Quante volte vi è capitato di non sapere quale film o quale serie TV guardare? Ogni sabato pomeriggio, su Giovani Reporter, ci penserà Alessandro Leo a darvi un consiglio. Non dovrete fare altro che mettervi comodi, versarvi un bicchiere della vostra bevanda preferita, prendere qualcosa da mangiare e dare un’occhiata all’ultimo articolo di AperiCinema.
Era una sera di qualche settimana fa e mi trovavo nel pieno di una crisi esistenziale da fine serie TV: avevo appena terminato Le regole del delitto perfetto e, oltre allo shock per il finale (che davvero non mi aspettavo) chiudevo una serie che mi aveva fatto compagnia per molto tempo. Un po’ come quando ti lasci con una fidanzata che eri convinto potesse essere la donna della tua vita. Ok, la sto facendo troppo esagerata.
Comunque, nel mezzo di questo stato confusionale ho fatto una storia su Instagram nella speranza che rispondesse una ragazza con cui mi ero trovato spesso a commentare la serie. Invece, mi ha risposto un altro amico, Andrea B., che con la sua cadenza veneziana (sempre presente, anche quando scrive messaggi) mi consigliò la serie La regina degli scacchi.
“Fradeo, cominciala subito, è una figata, credimi”.
La ragazza dai capelli rossi
Buio. Parigi, 1967, interno giorno, camera d’albergo.
Una ragazza dalla pelle candida e dai capelli rossi viene svegliata da un uomo che sta bussando alla porta della sua camera; capiamo che è in ritardo per un appuntamento. Con uno sguardo spaesato e frastornato ingerisce due pillole con l’aiuto di un alcolico e comincia a correre in un modo molto simile a tutti noi quando cerchiamo di raggiungere in tempo la fermata dell’autobus.
Dopo poco entra in una sala e non sembra neanche una lontana parente della ragazza che abbiamo visto in questi primi minuti: cambia espressione, cambia portamento, è determinata. Davanti a lei un uomo.
“Chiedo scusa” dice la ragazza dai capelli rossi. Lui non fa una piega e le stringe la mano.
Si siedono l’uno di fronte all’altra, in mezzo una scacchiera. Si guardano, si studiano, sono pronti.
Stacco.
Ma facciamo un passo indietro…
È il 19 marzo 2019 e Netflix avvia la lavorazione di una nuova serie tratta da un libro di Walter Tevis con protagonista una ragazza dai capelli rossi rimasta orfana che, dopo un casuale incontro con il custode dell’orfanotrofio in cui si trova, si appassiona al mondo degli scacchi e inizia la scalata verso la vetta di questa disciplina.
– Gli scacchi? Una serie TV sugli scacchi? E la prossima su cosa sarà? Sulla briscola?
– Aspettate un attimo.
Per interpretare la ragazza dai capelli rossi viene scelta un’attrice giovane d’età ma con il curriculum di una veterana: Anya Taylor-Joy, che divora in un attimo il libro e inizia a preparare il personaggio probabilmente non ancora consapevole che di lì a poco avrebbe dato vita ad una delle migliori interpretazioni attoriali del cinema degli ultimi anni.
Dopo di lei viene completato il cast, tutti nomi importanti tra i quali emergono quello di Thomas Brodie-Sangster nel ruolo di Benny Watts e Marielle Heller in quello di Alma Wheatley.
– Ok Ale, un bel cast ma resta il fatto che gli scacchi sono noiosi e complicati.
Io me li immagino, Anya, Thomas, Marielle e gli altri attori, il primo giorno di lettura del copione che chiedono al regista Scott Frank e al co-ideatore Allan Scott: “Regà, va bene il libro, va bene tutto ma noi di scacchi non capiamo niente” e di colpo le luci si spengono e si accendono due fari che puntano su due volti nascosti in fondo al teatro di posa.
Chi sono? Bruce Pandolfini, uno dei migliori allenatori di scacchi viventi, e Garry Kasparov, campione del mondo. E mi immagino subito dopo Scott Frank, con un ampio sorriso soddisfatto: “Allora, cominciamo?”.
– Ale, va bene anche la collaborazione con esperti di scacchi, ma rimane una disciplina noiosa.
– Non temete, ci sto arrivando.
Il segreto del successo
Dopo aver finito le sette puntate di La regina degli scacchi, non stento a definire questa miniserie come “la migliore degli ultimi anni”. Il segreto del suo successo? Nessuno, o meglio, quello che sta alla base di tutto: lavorare bene.
Esiste una tecnica di montaggio in post-produzione che si chiama “montaggio invisibile”, e che consiste nel montare le inquadrature e le scene in modo talmente tanto preciso che lo spettatore non nota neanche il taglio ma si gode semplicemente ciò che sta guardando, dando per scontata l’idea di vedere gli attori ripresi da più punti di vista.
Ecco io definirei questa serie un “grande montaggio invisibile” perché tutte le sezioni della troupe hanno svolto il loro lavoro egregiamente, con precisione millimetrica e grande armonia, dando vita ad una produzione che rapisce lo spettatore facendolo arrivare, consciamente o inconsciamente, alla consapevolezza di avere davanti un qualcosa di speciale.
La forza di questa serie sta nell’aver preso una storia interessante da raccontare e nell’averla affidata ad una troupe di grandi professionisti che con una lavorazione perfetta, ognuno nella sua sezione ma tutti parte della stessa efficiente macchina, l’hanno resa il successo che è oggi.
Sempre di più, ultimamente, le serie TV hanno puntato solo su alcuni punti: alcune possono vantare una bella storia e dei bravi attori ma poca attenzione al montaggio e alla fotografia; altre ottimi aspetti tecnici ma storie già viste e straviste; altre ancora attori eccezionali ma una totale assenza di dettagli dal punto di vista di trucco, parrucco e costumi.
Probabilmente sono scelte che vengono fatte consciamente dalle produzioni e, con la stessa coscienza, i creatori de La regina degli scacchi hanno deciso di voler raggiungere il top in ogni sezione della troupe. E i risultati parlano chiaro.
Che il gioco abbia inizio
Adesso è arrivato il momento di andare a conoscerla questa ragazza dai capelli rossi, Beth Harmon, e di accompagnarla in questo grande viaggio che, sono sicuro, regalerà anche a voi tante emozioni. Perché questa serie emoziona e insegna.
Insegna tanto riguardo alla vita perché ogni mossa più o meno giusta che facciamo sulla grande scacchiera dell’esistenza ha delle conseguenze, a volte possiamo vincere, a volte possiamo perdere, e fa parte del gioco ma ciò che non dobbiamo fare è smettere di credere in noi stessi e nelle nostre potenzialità.
Insegna quanto vivere per degli obiettivi giusti e onesti sia importante per superare momenti di difficoltà e che la luce in fondo al tunnel sia più vicina di quanto a volte possa sembrare, basta volerlo davvero.
E, facendo entrare lo spettatore nei meccanismi della disciplina con grande dinamismo e chiarezza (e ve lo sta dicendo uno che ha una scacchiera in sala da pranzo e da anni la usa come svuota tasche), insegna che gli scacchi sono tutt’altro che noiosi e complicati.
Che il gioco abbia inizio.
Alessandro Leo
(In copertina e nell’articolo immagini tratte dalla miniserie La regina degli scacchi, disponibile su Netflix)
La regina degli scacchi è il primo articolo della rubrica settimanale di Alessandro Leo AperiCinema.