del sistema bloccato statunitense si riversa anche sulle questioni di politica estera. A causa della posizione che gli Stati Uniti ricoprono nella dinamica dell’interazione globale, la politica estera americana ha ricadute inevitabili non solo a livello interno ma anche internazionale. Più volte in passato le iniziative di questa superpotenza hanno dato l’impulso per riforme a livello globale: gli ostacoli che ho finora elencato impediscono quindi politiche propedeutiche a un’azione di cambiamento e rinnovamento internazionale.

Clarice Agostini

(In copertina la vittoria di Biden da elle.com)

Per approfondire, il funzionamento del sistema elettorale americano:

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