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Si spengono i semafori – Race Review

Si Spengono i semafori

Verstappen chiude la stagione seminando le Mercedes nella notte allo Yas Marina. Il duo Sainz-Norris si sfalda dopo essere arrivato assieme al traguardo. La Ferrari, al termine di una stagione nera, saluta Sebastian.


Max Verstappen domina il Gran Premio di Abu Dhabi sotto ogni aspetto: ritmo gara nelle prove, pole position e vittoria davanti due Mercedes che, vanamente, non riescono a stare al passo. L’olandese riesce, inoltre, a chiudere la stagione con 10 vittorie totali in carriera. Un ottimo spunto per dare ancora più curiosità ad un 2021 tutto da scoprire, soprattutto per alcuni sedili ancora vuoti (uno tra questi proprio quello della monoposto di Lewis).

Valtteri Bottas, come al solito, non concretizza il proprio vantaggio, ma dichiarerà che aver tagliato il traguardo davanti ad un Hamilton fisicamente assente è stata, per lui, un’ottima sensazione.

Si Spengono i semafori

Alexander Albon conclude quarto, avvicinandosi solo negli ultimi giri alla Mercedes di Hamilton. Un piazzamento non troppo entusiasmante, soprattutto se si guarda la sua attuale situazione con RedBull. Il suo futuro è ancora una grossa incognita, e potrebbe sempre spuntare l’ipotesi Perez, vista anche la recente prestazioni al GP di Sakhir.

Accendiamo, però, anche qualche riflettore a favore di una McLaren semplicemente irresistibile che oggi, con il quinto posto di Norris ed il sesto di Sainz, riesce a posizionarsi terza nella classifica costruttori, accedendo così ai relativi bonus economici.

Intanto a casa Ferrari, dopo l’ennesima prestazione opaca (nessuno dei due piloti è andato a punti) in silenzio, si volta pagina pensando all’anno prossimo:

Non vedo l’ora che arrivi il 2021 per capire i progressi che saremo riusciti a fare. Certo, dobbiamo vedere anche il confronto con gli altri team perché anche loro miglioreranno. Vediamo come andrà il prossimo anno, ma spero sia una stagione migliore.

Charles Leclerc

Grazie Seb

Sicuramente il 2020 e la SF1000 non sono stati l’anno ed il progetto con i quali Vettel potesse sperare di chiudere bene la propria carriera con la Rossa, sia per l’aspetto tecnico e meccanico di una monoposto letteralmente ferma, sia per l’ostinata sopravvivenza all’interno di un ambiente che lo vede fuori dal progetto con un anno di anticipo. Dunque, un giudizio corretto su Seb dovrebbe poter estendersi fino al 2019, ma prender conto ancora prima del suo arrivo a Maranello nel 2015.

Si Spengono i semafori
Vettel, immagine presa da TeleNord.

Vettel arriva a in Italia suggestionato da una chiamata di Schumacher, la stessa persona che riempiva con i propri poster la cameretta del tedesco. La ricerca all’imitazione del sette volte campione del mondo c’è sempre stata, e l’avventura in Ferrari era iniziata in maniera abbastanza promettente. Arriva poi lo scontro con la realtà, l’incontro con la nemesi: le due Mercedes, che riescono quasi sempre ad avere la meglio.

Penso che improvvisamente Vettel abbia compreso come si sentisse Alonso quando, a ruoli invertiti, era lo spagnolo ad inseguire una Red Bull interstellare. Gli anni poi passano: il 2016 è segnato da una monoposto per nulla competitiva, il 2017 diventa una rampa di lancio per l’anno successivo che vede una Ferrari molto vicina alle Frecce Argento, ma mai abbastanza. Infine, come tutti tristemente sappiamo, la discesa.

Gli ultimi due campionati non sono stati altro che il riflesso di un andamento positivo che copriva l’annata 2017-2018. Due anni che Vettel deve affrontare con un fardello per nulla leggero: Charles Leclerc, un giovane promettente, talentuoso e soprattutto aggressivo. Il resto si capisce da sé: il giovane monegasco è più veloce ed il team ha preso a girare intorno a lui. L’addio con la Rossa, ormai, era divenuto inevitabile.

Sebastian Vettel ci lascia a modo suo, cantando una rivisitazione di Celentano e distribuendo birre al team. Ma del resto si sa, in Italia e soprattutto in Ferrari, quando te ne vai ci lasci anche il cuore.

Luca Pirli Capitani

(immagine nel testo da Skysport)


 Per approfondire, leggi gli articoli di Race Review (qui l’articolo precedente) e segui il podcast di Radio C.A.P., a cura di Lorenzo Martinelli e Luca Pirli Capitani.

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